Estratto dell’articolo di Ivan Cimmarusti e Sara Monaci per “Il Sole 24 Ore”
BANCHE OCCULTE CINESI IN ITALIA
C’è un dato che nei giorni scorsi è passato un po’ in sordina. Nel 2023, ben oltre un terzo delle indagini della Procura europea (Eppo) sulle frodi Iva negli Stati comunitari ha riguardato solo l’Italia. Il danno stimato è di 5,2 miliardi di euro rispetto ai 6,3 registrati complessivamente in tutti gli altri ventuno Paesi aderenti all’istituzione investigativa.
Ma è guardando l’andamento storico che l’alert assume una rilevanza di politica fiscale interna: negli ultimi tre anni i procedimenti sull’Iva sono schizzati di oltre il 157%, mentre il valore è esploso del 300%, con una impennata fra il 2022 e il 2023. […]
Il riscontro è negli accertamenti in corso di istruzione in diversi uffici giudiziari italiani: sta emergendo un «sistema» criminale che ha saputo interpretare le esigenze dei piccoli e medi evasori, spesso di «necessità», quelli che non possono permettersi le complesse operazioni di finanza sporca alla “Panama Papers”.
Agenzie per evasori di necessità
BANCHE OCCULTE CINESI IN ITALIA
Dietro queste modeste realtà societarie, prive di grosse risorse e lontane dall’immagine del «grande evasore», si sono sviluppate delle specie di “agenzie di servizi” che si occupano del cosiddetto underground bank, ovvero un sistema di banca occulta. Sono gestite da ramificate organizzazioni criminali che a prezzi moderati offrono evoluti schemi di finanza illecita fino a qualche tempo fa prerogativa esclusiva di realtà economicamente più strutturate in grado di pagare abili professionisti.
In Lombardia, Emilia-Romagna e Marche è già stata svelata l’operatività di queste centrali, che propongono «multipli pacchetti» per aggirare le normative fiscali e antiriciclaggio, a seconda dell’esigenza di questi piccoli imprenditori senza troppi scrupoli.
A Milano, sotto la gestione di soggetti cinesi, si concentra il maggior numero di operazioni «cartolari», con fatture false e soldi sporchi che interessano partite Iva di tutta Italia. Attività illecite dello stesso tipo sono registrate anche in altre regioni, parte sempre in mano a cinesi, parte a italiani, alcuni dei quali in connessione con ‘ndrangheta e camorra.
L’offerta — destinata a lavorare micro-operazioni a partire da 15-20mila euro — è allettante: con un unico colpo è possibile costituire fondi neri, abbattere l’imponibile Iva e riciclare soldi provento di reato. Il tutto pagando una «provvigione» che può variare fra il 5 e 15% dell’ammontare del capitale.
Valori moderatamente bassi che non devono trarre in inganno: nelle Marche, per esempio, in due anni sono stati movimentati circa 2 miliardi di euro, mentre in Emilia-Romagna sono state emesse e totalmente utilizzate 1.141 fatture false. Ciò perché si tratta di “servizi” cui beneficiano contemporaneamente svariate società in tutta Italia, che movimentano capitali tracciati ma basati su false fatture e capitali illeciti provento dell’evasione. Una massa di denaro che si mischia in un grande calderone per poi dividersi e prendere vie differenti a seconda dell’obiettivo.
Le cartiere mimetizzate
BANCHE OCCULTE CINESI IN ITALIA
Il Sole 24 Ore ha analizzato l’andamento di diverse indagini, individuando per tutte queste “agenzie” uno schema unico low-cost, reso possibile dalle cartiere — cioè società puramente formali, di carta appunto, che non producono alcun bene — presenti sia in Italia che all’estero. In alcuni casi sono create ad hoc, ma in altri nascono pulite per poi essere sottratte con violenza a imprenditori in difficoltà: sono queste quelle preferite, perché riescono meglio a mimetizzarsi grazie alla precedente storia societaria, connotata da regolarità fiscale e contributiva. Il loro unico scopo è di emettere fatture per operazioni inesistenti.
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Il cocktail di soldi leciti e illeciti
Lo schema più diffuso sembra quasi “brevettato”. È strutturato in modo da assicurare due tipologie di richieste, come si può osservare dal grafico: chi vuole crearsi un tesoretto in nero, pagando meno tasse, e chi vuole riciclare il denaro sporco.
Le cartiere italiane rilasciano alle imprese una fattura falsa. Le imprese bonificano la cifra stabilita, simulando l’acquisto di un bene o servizio in realtà inesistente.
Dopodiché la cartiera restituisce i soldi in contanti all’impresa, che crea un fondo nero ed ha una base documentale per abbattere l’imponibile fiscale (costituisce Iva credito). La cartiera, invece, trattiene la sua commissione del 5-15% per il lavoro svolto.
Parallelamente, altre imprese hanno necessità di riciclare capitali provenienti da attività illecite, come precedenti evasioni fiscali, ma non di rado il “sistema” è sfruttato da trafficanti di droga. In questo caso il denaro viene consegnato in contante alle stesse cartiere.
BANCHE OCCULTE CINESI IN ITALIA
Inizia così una sorta di cocktail di capitali: il bonifico tracciato, frutto della prima attività, serve a giustificare e coprire l’ingresso dei capitali sporchi. Da quel momento il processo di «ripulitura» prosegue nei Paesi dell’Est, attraverso la simulazione di un nuovo acquisto presso una nuova società cartiera che generalmente ha sede in Bulgaria o in Ungheria (operazioni anche in Polonia, Lituania e Irlanda), collegata attraverso qualche prestanome alla cartiera italiana.
Da lì il denaro può rientrate subito in Italia o, come dimostrato, può ripartire per la Cina. In entrambi i casi si segue lo stesso meccanismo: un ulteriore acquisto finto nei confronti di un’altra cartiera collegata allo stesso giro.
Il passaggio finale è ancora oggetto d’indagine. Ma da primi riscontri, parte dei capitali resta in Cina e parte rientra in Italia per poi tornare pulito nella disponibilità delle imprese. Anche per questa operazione l’organizzazione intasca una provvigione tra il 5 e il 15 per cento. […]
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