Marcello Zacchè per “il Giornale”
«Con la presente La informiamo che VM 2006 srl ha avviato un'iniziativa volta a raccogliere deleghe di voto per l'assemblea Generali». Inizia così la email che i piccoli azionisti delle Generali ricevono in questi giorni dalla propria banca. Nella lettera si legge che il «promotore» intende sollecitare i soci a delegare il voto sul punto 7 all'ordine del giorno, in particolare sulla determinazione del numero dei consiglieri e la loro nomina.
In altri termini, VM 2006 è la società del gruppo Caltagirone che svolge il ruolo di regia nella battaglia in corso per nominare un cda alternativo a quello proposto dallo stesso cda uscente.
E con questa iniziativa intende raccoglier e le deleghe dei soci cosiddetti retail, piccoli azionisti ma anche grandi, comunque detentori di quote di capitale da zero virgola zero zero, perché la compagnia è un « gruppo che capitalizza 32 miliardi. Per cui anche un milione di euro equivale allo 0,003% di Generali. Messi tutti insieme gli azionisti retail valgono però il 22% del capitale. Ecco perché Caltagirone li sta cercando. E lo stesso farà anche il cda del gruppo, guidato dal ceo Philippe Donnet.
E dietro all'operazione ci sono i due massimi professionisti della sollecitazione, i cosidetti «proxy advisor»: Caltagirone ha assoldato Georgeson, multinazionale guidata sul mercato italiano da Lorenzo Casale. Mentre Generali si affida da anni all'altro big mondiale: Morrow Sodali, guidata dal managing director Andrea Di Segni.
Compito dei proxy advisor, sempre e rigorosamente dietro le quinte, è quello di andare a scovare quel 22% e farsi delegare al voto. Obiettivo (non dichiarato) è portare in assemblea una quota intorno al 7%. Inoltre, i proxi advisor lavorano anche su altre fasce di azionisti.
Secondo i dati ufficiali, oltre ai soci più noti, c'è almeno un altro 5% in mano a fondazioni, fiduciarie ed enti religiosi. Mentre il grosso del capitale, oltre il 35%, è detenuto dagli investitori istituzionali, con i quali Georgeson e Morrow Sodali possono dialogare regolarmente anche al di fuori delle norme che regolano la sollecitazione di voto.
Per il capitalismo nazionale è un passaggio storico, mai visto prima: una battaglia assembleare all'americana (proxy fight) per il vertice del principale gruppo finanziario italiano. Per cui nulla verrà lasciato al caso.
Le posizioni di partenza vedono Mediobanca al 17,3%, De Agostini all'1,4 e alcune famiglie con quote minori schierate con il cda di Donnet, per una quota di oltre il 19%; dall'altra Del Vecchio (8,5%) e Crt (1,2%) dovrebbero votare per la lista Caltagirone (che ha il 9,5%). Totale, almeno 19,2%. Quindi sostanziale parità. Ecco perché la vittoria dipenderà dagli altri. E dal bottino che porteranno a casa i cacciatori di voti.
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