Francesco Rigatelli per ''La Stampa''
Fabrizio Di Amato, 56 anni, è presidente e azionista di Maire Tecnimont, azienda di impiantistica basata a Milano e presente in 45 Paesi, con 3,3 miliardi di fatturato e 116,8 milioni di utile nel 2019 e 10mila dipendenti, di cui 3mila in Italia. Nonostante il periodo complicato la società si è appena aggiudicata una commessa da 1,2 miliardi per lo sviluppo petrolchimico del giacimento di Amur in Russia.
Come ci siete riusciti?
«Inseguivamo la commessa da tempo, ma non ce l' avremmo fatta senza lo smart working avviato nel 2015, che non è usare lo smartphone da casa, ma cloud, piattaforme e programmi. Tutti gli uffici hanno potuto lavorare e i clienti lo hanno apprezzato. Grazie allo smart working a Milano negli ultimi anni siamo passati da tre sedi alla torre in Porta Nuova. In mensa prima e dopo i pasti ci sono postazioni lavorative e ora gli operai con la webcam sul casco sono seguiti da tecnici a casa.
Con la pandemia anche i più scettici hanno capito l' importanza di queste piattaforme, ora è chiaro che meno uffici non significa meno lavoratori».
Potrebbero esserci altre commesse in zona?
«È un' area promettente a 8 ore da Mosca e al confine con la Cina, dove nasceranno nuove occasioni. Questa commessa arriva dopo la precedente da 3,5 miliardi per un impianto di trattamento di gas nello stesso sito, e ora realizzeremo quello petrolchimico per il downstream, cioè la trasformazione di una parte del gas in plastiche e fertilizzanti».
Qual è il rapporto tra vecchie e nuove energie?
«Da bambino le caldaie andavano a carbone, poi si bruciava il petrolio, ora siamo nell' era del gas, che inquina meno e costa meno. Se chiudiamo di colpo agli idrocarburi per le energie rinnovabili si ferma l' economia mondiale, ma la transizione è inevitabile».
E la volatilità del petrolio?
«Il prezzo è sceso per l' assenza di consumi e risalirà, anche se molte compagnie si dedicano a downstream e nuove energie».
Merito di Greta?
«Non c' è dubbio che i movimenti giovanili aumentino la sensibilità e i comportamenti virtuosi, come sui rifiuti. Una volta era pubblicità, ora le aziende ci si dedicano, anche perché i fondi investono in base all' ecosostenibilità».
Come prevedete di chiudere l' anno?
«Con una leggera riduzione, alcuni progetti slittano, ma l' obiettivo è recuperarli e prevediamo un' altra importante commessa».
Il calo delle borse come influisce sull' azienda?
«Dispiace per gli azionisti, ma nelle crisi i mercati dimenticano i fondamentali. A torto veniamo associati al calo del petrolio, ma più il gas è basso più i nostri impianti sono redditizi, perché aumenta il margine sui prodotti trasformati. Pensiamo a un recupero graduale nel 2021».
Come valuta gli aiuti del governo?
«Per le piccole aziende servono interventi a fondo perduto altrimenti saltano. Per le grandi bisogna implementare le linee di credito, che anche noi utilizzeremo in caso di opportunità».
Una richiesta dei sogni?
«Non soldi, che tra Ue e fondi vari abbondano, ma procedure snelle. Agli investitori bisogna dire: se mettete 100 miliardi in Italia vi semplifichiamo la vita».
Quando sente parlare di patrimoniale cosa pensa?
«Che non mi piace investire senza sapere dove vanno i soldi. Gli italiani apprezzerebbero di più dei buoni del Tesoro riservati a loro per finanziare infrastrutture energetiche e civili da concludere in un tempo definito con procedure straordinarie».
Lei ha iniziato a 19 anni con tre dipendenti, cosa la spinse?
«I miei non erano imprenditori e volevo mettermi in discussione. Se ci credi le cose accadono. Da sole vengono solo le sfortune».
Oggi sarebbe possibile rifarlo?
«È come il dopoguerra e le opportunità non mancano per chi si mette in gioco con un progetto. Quando ho cominciato io, nel 1983, non era certo più facile accedere alle gare pubbliche o lavorare in subappalto».
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