1 – LA FREGATURA DEL RECOVERY FUND
Paola Tommasi per “Libero Quotidiano”
rutte merkel ursula conte by osho
Giuseppe Conte cerca di evitare in tutti i modi il Parlamento, proclamando lo stato d'emergenza anche quando non c'è, perché gli rovina la festa. È proprio quello che è successo ieri nelle audizioni sul Piano Nazionale delle Riforme, su cui si dovrebbe basare l'utilizzo del Fondo «Next Generation Eu» di cui il presidente del Consiglio è tanto orgoglioso: l'Ufficio Parlamentare di Bilancio ha fatto i conti e, dei 209 miliardi sbandierati, a vera disposizione dell'Italia sono solo 46 fino al 2027, vale a dire meno di 7 miliardi all'anno.
Che, a riprova, è proprio la cifra che arriverebbe nel 2021. Un'altra delle grandi conquiste di "Giuseppi" si rivela dunque una fregatura e ancora una volta nessuno vedrà la pioggia di euro promessa.
INTANTO PAGHIAMO
Ma come si arriva da 209 a 46 miliardi? Intanto perché dei 209 solo 87 sono trasferimenti a fondo perduto mentre i restanti 122 sono prestiti che dovremo restituire con gli interessi. Il documento firmato da Conte al Consiglio europeo della scorsa settimana, inoltre, dice chiaramente che il nuovo Fondo deve essere finanziato con risorse proprie del Bilancio Ue che significa, oltre a plastic tax, carbon tax e digital tax, con contributi che i singoli Stati dovranno versare.
GIUSEPPE CONTE URSULA VON DER LEYEN
Il Consiglio Ue non ha, volutamente, fatto una stima certa sull'ammontare del contributo a nostro carico, ma per l'Ufficio Parlamentare di Bilancio saranno circa 41 miliardi di euro. Dunque il beneficio netto per le casse dell'Erario italiano sarebbe, appunto, di 46 miliardi (87 meno 41).
Al danno la beffa: se in termini nominali tale beneficio netto resterebbe comunque il più alto tra i Paesi Ue, in rapporto al Pil è pari al 2,6%. Mentre per la Spagna ammonta al 3,7%, per il Portogallo al 5,3% e per la Grecia all'8,4%, per non parlare dei Paesi del centro Europa che avranno un beneficio netto fino al 9,18% del Pil o della Croazia che arriva al 10,83%.
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
Se ciò non bastasse, per ottenere questi fondi l'Italia dovrà presentare un dettagliato piano di investimenti da realizzare entro 7 anni e di riforme da implementare entro 4 anni, indicando un preciso calendario di attuazione, le modalità e i costi di esecuzione, gli obiettivi intermedi e finali previsti, gli effetti sulla crescita e l'occupazione.
Con controlli stringenti della Commissione europea che potrà sindacare anche sul merito delle proposte se non contribuiscono alla transizione verde e digitale e, soprattutto, non rimborserà il governo se, come spesso accaduto in passato, le stime saranno irrealistiche e gli impegni presi irrealizzabili.
i premier e capi di stato arrivano a bruxelles da soli solo giuseppe conte con rocco casalino
Sono tutti fondi, infatti, che l'Italia dovrà anticipare e che l'Europa darà indietro solo dopo aver certificato la perfetta aderenza di ciò che sarà fatto al piano presentato, con il rischio che da 46 miliardi in 7 anni si finisca addirittura a zero per il nostro Paese, mentre i 41 dovranno essere versati comunque.
Vale allora la pena di partecipare a quest' avventura o forse meglio fare in casa e destinare i 41 miliardi, piuttosto che all'Ue, al taglio delle tasse, con un'aliquota unica uguale per tutti e più bassa delle attuali, cosa che con i fondi europei non si può fare? È di questo che c'è bisogno oggi in Italia e non di distribuire risorse a pioggia, come accadrebbe seguendo le Raccomandazioni della Commissione.
Una cosa è certa: il debito pubblico italiano supererà il 160% del Pil, nonostante il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, anche di fronte all'evidenza che rappresenta tutt' altro, sostenga che dall'anno prossimo tornerà a scendere. Ma almeno aumenta per una buona causa, rimettendo in moto l'economia italiana e non per finanziare quella croata.
2 – «IL RECOVERY FUND? È COME IL MES» GUALTIERI APRE UN ALTRO EUROMISTERO
Giuseppe Liturri per “la Verità”
Al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si può rimproverare tutto, tranne la mancanza di chiarezza. Ieri in audizione davanti alle commissioni Bilancio e Finanze riunite, non ha mancato di sorprendere i parlamentari presenti.
Il casus belli è stato scatenato dalla domanda del senatore Alberto Bagnai, finalizzata a sapere se fossero vere le voci riportare dal Sole 24 Ore circa tensioni di cassa a settembre, nel caso di mancato ricorso al Mes. Inoltre il senatore chiedeva anche di conoscere se fosse stata esplorata dal Mef l'eventualità di emettere debito con privilegio nel pagamento del creditore, ottenendo così condizioni migliori rispetto ai Btp che sono «pari passu», i cui detentori concorrono cioè alla pari con gli altri creditori dello Stato nel soddisfacimento del loro credito.
