Estratto dell’articolo di Laura Serafini per “Il Sole 24 Ore”
SEDE FERROVIE DELLO STATO PIAZZA DELLA CROCE ROSSA ROMA 2
Il governo torna a ragionare su un percorso di privatizzazioni che non restino solo una cifra (20 miliardi in 3 anni nella Nadef) scritta su un foglio. L’ambizione sarebbe quella di riuscire ad aprile ai privati il capitale di società come le Ferrovie dello Stato. In questo caso non si vorrebbe solo la parte redditizia, e cioè Trenitalia. Si vorrebbe tutto assieme, aprendo il capitale della holding e quindi includendo nel pacchetto Rfi, la rete ferroviaria, e anche Anas, entrata da qualche anno nel perimetro di consolidamento, con la sua rete stradale.
giorgia meloni giancarlo giorgetti
La società della rete ferroviaria ha l’onere di realizzare la gran parte degli investimenti: solo del Pnrr sono oltre 20 miliardi. E il piano industriale a 10 anni ne prevede circa 200. Il ritorno di questi investimenti, oggi realizzati con fondi pubblici e fondi europei, come il Pnrr, con l’arrivo dei privati dovrebbe fare perno sui canoni che pagano società come Trenitalia e Italo. I soldi arrivano dalle tratte pregiate, come l’alta velocità, ma la faccenda diventa più complicata per le tratte regionali e locali.
Il problema di fondo della privatizzazione di questa realtà, come del resto di molte altre società con le reti, (da Terna fino alle autostrade) è che sono spesso società in concessione dove le infrastrutture sono di proprietà dello Stato. Stato che oggi è proprietario di Fs e quindi anche della rete. Nel caso di questo gruppo la rete ferroviaria ha un peso preponderante rispetto al valore del resto delle attività.
i numeri di fs - ferrovie dello stato
Dunque, nel momento in cui si decide di aprire il capitale, in tutto o in una quota parte come nel caso di una quotazione in Borsa, il problema principale diventa quello di garantire un valore elevato per gli investimenti futuri per bilanciarli rispetto al valore che lo Stato si fa pagare per l’ingresso dei privati nel capitale.
Per stabilire la redditività degli investimenti va prima definito il valore delle attività, che quindi dovrebbero diventare un business regolato. Insomma vanno resi certi e visibili i criteri in base ai quali si determina la remunerazione degli investimenti (anche rispetto a un costo del debito che ha tassi di interesse in aumento). Fare tutto questo richiede molto tempo: un anno e mezzo circa per fissare il valore di binari, ponti e quant’altro. E questo va duplicato: oggi non ci sono solo i binari. Nel mondo Fs c’è anche l’Anas con la sua grande rete stradale.
Va stabilito quello che tecnicamente è definito Rab, cioè il valore degli asset regolati, e specificato come e in che misura si ripaga l’investimento. Presumibilmente con il prezzo dei biglietti dei treni. Tutto questo, come si capisce, non è esercizio semplice.
Il ministero dell’Economia, peraltro, sta lavorando a una riforma delle garanzie Sace, che sarà varata con la legge di bilancio, le quali saranno utilizzate per attirare investitori infrastrutturali, come anche le assicurazioni, su infrastrutture pubbliche limitando in questo modo l’impegno a fondo perduto dello Stato. Ma questo percorso non si incrocerebbe con l’operazione allo studio sulle Fs. Rfi, in ogni caso, deve mantenere una gestione separata dal resto del gruppo perché il business è liberalizzato e Trenitalia deve operare in concorrenza con altri operatori, come Italo. […]
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