Estratto dell’articolo di Vito Lops per “Il Sole 24 Ore”
I sondaggi danno una vittoria di Donald Trump alle elezioni di novembre per il 47esimo presidente degli Stati Uniti come favorito con il 70% dei consensi. In questa direzione il mercato sta incrementando i posizionamenti. Al momento gli investitori sembrano avere un’idea ben chiara di quello che potrebbe essere il “Trumpfolio” ideale.
Più azioni e meno obbligazioni. Con un occhio di riguardo alle materie prime. E anche a Bitcoin. I movimenti del mercato di ieri sono stati armonici con quanto visto nell’ultima settimana di giugno, quando Trump ha stravinto il duello televisivo con il presidente in carica, Joe Biden, apparso stanco e a tratti in stato confusionale.
Dopo quell’occasione Trump ha guadagnato terreno nei sondaggi, per poi aumentare il divario dopo l’attentato di domenica a cui è sopravvissuto. Sia a fine giugno che ieri gli investitori hanno comprato azioni Usa (con gli indici azionari di Wall Stret S&P 500 e Nasdaq su nuovi record mentre i listini europei hanno perso terreno così come quello di Hong Kong dopo i dati sotto le attese del Pil cinese).
Del resto quando era alla Casa Bianca l’S&P 500 è salito del 69%, il Nasdaq del 142% e il Dow Jones del 57%. Nel complesso si tratta della migliore performance azionaria registrata durante un mandato repubblicano. Quanto a ieri hanno confortato anche le parole del governatore della Fed Powell su un probabile taglio dei tassi: «Le ultime tre letture dell’inflazione aumentano la fiducia».
Mentre gli investitori si sono mostrati decisamente più guardinghi nei confronti delle obbligazioni. A tal punto che il rendimento dei Treasury a 10 anni è tornato a salire (dal 4,19% al 4,24%) mentre il biennale è rimasto piatto.
È proprio la parte lunga della curva del debito ad essere il punto debole di un’eventuale rielezione di Trump. Perché se dovesse replicare il format del mandato precedente (dal 2017 al 2021) ci sono le premesse per tornare a rivedere un’inflazione pro-ciclica. La sua politica rigida nei confronti dell’immagrazione è inflazionistica (i salari reali tendono a crescere più velocemente se diminuisce la domanda di immigrati). Così come è inflazionistico il suo cavallo di battaglia di aumentare i dazi. I manuali di economia bollinano poi come inflazionistico l’aumento del deficit spending. […]
È vero che nel 2020 ha dovuto affrontare il cigno nero della pandemia ma anche prima del Covid si era dimostrato in un certo qual modo “spendaccione”, con un deficit/Pil vicino al 5% nel 2019. Tre indizi fanno una prova. E per questo motivo il mercato ha venduto Treasury nell’ultima seduta nella parte più lunga del debito, quella esposta tanto all’inflazione quanto al premio al rischio derivante da una duration più elevata.
Nel “Trumpfolio” gli esperti stanno puntando così su una prossima disinversione della curva dei rendimenti. Sappiamo che da luglio 2022 i rendimenti a 2 anni sono più elevati di quelli a 10 anni. Questo perché riflettono la politica monetaria aggressiva della Fed che per sconfiggere l’inflazione ha portato i tassi a breve al 5,5%.
UNA PALLOTTOLA SCULATA - MEME BY EMILIANO CARLI
Con Trump, ipotizza il mercato, potrebbe accelerare il processo inverso. I tassi a breve potrebbero scendere più rapidamente (Powell certo ricorderà le pressioni di Trump a tagliare i tassi, cosa che poi è accaduta nel 2019 quando Powell ha attuato tre sforbiciate) mentre quelli a lungo (per i tre indizi di cui sopra) potrebbero far fatica a scendere. O, chissà, addirittura salire. […]
Se Trump è considerato un presidente potenzialmente inflazionistico allora le materie prime, che tra le altre cose in quanto asset reali hanno anche una naturale funzione di hedge contro la perdita del potere d’acquisto, potrebbero dire la loro. L’oro proprio ieri ha sfondato la soglia dei 2.400 dollari l’oncia. […]
attentato a donald trump foto di evan vucci 3 attentato a donald trump foto di evan vucci 2 L ATTENTATO A DONALD TRUMP IN COPERTINA SU TIME