Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “la Stampa”
LUIGI LOVAGLIO MONTE DEI PASCHI DI SIENA
A volte basta un semplice «sì» per scatenare le fantasie degli investitori. Ieri è capitato con Mps, la banca di cui il Tesoro possiede il 64,2%. Alla domanda sulla possibilità che la dismissione di questa quota possa chiudersi entro l'anno prossimo, il ministro dell'Economia e delle Finanze ha appunto risposto sì.
Nei giorni scorsi proprio il Mef ha annunciato l'avvio del processo di selezione per individuare gli advisor che possano assistere il governo per trovare le «migliori modalità di dismissione» della partecipazione di controllo nell'istituto di credito e le attese sono per una nomina già entro la fine del mese.
L'indicazione del 2024 è un passo avanti rispetto alle precedenti dichiarazioni di Giorgetti. Pochi giorni fa il ministro aveva spiegato che Mps rappresenta «una leva per costruire un polo bancario forte» sottolineando che «non c'è una data» entro cui la quota debba essere dismessa. […]
La sensazione è che comunque, ben prima rispetto alla fine del 2024, il Tesoro si prepari a cedere sul mercato parte della sua quota. Il governo ha fissato a quota 20 miliardi i proventi che stima di incassare da una serie di privatizzazioni, tra cui appunto quella di Mps e non è escluso che tra dicembre e gennaio non possa già finire sul mercato una partecipazione tra il 10% e il 15% della banca senese. Più complesso invece immaginare una totale uscita dall'azionariato.
GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI
Escludendo l'ipotesi di cessione a un altro istituto straniero, i pretendenti in Italia ci sarebbero, ma solo sulla carta. Sia Unicredit, sia Banco Bpm, che in passato hanno valutato il dossier, non sembrano più interessate all'operazione. Resterebbe Bper, già protagonista dell'm&a con l'acquisto di Carige, ma il mercato scommette che la prossima mossa della banca emiliana sarà una fusione con la Pop Sondrio sotto la regia dell'azionista comune Unipol. Un rebus che il Mef dovrà risolvere entro il 2024.