Una scelta «patriottica e intelligente», ma anche uno scatto di responsabilità alla luce delle necessità del paese, per ripartire. A spiegarlo è il vertice di Menarini, Eric Cornut, presidente del Gruppo e Lucia Aleotti azionista e membro del board subito dopo l’annuncio di un nuovo polo produttivo di 40 mila quadrati a Sesto Fiorentino, concepito nel pieno della crisi per la pandemia.
Un investimento da 150 milioni di euro per oltre 250 posti di lavoro e altrettanti nell’indotto. «In questo periodo di insicurezza, la prima azienda farmaceutica italiana - ha detto Cornut - in un paio di settimane ha annunciato il tentativo di acquisto di un’azienda oncologica negli Stati Uniti e, appena due settimane dopo, la decisione, che trovo patriottica e intelligente, di costruire un’azienda in Italia tenendo conto di tutti gli insegnamenti che ci arrivavano sulla necessità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento dei farmaci.
Questo dimostra la forza della Menarini, il coraggio degli azionisti, l’efficacia della governance con l’arrivo del nuovo Ceo che ha permesso di gestire una pluralità di progetti in simultanea». Approvato anche un protocollo d’intesa tra Regione, Comune, Città metropolitana e azienda.
«Il progetto assume una rilevanza strategica sia per il recupero di un’area industriale ferma da tempo, sia per la tipologia di attività ed innovazione, sia per le ricadute occupazionali e le opportunità per le pmi toscane», ha commentato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi.
La capacità produttiva
Il nuovo stabilimento avrà una capacità produttiva annua di circa 100 milioni di confezioni pari a circa 3 miliardi di compresse con un allestimento industriale molto avanzato. «Procedere ad un investimento così significativo e importante per la Toscana come quello che intende realizzare Menarini non era scontato di questi tempi», ha spiegato il presidente Rossi.
L’accordo, ha sottolineato ancora la Regione Toscana, dà il via ad un percorso pubblico-privato e al riguardo viene istituito un tavolo permanente che dovrà coordinare tutti gli aspetti ambientali, urbanistici ed infrastrutturali legati alla realizzazione dello stabilimento.
«In questo brutto periodo, con un senso di oppressione e di angoscia per l’Italia - ha aggiunto Lucia Aleotti - mentre il mondo si fermava, si comprendeva cosa sarebbe successo, un disastro anche economico. Così abbiamo sentito una scarica elettrica attorno a noi che ci ha portato alla consapevolezza che serviva uno scatto di responsabilità e di affetto nei confronti dell’Italia, alla luce anche delle tante crisi di approvvigionamento dall’estero, di merci (come le mascherine ma fortunatamente non i farmaci) che veniva bloccate alle dogane. È nata così la voglia di fare qualcosa di più».
Il gruppo ha annunciato nello stesso giorno anche il giro d’affari. Menarini ha chiuso il 2019 con un fatturato che sfiora i 3,8 miliardi di euro (3.793 milioni), in crescita del 3,2% rispetto al 2018, e l’ebitda è di 492 milioni. La crescita è stata trainata dai mercati internazionali nonostante la scadenza di brevetto di Adenuric (febuxostat), farmaco per l’iperuricemia.
«L’anno che si è chiuso - ha commentato il presidente Eric Cornut - non risentiva ovviamente della crisi Covid, e ha visto Menarini aumentare la presenza all’estero e rafforzare la governance con la nomina del CEO del Gruppo, Elcin Barker Ergun. Oggi il fatturato internazionale è il 77% del totale grazie alla dedizione e impegno dei nostri dipendenti che - ha concluso - portano la qualità dei farmaci Menarini nel mondo».
da sx lucia aleotti, andrea ceccherini, tim cook e andrea riffeser monti ALEOTTI ALBERTO GIOVANNI ALEOTTI