1 - LE BANCHE USA SPAVENTANO LE BORSE: WASHINGTON CHIUDE SILICON VALLEY BANK
Estratto dell’articolo di Vito Lops per il “Sole 24 Ore”
una filiale della silicon valley bank
I rialzi dei tassi delle banche centrali iniziano a mietere le prime vittime. A farne le spese è stata Silicon Valley Bank, la 18esima banca statunitense (per capitalizzazione) specializzata nel mondo delle start up. Il titolo ha aperto ieri le contrattazioni con un calo del 60% prima di essere sospeso a seguito della chiusura dell’attività che difatti è passata sotto il controllo della Federal deposit insurance corporation (Fdic) come curatore fallimentare […] Gli investitori temono un contagio e hanno venduto pesantemente i titoli di altre banche regionali statunitensi.
Tra le più colpite e osservate speciali First Republic Bank (-51%) e PacWest Bancorp (-37%). Un Etf che ingloba i titoli del settore (Spdr S&p regional banking) ha ceduto il 7,5%. La tensione è dipanata anche sulle quattro più grandi americane (JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo e Citibank) che dopo aver perso 52 miliardi di capitalizzazione giovedì hanno proseguito in rosso anche la seduta di ieri con ribassi tra il 4% e il 6%. […]
[…] Gli investitori si interrogano (e preoccupano) per le cause che hanno portato l’istituto californiano alla chiusura, un giorno dopo la bancarotta, sempre in California, di Silvergate bank, istituto agganciato invece alla cripto-industria. Lo schema è legato a doppio filo alla politica monetaria della Federal Reserve che dallo scorso marzo ha alzato i tassi di 450 punti base e dovrebbe continuare a farlo nelle prossime riunioni […]
sede della silicon valley bank
Il rialzo dei tassi ha avuto due effetti: ha fatto lievitare il costo del debito delle aziende, in particolare delle start up tecnologiche che puntando molto sulla crescita futura spesso utilizzano in modo estremo la leva del debito. Allo stesso tempo il rialzo dei tassi ha svalutato i titoli obbligazionari in pancia agli istituti di credito che ne avevano comprati in abbondanza fino al 2021, quando di liquidità in circolazione ce n’era fin troppa proprio a causa delle politiche (fino ad allora estremamente espansive) delle banche centrali.
sede della silicon valley bank 1
La stessa Silicon Valley bank, in virtù dell’aumento dei depositi dell’86% nel 2021 che avevano raggiunto un picco a 196 miliardi di dollari, aveva “trasformato” una buona parte di questi depositi” in Treasury o altri titoli governativi. Il rialzo dei tassi ha quindi creato una combinazione micidiale: costringendo molte aziende indebitate a chiedere indietro alla banca la liquidità versata e costringendo a sua volta l’istituto, per reperire in fretta la liquidità, a svendere i titoli in portafoglio a sua volta svalutati proprio dal rialzo dei tassi della Fed.
Così la Silicon Valley Bank è stata costretta a svendere asset per 21 miliardi di dollari archiviando una perdita di 1,8 miliardi. Sebbene molti analisti non vedano una minaccia sistemica per il settore bancario globale, gli effetti negativi per le banche dell’aumento dei tassi di interesse delle banche centrali non vanno trascurati. […]
2 - COSÌ LA BANCA DEI VISIONARI HA PERSO LA SUA PARTITA A POKER
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Era nata intorno ad un tavolo da poker. E forse questa circostanza avrebbe dovuto mettere in guardia i suoi clienti, sul destino segnato della Silicon Valley Bank. Epperò per quarant’anni era stata l’angelo custode dei visionari che sognavano di inventare il nostro futuro digitale […]
Era il 1983, come aveva raccontato il cofondatore Robert Medaris […] L’idea visionaria di Robert e Bill era che nella Silicon Valley bollivano idee straordinarie, ma avevano bisogno di un po’ di fiducia per fiorire e fruttare miliardi. Fiducia in questo caso significava soldi, per avviare attività promettenti sulla carta, prima che generassero anche un solo dollaro di ricavi. Il primo ufficio era stato aperto lungo la North First Street di San Josè, seguito poi dalla sede di Palo Alto.
La strategia era mettere gli investitori di venture capital in contatto con gli imprenditori, per aiutarli a lanciare le loro start up. Servizi basilari, tipo l’apertura di depositi e poco altro. Se poi le start up funzionavano e si allargavano, necessariamente dovevano rivolgersi alle grandi banche tradizionali per crescere, e quindi la missione di Svb finiva. […] Tra i primi clienti, tanto per capirsi, c’erano Cisco Systems e Bay Networks. Perché non c’era partita, tra lo stile rilassato della banca nata nella cultura della Silicon Valley, e i rivali che venivano da Wall Street con le camice a righe e i cravattoni.
Di questo passo Svb era cresciuta rapidamente, insieme ai propri assistiti, ma sempre facendo del pericolo il suo mestiere. Aveva perso 2,2 milioni di dollari nel 1992, per il crollo del mercato edilizio in California, ma si era risollevata assumendo John Dean come nuovo ceo. Nel 1995 aveva aperto la sede a Santa Clara, e poi Atlanta, Delaware, Florida. Nel 2001 aveva perso il 50% del valore del suo titolo, quando era scoppiata la bolla delle dot-com, ma era sopravvissuta ancora una volta, allargandosi al settore del private banking.
Quindi si era mossa all’estero, aprendo sedi in India, Londra, Israele e Cina, sempre con l’idea di aiutare il bacino locale delle start up, ripetendo ovunque il modello California. La crisi del 2008 l’aveva colpita come tutti, ricevendo 235 milioni di aiuto dal Troubled Asset Relief Program, ma ancora una volta era resuscitata, sotto la guida del ceo Greg Becker, arrivando a quasi 10.000 dipendenti, 211 miliardi di asset, e un quarto del mercato della Silicon Valley. Fino all’errore fatale di non vedere il cigno nero del covid, l’inflazione, e perdere la partita a poker con la Fed sui tassi.