1.BORSA: MILANO CORRE (+4,8%), SPRINT INTESA, STM E LUXOTTICA
(ANSA) - Accelera Piazza Affari a metà seduta (Ftse Mib +4,82% a 21.433 punti) con l'intero paniere in rialzo, compresa Mediaset (+3,57%) girata in positivo dopo un primo sbandamento. Maglia rosa a Intesa (+6,94%), poco avanti a Stm (+6,95%), Luxottica (+6,47%), Bper (+6,5%) e Telecom (+6,4%). In luce anche Unicredit (+5,61%) con le popolari Bpm (+5,28%), Mps (+5,05%) e Banco (+4,9%). Rialzi per Fca (+4,83%), Cnh (+3,75%) ed Eni (+2,51%). Rally di DelClima (+82,5%), rilevata da Mitsubishi.
2.BORSA: NY APRE POSITIVA, DJ +1,13%, NASDAQ 3,50%
(ANSA) - Apertura in territorio positivo per Wall Street. Il Dow Jones sale dell'1,13% a 16.054,41 punti, il Nasdaq avanza del 3,50% a 4.682,11 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dell'1,3% a 1.917 punti.
3."A RISCHIO LO SHOPPING DI PECHINO IN ITALIA MA A TREMARE È IL LUSSO"
Francesco Spini per “la Stampa”
«Nessuno ha pensato di modificare al rialzo le stime della crescita europea o italiana quando la borsa di Shanghai - a giugno, non un secolo fa - segnava un rialzo di oltre il 50% da inizio anno. Perché mai dovremmo pensare di doverle abbassare adesso?». Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, invita alla calma nel calcolare il possibile impatto della crisi cinese sulle nostre tasche.
Perché il battito d' ali della farfalla cinese - che continua a volare, anche se un po' più in basso - ha sì provocato un ciclone sulle Borse come non si vedeva dal 2008. Ma difficilmente - si scommette - potrà uccidere in culla la pur timida ripresa italiana, peraltro agevolata da un prezzo del petrolio che sprofonda giorno dopo giorno. «Tanto più che Pechino ha molte armi a disposizione, dal fare ricorso a politiche fiscali espansive fino alle riserve valutarie, che sono le più grandi al mondo».
L' impatto tedesco
MILIONARI CINESI RICCHI SOLDI YUAN
De Felice, dunque, conferma: «Abbiamo fatto le simulazioni del caso, sull' Italia non cambiamo le nostre stime che restano di una crescita del Pil 2015 dello 0,6%». Il punto è che Pechino sta cambiando il suo modello di sviluppo, meno basato sull' export e maggiormente sui consumi interni.
«Un processo in cui gli scossoni sono inevitabili», dice l' economista. L' interscambio diretto tra Italia e Cina è tutto sommato limitato (10,5 miliardi di esportazioni italiane e 25 miliardi di beni importati), accresciuto però da quello indiretto determinato dai componenti che esportiamo al nostro primo partner commerciale, la Germania. Per l' export di Berlino la Cina conta tre volte di più che per noi. Se Pechino rallenterà la crescita di 1-2 punti l' impatto si farà sentire. Va però ricordato che l' azione della Bce continua e che «probabilmente la Fed posticiperà a dicembre il temuto rialzo dei tassi».
miuccia prada e Patrizio Bertelli
Shopping finito?
Ci saranno effetti diretti per l' Italia? Secondo Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, «una prima ripercussione della crisi cinese sull' Italia potrebbe essere una riduzione degli investimenti diretti con cui Pechino seleziona le eccellenze italiane». Fino al 2013 l' Italia era fuori dai loro radar, «dal 2014 siamo diventati il Paese con più elevati investimenti diretti esteri in Europa». Uno shopping con cui Pechino ha promosso la tecnologia e la qualità dell' industria italiana.
Shanghai Electric, per esempio, ha comprato il 40% di Ansaldo Energia, State Grid of China il 35% di Cdp Reti, ChemChina presto prenderà il controllo di Pirelli. Non solo. La Banca centrale cinese ha investito circa 5 miliardi per compare fino al 2% di grandi aziende (Eni, Saipem, Telecom, Generali, Enel, per citare le principali) e di banche, come Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Pechino si ritirerà? Probabilmente no, ma l' impegno interno sarà prioritario.
L' incognita sulla moda
Leonardo Ferragamo con il figlio
L' altra faccia della medaglia è costituita da tutte quelle aziende che hanno scelto il mercato cinese come terra promessa e che ora fanno i conti con un rallentamento. Il lusso, anzitutto: la Grande Cina rappresenta oltre il 36% del fatturato per Ferragamo, nei primi sei mesi per marchi come Prada e Tod' s le vendite (a cambi costanti) nell' area sono calate. Noci però non crede che le aziende del lusso entreranno in difficoltà per la svalutazione del renminbi.
Piuttosto «se il governo riuscirà a mettere a segno le riforme per far fare il salto di qualità al sistema cinese, si apriranno grandi opportunità per le nostre aziende manifatturiere, in particolare per la meccanica strumentale». Ma è finito il tempo in cui in Cina bastava esserci. «Ci sarà sempre più selezione, l' offerta delle aziende occidentali dovrà essere sempre più ritagliata sulle esigenze del mercato cinese» perché la classe media, che il governo vuole ampliare aumentando i salari (che crescono al ritmo del 10% l' anno) è sempre più attenta.
Le scelte in Borsa
Resta poi il dilemma per chi investe: è la fine di un ciclo sulle Borse o è solo un assestamento? Per ora prevale la seconda tesi, ma la volatilità è assicurata. «Il mercato ragiona per comparti - dice Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders in Italia - , per questo la Cina ha travolto tutti i mercati emergenti, i cosiddetti Brics. Il panico ha fatto il resto». Per chi vuole evitare palpitazioni il parcheggio in liquidità (Bot, ad esempio) è il più sicuro. «Altrimenti questa può essere anche l' occasione per acquistare sul mercato azionario, soprattutto italiano».