Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”
Per ora nessuna sorpresa. La valutazione di Standard & Poor' s arriva a tarda sera, quando mancano poche ore al giuramento del governo targato Giorgia Meloni, confermando il rating sul debito sovrano italiano al livello BBB.
comizio di giorgia meloni dopo il voto al senato su draghi 1
L'agenzia statunitense mantiene inoltre il giudizio sulle prospettive dell'Italia e convalida l'outlook come «stabile», dopo la scelta di luglio di tagliarlo dal precedente livello «positivo». Una decisione presa all'indomani della crisi che in piena estate ha interrotto il percorso del governo Draghi. Le valutazioni di Standard&Poor's segue quella di tre settimane fa di Moody's, che ha tenuto invariato il rating sull'Italia a livello Baa3 con outlook negativo, e precede di una settimana il responso da parte di Dbrs, mentre il prossimo 18 novembre toccherà a Fitch esprimersi sulla solidità del debito pubblico italiano.
Al di là dei segnali in arrivo dalle agenzie di rating il governo, che oggi si appresta a giurare nelle mani del presidente Mattarella, dovrà fronteggiare lo scenario tratteggiato nei dati di Bankitalia. Se, da un lato, l'esecutivo Draghi lascia alla neo premier Meloni i conti pubblici in ordine, con debito e deficit in calo nel 2022 rispetto allo scorso anno, dall'altro, le analisi dell'Istituto di Via Nazionale evidenziano un rallentamento dell'economia ormai in atto.
A rivelarsi determinanti nella frenata della crescita del Prodotto interno lordo sono i rincari dei beni energetici, le difficoltà di approvvigionamento da parte delle imprese e il conflitto in Ucraina. Nel bollettino economico Bankitalia conferma i dati dei giorni scorsi e rivede in negativo le stime di luglio, fissando la crescita per il 2022 al 3,3% (lo stesso valore indicato dal governo Draghi nella Nadef), per il 2023 allo 0,3% e per il 2024 in rialzo all'1,4%. Sul fronte dell'inflazione gli economisti di Bankitalia indicano per il 2022 un aumento del livello medio generale dei prezzi dell'8,5%, un valore destinato a scendere nel 2023 al 6,5%.
Con l'avvertenza, tuttavia, che si tratta di proiezioni «soggette a forti rischi al ribasso». La prospettiva potrebbe rivelarsi peggiore nel caso di uno stop delle forniture di gas russo dall'ultimo trimestre: il Pil in questo caso registrerebbe nel 2023 un calo dell'1,5% e tornerebbe a una lieve crescita nel 2024. A schizzare verso l'alto sarebbe anche l'inflazione, attestandosi oltre il 9%.
Certo è che nei prossimi mesi sulle famiglie graveranno gli effetti della perdita di acquisto e Bankitalia si attende, come conseguenza, un incremento della spesa per beni alimentari ed essenziali, a partire dalle bollette per le utenze domestiche e trasporti. Sul versante del lavoro un dato in particolare connota la previsioni dell'Istituto guidato da Ignazio Visco: grazie al Pnrr, che nel 2024 raggiungerà il picco di spesa, tra due anni si potrebbero creare circa 300 mila posti di lavoro aggiuntivi. Le costruzioni avranno la parte del leone, circa 65 mila unità. Il tutto a condizione che si tenga fede alle riforme e agli investimenti correlati al Pnrr.