Dall'articolo di Luca Ubaldeschi per “la Stampa”
alessandro salem e pier silvio berlusconi
«È un progetto di sviluppo, il migliore possibile, per creare un campione europeo della tv commerciale capace di resistere e competere nel mondo dei giganti del web made in Usa, sempre più dominatori del mercato».
Alla vigilia di vacanze che si annunciano brevi - «c' è molto lavoro da fare per essere pronti a questa sfida» -, Pier Silvio Berlusconi anticipa lo scenario che si aprirà il 4 settembre con la nascita di Media for Europe (Mfe), la società che fonde le Mediaset di Italia e Spagna.
Sede in Olanda - «ma lavoratori e fiscalità rimarranno nei Paesi di origine», precisa l' ad -, Mfe è il seme di una campagna europea della tv che parte dall' idea di unire le forze per produrre contenuti vincenti e arriva a ipotizzare una media company con soci di più Nazioni in cui Mediaset sarebbe uno degli azionisti e non per forza il più importante.
(…) Mediaset ha la propria piattaforma, ProsiebenSat la sua, Tf1 anche. E nonostante gli sforzi, singolarmente non hanno la forza per confrontarsi e tenere testa agli investimenti e alle dimensioni di Youtube, Google, Facebook Mettendoci insieme potremmo investire molto di più, creando una piattaforma all' avanguardia per tecnologia e in grado con un' avanzata raccolta dati su tutto il pubblico europeo di cavalcare la pubblicità del futuro».
pier silvio e silvio berlusconi
Creare un broadcaster europeo vuol dire non soltanto unire prodotti, ma anche le società?
«Giusto».
Immagini allora un orizzonte di tre anni: lei vede Mediaset socia di quante tv europee?
«Siamo convinti che dopo la nascita di Mfe altri arriveranno. Guardiamo ai Paesi europei che per dimensioni fanno la differenza. Acquisto? Fusione? Sugli aspetti tecnici ci sono molte possibilità (…)
La tv tedesca ProsiebenSat, di cui voi siete soci al 9,9% e che è uno dei principali interlocutori, è una public company. Potrebbe diventarlo anche Mfe?
«L' idea è che Mfe sia una società quotata e aperta al mercato, ma con una guida stabile e del mestiere. In un momento così delicato per i media, avere una strada chiara è cruciale. Mi spiace tirare in ballo Tim, una grande e storica azienda italiana: in balia di ripetuti cambi di controllo ha perso tante possibilità di sviluppo e quindi anche tanto valore. O anche guardando il caso del nostro socio scomodo (Vivendi, ndr), che nel mondo dei media non ha la più pallida idea di dove andare. (…)
Quindi è immaginabile che in futuro Mediaset non sia più azionista di riferimento?
«Il progetto parte da noi, logico esserne la locomotiva. Ma guardando avanti non è scontato che la maggioranza faccia sempre capo a Mediaset».
Avete scelto di mettere la sede di Mfe in Olanda. Per una società come Mediaset, che è tanta parte della cultura popolare italiana, non suona come una sfiducia verso il nostro Paese?
«E' vero che oggi l' Italia è un Paese che dà poche sicurezze, soprattutto in un settore critico come il nostro. Però l' Olanda è una scelta dovuta solo a questioni di governance che favoriscono il dialogo con le altre tv. Ma nel merito, dopo tante imprese tricolori finite in mani straniere, con Mfe è l' Italia con una sua azienda che diventa motore di un progetto europeo. Da mio padre a mia sorella a tutta Mediaset crediamo e spingiamo per questo cambio di passo internazionale, un vero atto di coraggio».
(…)
Vivendi è socia di Mediaset e vi contrappone la causa in tribunale perché i francesi si sono ritirati dall' acquisto della pay tv Premium. Temete che possano provare a boicottare l' operazione Mfe, agendo sull' ipotesi recesso, che se dovesse superare quota 180 milioni invaliderebbe il piano?
«Bisognerebbe chiedere loro che intenzioni hanno. Noi siamo tranquilli, pensiamo che anche Vivendi sia consapevole che questo sia il miglior sviluppo possibile. Infatti coincide con il loro progetto di creazione di un campione europeo. Ma nonostante i loro capricci e i pasticci in cui si sono cacciati, riteniamo che alla fine baderanno alla creazione di valore e non si prenderanno la responsabilità di fermare questo importantissimo progetto».
Come definirebbe Netflix, Amazon Prime e le altre nuove offerte on demand?
«Non li vedo come nemici: non raccolgono pubblicità e quindi possiamo collaborare. Un broadcaster produce un programma per il proprio Paese, poi lo vende a Netflix o Amazon Prime perché lo porti nel resto del mondo. E' già successo in Spagna con "La casa di carta". In questo senso con loro stiamo già parlando, ma per ora di più non posso dire».
Crescendo il consumo di programmi via web, vede una data di scadenza per la tv generalista free come la vostra?
«Se fatta con mestiere e vicino alla pancia del singolo Paese, la tv generalista rimarrà assolutamente centrale.
(…)
E che cosa ne pensa delle voci che sul mercato parlano di soggetti interessati a Mediaset, qualcuno parla anche di Urbano Cairo. Una boutade o c' è qualche cosa di vero?
«Intanto non siamo venditori. E comunque mi sembra una cosa marziana. Al limite, con tutto il rispetto, viste le dimensioni potrebbe essere il contrario. Ma noi non siamo interessati a La7".
urbano cairo silvio berlusconi
Avete presentato una semestrale con risultati in crescita importante. A che cosa li attribuisce?
«Il nostro piano industriale sta arrivando a regime e ci ha permesso di contrastare l' assenza del calcio sui nostri canali e un mercato pubblicitario ancora in calo. Ma ora la situazione sta migliorando anche sul versante dei ricavi: ad agosto prevediamo già una raccolta pubblicitaria in crescita del 4-5 per cento rispetto allo scorso anno. E abbiamo fiducia che in autunno, incognite della politica a parte, faremo ancora meglio».