Alessandro Barbera per “La Stampa”
mario draghi alla parata del 2 giugno 2022
Nessuna convocazione da parte del governo «fino a quando non ci saranno le condizioni minime per sedersi al tavolo». Da giorni Mario Draghi manda messaggi di dialogo a sindacati e imprese per discutere di come affrontare la crisi. L'ultima volta è accaduto da Bruxelles, la settimana scorsa: «Questo è un momento difficile da gestire tutti insieme: sindacati, imprese, governo. Non c'è spazio per una parte sola che ignora le altre due».
Non è chiaro se il premier pensasse specificamente a qualcuno dei contendenti. Fatto è che da Palazzo Chigi finora hanno registrato solo segnali negativi. La minaccia della piazza da parte di Maurizio Landini, la mancata partecipazione di Cgil e Uil al congresso della Cisl, ma anche gli attacchi di Carlo Bonomi al lavoro del governo, che hanno ricompattato la maggioranza. Mai come in questo momento il premier e Andrea Orlando sono dalla stessa parte della barricata.
«Inutile discutere di soluzioni concrete in questo clima», spiega una fonte vicina al ministro Pd del lavoro. L'emergenza numero uno è l'inflazione: i dati di maggio dicono che aumenti così dei generi alimentari non si vedevano dal 1986. A luglio nelle buste paga verrà distribuita la una tantum da 200 euro, ma sarà solo un sollievo.
L'unica arma in mano al governo è quella del costo del lavoro. Confindustria chiede un taglio secco da sedici miliardi di euro, Draghi ha già fatto sapere che si tratta di una richiesta irricevibile. Poiché i tassi di interesse saliranno entro la fine dell'anno, prima di ricorrere a deficit superiore a quanto concordato con le istituzioni europee occorre riflettere.
Per questo Orlando ha proposto una soluzione intermedia: programmare una riduzione progressiva e pluriennale del cosiddetto «cuneo fiscale» da finanziare con i maggiori proventi da lotta all'evasione. Sul tavolo ci sarebbe anche l'introduzione di un salario minimo. Draghi non ha obiezioni ideologiche, ma ha già preso atto che mancano i presupposti per discuterne: sono contrari Lega e Forza Italia, Confindustria e la Cisl. C'è infine una terza strada: i rinnovi contrattuali.
Qui la speranza del governo è che sindacati e imprese facciano il più possibile da soli.
C'è chi è a buon punto (il settore chimico), chi è in condizioni di arrivare a un accordo in tempi ragionevoli (nei servizi) e chi è ancora indietro: a Palazzo Chigi e al ministero del Lavoro contano nella buona volontà di Confcommercio, delle sigle dei settori alimentari e della distribuzione.
La richiesta di sindacati e imprese di agevolare le firme concedendo detassazioni ad hoc è stata rispedita al mittente: «Non possiamo permetterci trattamenti differenziati per categorie», spiega una fonte sotto la garanzia dell'anonimato.
Resta dunque l'ipotesi di un taglio orizzontale del costo del lavoro per tutti i dipendenti, pubblici e privati. Il governo l'ha concesso nell'ultima legge di bilancio, poi ha discusso (senza risultato) l'ipotesi di intervenire di nuovo con l'ultimo decreto anticrisi.
Draghi e il ministro del Tesoro Daniele Franco si muovono con i piedi di piombo. Il premier avrebbe voluto finanziare la misura grazie ad un nuovo Recovery Plan europeo e contributi a fondo perduto, o quantomeno attraverso nuovi prestiti. Ma fin qui la risposta dei partner è stata negativa.
mario draghi federico dinca andrea orlando
Mercoledì sera il premier sarà all'Eliseo per una cena con Emmanuel Macron, insieme al quale sta tentando di rompere la resistenza dei Paesi nordici a favore di nuovo debito comune.
Finora la pressione per ridurre l'impatto del caro energia ha prodotto risultati modesti: la gran parte dei 220 miliardi messi a disposizione sono risorse inutilizzate. Insomma, le probabilità di un "Recovery bis" oggi sono molto basse. Più facile che alla fine Draghi sia costretto a negoziare con la Commissione europea il sì ad un deficit superiore a quello concordato.
Le condizioni formali per ottenere ragione ci sono: il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni ha già permesso lo stop alle vecchie regole del Patto di stabilità per tutto il 2023. Ora si tratta di convincere i partner a concedere all'Italia lo spazio necessario a sostenere la ripresa. L'Italia è uno dei Paesi dell'Unione con il più alto costo del lavoro, e il più forte scarto fra retribuzione lorda e netta del lavoratore dipendente.
DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO
Se il governo sarà in grado di dimostrare che intende concentrare la maggior spesa nella riduzione delle imposte, allora la strada sarà in discesa. Resta da risolvere il problema con partiti, sindacati e imprese. Le elezioni di domenica prossima stanno condizionando l'intera trattativa. La speranza di Draghi è che nel frattempo il clima cambi e il dialogo possa esserci sul serio.