ROBERTO GUALTIERI AKA MAO TSE TUNG
Riguardo al primo punto, il ministro ha testualmente affermato che «il tema non esiste», con ciò derubricando a retroscena senza alcun fondamento il titolo di prima pagina del principale quotidiano economico-finanziario italiano. Non a caso, i mercati non avevano fatto una piega.
Sul secondo tema, Gualtieri ha affermato, in scioltezza, che un eventuale privilegio non consentirebbe tassi più bassi rispetto a quelli già attualmente praticati da creditori privilegiati come Mes, Recovery fund e fondo Sure. Quando l'onorevole Claudio Borghi ha subito rimarcato l'importanza e la novità di questa affermazione, il ministro ha ribadito che si tratta di «normalità».
VERTICE EUROPEO CONTE MERKEL MACRON SANCHEZ VON DER LEYEN
E, in effetti, non ha tutti i torti. I prestiti di soggetti sovranazionali, come ad esempio il Fondo monetario internazionale, sono generalmente dotati di privilegio rispetto agli altri creditori. Ciò che sorprende, e rende clamorosa l'ammissione di Gualtieri, è che nelle 67 pagine fitte di condizioni e tabelle che costituiscono l'accordo politico raggiunto il 21 luglio dal Consiglio europeo, non c'è una sola parola a questo riguardo.
A Bruxelles avevano forse paura di rivelare all'opinione pubblica che quei prestiti erano equivalenti, se non peggio, a quelli erogati dall'impopolare Meccanismo europeo di stabilità? Gioverà ricordare che, in base a quell'accordo politico, l'Italia potrebbe accedere - solo dopo aver esaurito il tetto massimo di sussidi, provvisoriamente stimato intorno a 75 miliardi - ai prestiti per finanziare riforme e investimenti ammessi dal Next gen Eu, per un ammontare massimo del 6,8% del Reddito nazionale lordo (circa 127 miliardi).
Quello che l'accordo politico non dice, e non poteva dire non essendo un atto avente forza di legge (che solo il Consiglio Ue può adottare), sarà decisivo per comprendere l'effettiva convenienza per il nostro Paese del Recovery fund.
Da settembre a dicembre saranno almeno una decina i regolamenti da adottare con tutti i dettagli. Ed è proprio leggendo le bozze dei regolamenti preparati dopo la proposta della Commissione del 27 maggio che abbiamo trovato spiegato il tema della consequenzialità dei prestiti rispetto ai sussidi. C'è ancora un'altra incognita che pende su tutto il complesso meccanismo di obbligazioni emesse dalla Ue e dei conseguenti prestiti e sussidi agli Stati.
ROBERTO GUALTIERI ENZO AMENDOLA
A questo proposito Domenico Lombardi, già in Banca d'Italia e al Fmi stesso, ha dichiarato al nostro giornale che «è difficile ipotizzare un effetto di spiazzamento dei titoli europei che serviranno a finanziare il Recovery fund a danno dei titoli italiani. I primi avranno presumibilmente rating altissimo, per cui non sono in concorrenza diretta con i titoli governativi italiani che godono, invece, di un rating assai basso sia pure sempre nella classe alta del mercato (investment grade).
Nell'attuale congiuntura di mercato sostenuta in modo determinante dagli acquisti della Bce, poi, il rendimento offerto dai titoli italiani rispetto ad altri emittenti sovrani con rating più elevato ma rendimento corrispondentemente più basso risulta molto appetibile per gli investitori, determinando nel complesso un mix di condizioni favorevoli al loro collocamento».
Quindi non si attendono perturbazioni sui titoli di Stato, considerata la presenza dominante della Bce. Ma sempre Lombardi, a proposito del tema di un eventuale privilegio dei prestiti dell'Ue, afferma che «sulle garanzie di rimborso, credo che nei vari regolamenti attuativi avremo modo di valutare meglio questo aspetto. In ogni caso, trattandosi di interventi a lungo termine, è più difficile per uno Stato membro non adempiere ai propri obblighi di rimborso, pena il blocco dei fondi o anche delle allocazioni che comunque promaneranno dagli interventi ordinari dell'Ue».
angela merkel e giuseppe conte by osho
Con ciò aprendo un fronte vastissimo su tutti i complessi strumenti di cui l'Ue sicuramente si munirà per minimizzare il rischio che qualche Stato non contribuisca al bilancio nei termini necessari per rimborsare i bond o, peggio, non restituisca puntualmente le rate dei prestiti. A questo fine, si deve ricordare che è il Consiglio adotterà una «decisione sulle risorse proprie» che costituirà la garanzia per i mercati.
Le entrate dell'Ue, oltre a essere state stabilmente elevate all'1,4% del Reddito nazionale lordo (circa 190 miliardi), sono state ulteriormente aumentare di un altro 0,6% (circa 81 miliardi) proprio per garantire, in ogni caso e anche nel peggiore scenario, il rimborso ai detentori di obbligazioni. E questi miliardi saranno tutte tasse e contributi per i cittadini italiani ed europei, senza che sia nota la loro ripartizione.
ursula von der leyen incontra giuseppe conte a palazzo chigi 11