Estratto dell‘articolo di Alessandro Barbera per “La Stampa”
giorgia meloni giancarlo giorgetti
L'unico governo che arrivò ad un passo dal mettere sul mercato Ferrovie dello Stato fu quello di Matteo Renzi. Correva il novembre del 2015, e l'allora ministro Graziano Delrio approvò anche il decreto che avrebbe dovuto far partire la privatizzazione. Ebbero la meglio l'opposizione dei sindacati e - un anno dopo - la crisi di quella maggioranza.
Ora ci riprova Giorgia Meloni, spinta dalla necessità di mandare ai mercati segnali rassicuranti sulla riduzione del debito pubblico. Secondo quanto confermano a La Stampa due fonti qualificate, l'ipotesi è di una quotazione in Borsa sul «modello Terna», la società che possiede la rete elettrica per il quaranta per cento del gruppo.
i numeri di fs - ferrovie dello stato
Ieri un indizio sulle intenzioni del governo l'ha lasciato il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti alla fine dell'audizione in Parlamento sul Documento di economia e finanza. «Quello delle privatizzazioni è un percorso ad ostacoli ma ambizioso». Poi, pressato dai cronisti su quali fossero le ipotesi in agenda - se autostrade, strade o ferrovie - ha risposto: «L'inversione dei fattori potrebbe aiutarvi a capire».
[…] L'operazione Ferrovie è fra le più complicate ma allo stesso tempo in cima alle preferenze, e per almeno due ragioni. La prima: delle grandi società pubbliche privatizzabili è l'ultima di cui lo Stato possiede ancora il cento per cento. La seconda: il business ferroviario richiama l'attenzione di molti investitori. Basti qui citare il caso di Italo, che in pochi anni ha trovato due grossi compratori, l'ultimo dei quali - poche settimane fa - l'armatore di Msc Gianluigi Aponte.
Otto anni fa il 40 per cento di Ferrovie era stimato quattro miliardi, più o meno il valore odierno dell'intera Italo. Per acquistare il 50 per cento di Italo Aponte ha appena sborsato al fondo americano Global Infrastructure Partners due miliardi. Cifre esatte a Palazzo Chigi non se ne fanno ancora, ma è verosimile un obiettivo fra i quattro e i cinque miliardi, che permetterebbe di realizzare dunque un quarto della promessa scritta nella Nadef.
«Per portare in fondo un'operazione del genere occorre almeno un anno», ammette una delle due fonti interpellate. Ciò che rende complicata l'operazione Ferrovie - e che nel 2015 la affossò - è il riassetto societario che impone. La rete - la stessa sulla quale transitano i treni privati di Italo - non può essere venduta come il business dei treni.
Da anni gli esperti discutono due strade. La soluzione più coerente sarebbe la separazione secca fra le due grandi controllate del gruppo, ovvero Trenitalia e quella che gestisce l'infrastruttura, ovvero Rete ferroviaria italiana, che in questo caso resterebbe per intero allo Stato. Ma è una soluzione che richiede tempo e garantirebbe introiti meno ricchi ad un governo costretto a fare cassa.
«La vendita dell'intero gruppo massimizza gli introiti per lo Stato», conferma Andrea Giuricin, uno del massimi esperti del settore. Di qui la seconda ipotesi, che se ben congegnata potrebbe evitare la censura delle istituzioni comunitarie. La rete potrebbe essere resa preventivamente "neutrale" e allo stesso tempo remunerativa per alcuni privati. L'ipotesi di scuola è quella di permettere ai fondi pensione di partecipare ai nuovi investimenti infrastrutturali sulla rete.
PACCO A SORPRESA - VIGNETTA BY MACONDO
Nelle stanze di Ferrovie se ne discute ormai da mesi, ma nelle ultime settimane, complice la pressione dei mercati, il dossier è tornato sul tavolo dei vertici. Gli investimenti previsti dal Recovery Plan rendono il momento particolarmente favorevole. Il caso vuole che ieri il numero uno del gruppo Luigi Ferraris fosse a New York per una serie di incontri con gli investitori. «Con oltre 26 miliardi di euro la nostra azienda è il più grande appaltatore del Paese. I fondi inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza però non sono gli unici. Abbiamo definito un piano da 200 miliardi di investimenti in un decennio».
Serviranno a colmare «il divario infrastrutturale tra Nord e Sud e al potenziamento delle interconnessioni tra porti e aeroporti, stazioni ferroviarie e terminal merci».
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