Simone Filippetti per “Il Sole 24 Ore”
Dentro al gigantesco negozio John Lewis, sei piani di shopping, a Oxford Street, la via delle compere di Londra, c’è poca gente per essere un venerdì pomeriggio di settembre. La catena di grandi magazzini, versione britannica della Rinascente italiana, che possiede anche i supermercati Waitrose, ha accusato una perdita oltre 90 milioni di sterline in estate: effetto del calo dei consumi.
Il problema è che il rosso di bilancio non registra nemmeno l’ultimo mese, ancor più difficile, e soprattutto che John Lewis, quotata in Borsa e dunque obbligata a rendere pubblici i suoi dati, non è la sola ad accusare i primi, allarmanti, segnali di recessione per il Regno Unito.
In giro per la metropoli, a lutto per la Regina con la medesima John Lewis che ha coperto di nero le sue vetrine, stanno spuntando ovunque cartelli di saldi fuori stagione. Ad agosto, mese peraltro eccezionale per il boom di turisti stranieri, tornati in massa dopo due anni di pandemia, le vendite al dettaglio sono diminuite drasticamente: i consumatori britannici hanno dovuto lottare con l’aumento dei prezzi e gli elevati costi energetici.
L’Office for National Statistics, l’Istat inglese, ieri ha gelato tutti informando che l’acquisto di beni di consumo è diminuito dell’1,6% tra luglio e agosto, mentre a giugno c’era stata un’espansione. Il calo delle vendite al dettaglio è stato più forte del -0,5% previsto dall’agenzia Reuters ed è anche il calo più grande dal luglio 2021, quando scattò il «Freedom Day» dal Covid.
I mercati annusano aria di una severa recessione e la Sterlina cola a picco: ieri ha toccato i minimi storici dal 1985 sul dollaro. Per avere un Pound così debole bisogna andare indietro di quasi 40 anni. Altro che la Brexit, è la crisi del costo della vita che manda al tappeto il Regno Unito. La sterlina, secondo la banca dati Refinitiv, è scesa dello 0,8% sul biglietto verde, a quota 1,137 dollari. È la la prima volta che scende sotto la soglia di 1,14 dollari in quasi quattro decenni. Solo pochi mesi fa, il super Pound festeggiava il livello record di 1,4 dollari con prospettive di salire fino a 1,5.
Allargando lo sguardo si vede che la valuta britannica è in movimento “secolare” di debolezza verso il dollaro: dal picco di 2,15 dollari per una Sterlina, la moneta inglese è andata lentamente declinando, con il record negativo del 1985, bissato ieri 37 anni dopo. Il nuovo tonfo, che coincide anche con un altro anniversario nefasto, quel «mercoledì nero» del settembre 1992 in cui la Sterlina, e pure la Lira, uscirono dal meccanismo di cambio europeo, rinfocola la preoccupazione per il futuro del Regno Unito, dopo che nei mesi scorsi il governatore della Banca d’Inghilterra ha parlato di un’«apocalisse».
Il commercio è il termometro più sensibile all’economia reale perché quello più vicino ai consumatori. E, come conseguenza, la Sterlina, derivata prima dell’economia inglese, una volta che il paese è uscito dalla Ue, scende in picchiata. Non proprio un bel debutto per Carlo III e nemmeno per il nuovo premier Liz Truss che sta cercando di render ancor più attraente la City eliminando il controverso tetto ai bonus ai banchieri, voluto dalla Ue. Una mossa simile a quella che negli Anni’ 80 fece la Tatcher con il carried interest che di fatto regalò l’esenzione fiscale all’industria dei fondi d’investimento che conobbe un boom senza precedenti.
Il crollo del Pound è in realtà solo sul dollaro: contro l’Euro la valuta inglese stabile attorno a 0,85 da quando è scattata la Brexit a gennaio 2021. Tutta l’Europa sta crollando sul dollaro per la crisi energetica. In teoria la Gran Bretagna, che importa pochissimo gas dalla Russia, dovrebbe essere refrattaria al tema dell’energia, ma il prezzo del gas si fissa ad Amsterdam per tutti e, nonostante l’autarchia energetica, il paese vede comunque salire inflazione a razzo e cadere la tegola delle bollette sulle famiglie. Il nuovo governo ha varato un piano di aiuti da 150 miliardi di sterline alle famiglie per congelare il caro-bollette: è una montagna rispetto agli appena 14 miliardi di euro stanziati dal governo in Italia, ma rischia di essere lo stesso una goccia nel mare.
L’anno scorso il price cap, il tetto massimo di costo, era attorno a 1.100 sterline. Era previsto in aumento a 3.100 per il mese di ottobre e addirittura sopra le 5mila il prossimo gennaio. Il governo ha congelato la soglia a 2.500 sterline, che è la metà rispetto al prezzo previsto, ma è pur sempre il doppio rispetto all’anno prima. Un extra costo che va a sommarsi al 13% di inflazione generale. L’autunno, che a Londra è già arrivato anche climaticamente con un’aria rigida e temperature in netto calo, sarà difficile.
la regina elisabetta accoglie liz truss a balmoral liz truss presenta il piano contro il caro bollette