Estratti dell'articolo di Antonello Guerrera per www.repubblica.it
“Cari britannici, rassegnatevi a essere più poveri”. Scatenano un putiferio le parole franche ma spietate di Huw Pill, capo economista della Banca di Inghilterra, in un podcast per la Columbia University. I tabloid sono furiosi, ma anche i giornali progressisti e di sinistra tradiscono indignazione per quello che gli inglesi non si azzarderebbero mai a fare: rassegnarsi a un tenore di vita più basso degli ultimi anni, o peggio a una decadenza, nello specifico a causa dell’inflazione rampante e della crisi energetica derivante dall’aggressione russa in Ucraina.
[…]Da mesi la linea della Banca d’Inghilterra è una: i lavoratori devono accettare stipendi più bassi per limitare la corsa e i danni dell’inflazione, che nel Regno Unito è ancora sopra il 10% e per i prodotti alimentari sfiora addirittura il 20 (19,2%), ai massimi da 45 anni. Il capo economista argomenta così: “Adeguare gli stipendi al costo della vita crescente, in un contesto del genere, alimenta la spirale dell’inflazione. Se continuiamo con questo gioco dello “scaribarile" tra aziende e lavoratori, torneremo molto più lentamente alla normalità e l’inflazione farà sempre più danni alle famiglie britanniche. Purtroppo”, ha continuato Pill, “dobbiamo accettare un fatto: noi importiamo il 40% di gas naturale dall’estero, la cui quotazione è schizzata negli ultimi mesi, mentre esportiamo soprattutto servizi, che invece non hanno visto incrementi cosi alti. È matematica: non possiamo ignorare tutto questo”.
Ma i prezzi, soprattutto quelli di frutta, verdura e carne, potrebbero salire ancora di più per i britannici nei prossimi mesi, in questo caso direttamente a causa della Brexit […] Sinora, a differenza dell’Europa nei confronti della merce dal Regno Unito, Londra ha desistito e ha lasciato frontiere libere a frutta, verdura e carne come se appartenesse ancora al mercato unico Ue, principalmente per due motivi: non c’erano le risorse doganali per metterli a punto e per evitare ulteriori contraccolpi all’economia menomata dal Covid e dalla Brexit stessa.
Ora, però, la realtà chiama. Quindi il Regno Unito completerà il distacco dell’addio alla Ue anche per quanto riguarda i controlli doganali in entrata. Ma aziende e associazioni della catena di distribuzione alimentare britannica sono già fortemente preoccupate: Londra importa oltre il 30% di frutta e verdura dalla Ue. Secondo “Politico", i costi dei nuovi controlli degli alimenti dall'Europa ammonteranno a supplementari 400 milioni di sterline (oltre 450 milioni di euro), con fino a 50 euro di tasse in più per ogni spedizione. […]