1. 2017, FUGA DAI NEGOZI SIMBOLO DA ABERCROMBIE A GAP
Francesco Semprini per la Stampa
I dati sono da brivido. A leggerli senza filtri farebbero presagire un devastante terremoto nel settore della distribuzione per i grandi marchi americani. Dalla moda all' elettronica, passando per farmacie, forniture per uffici e finanche giocattoli, nessuno è immune dall' ondata di chiusure di punti vendita tradizionali che sta investendo il commercio al dettaglio a stelle e strisce.
E' il quadro che emerge da un documento circolato negli ambienti di Wall Street e titolato 2017 the year that Retail Died (2017 l' anno della morte dei negozi).
Alcuni esempi: Gap (che comprende anche i marchi Banana Republic e Old Navy) ha annunciato la chiusura di 175 punti vendita in tutti gli Usa, Abercrombie & Fitch (le felpe più amate dagli italiani) ne chiude 60, così come Guess, mentre American Apparel si spinge a quota 110.
Cvs, il gigante delle farmacie e prodotti di prima necessità ne chiude 70, come il colosso delle forniture per uffici Staples. Payless ShoeSource, la catena di calzature a prezzi popolarissimi, ha in previsione di chiuderne tra i 400 e i 500. Per non parlare di Macy' s, che dagli 800 grandi magazzini del 2014 è passata agli attuali 673, per arrivare entro fine anno a 600, e con due chiusure solo a New York.
ChildrenPlace chiude 300 negozi entro il 2020, GamesStop oltre 150. E RadioShack, una volta il tempio dell' elettronica, nella giornata del Memorial Day ha chiuso 1000 punti vendita come previsto dall' amministrazione controllata in cui si trova da tempo.
La parola crisi sembra d' obbligo, in realtà gli esperti parlano di cambiamento radicale del modo di fare la spesa da parte degli americani. Il primo fattore è l' avvento dell' e-commerce, che sta prepotentemente conquistando spazio nello shopping. Nel Black Friday 2016, il weekend degli sconti stellari di fine novembre, le spese online sono cresciute oltre il 10%, superando per la prima volta in valore i 3 miliardi di dollari, mentre quelle off-line (al negozio) sono calate del 5% in termini di valore e del 7,9% in termini di volumi. Ecco allora che per i grandi marchi diventa strategico saper gestire questo cambiamento, chi non riesce rimane indietro.
E' il caso di Macy' s, alle prese con un calo inesorabile delle vendite, solo nel primo trimestre -5,2% rispetto al -3% atteso dagli analisti, e un tracollo del titolo a Wall Street. Oltre a circa 10 mila licenziamenti possibili.
L' altro aspetto da analizzare è il cambio nelle scelte e nei gusti dei consumatori. Un marchio può anche offrire una «bella esperienza online», ma se il prodotto non incontra i gusti del cliente, quest' ultimo non acquista neanche su Internet. In questo senso i consumatori americani sono diventati più esigenti, ed è l' effetto della crisi. Un tempo si metteva più facilmente mano alla carta di credito, si compravano più cose per non farsi mancare nulla, ora se ne comprano una o due, ma solo se rigorosamente in grado di far fronte a necessità diverse.
C' è infine un ultimo aspetto, più finanziario, ovvero l' eccessiva esposizione negli investimenti immobiliari delle grandi catene. In base alle previsioni di aumento dei clienti, le società acquistavano spazi più ampi rifinanziando gli immobili di proprietà, secondo il metodo dell'«indebitamento a pieno regime» sostenuto dai bassi tassi sui mutui.
Col calo delle vendite in loco il meccanismo si è inceppato, gli spazi restano vuoti e i costi si alzano, gravando sui bilanci delle aziende che devono dismettere a costi più bassi. E con l' aumento dei tassi (già avviato dalla Federal Reserve) il rischio è che il 2017 non solo sia l' anno della fuga dai negozi ma anche l' anno del germe di una nuova bolla finanziaria. A dieci anni esatti dalla precedente.
2. E IN ITALIA LA MODA VELOCE LASCIA
Sandra Riccio per la Stampa
Saracinesche abbassate e lavoratori in allarme. La forte pressione esplosa nel settore delle grandi catene della moda sta contagiando anche l' Italia. Gli effetti si vedono soprattutto sulla piazza di Milano da dove, a inizio Duemila, era partita la gran corsa dell' abbigliamento a prezzi accessibili e con collezioni rinnovate di settimana in settimana. Store sempre affollatissimi e clienti continuamente a caccia dell' occasione imperdibile, ora inizia quella che ha l' aria di essere una ritirata.
Il primo passo arriva da H&M, primo gruppo ad aver portato nel nostro Paese, nel 2003, la moda super veloce. In estate chiuderà il mega negozio di Piazza San Babila, un simbolo della storia del marchio in Italia che proprio da questi spazi, che un tempo ospitavano Fiorucci, era partita. Non è il solo negozio H&M che chiude in estate: anche Corso Buenos Aires, altra meta molto frequentata dagli amanti dello shopping, sarà tagliato. Così come pure uno dei negozi di Mestre (nel centro commerciale «le Barche») e a Cremona (centro commerciale «Cremona Due»).
In tutto saranno coinvolti quattro spazi su 8 e circa 90 lavoratori della catena che impiega in Italia 5 mila dipendenti (158 negozi). Stessa scelta, e in simultanea, anche per Inditex (marchi Zara, Pull&Bear e Bershka) con circa 3mila lavoratori in Italia. La decisione di abbassare la serranda è per il negozio Bershka in via Torino, a due passi dal Duomo di Milano.
A dettare queste decisioni è anche il bisogno di maggior «flessibilità» sui punti vendita.
Questo in un momento in cui le grandi catene della moda veloce sono alle prese con una concorrenza sempre più spietata. Da poco sul mercato è arrivato Primark, marchio irlandese della moda con prezzi ancora più aggressivi.
Ma in questo mercato, grazie alle produzioni a bassissimo costo nei Paesi dell' Asia, ormai i brand non si contano più. Da qui la necessità di razionalizzare i punti vendita e di tagliare i rami secchi, quelli meno produttivi. È il caso, pare, dei quattro store di H&M che pesano sui costi dopo contratti di locazione non più rinnovabili a condizioni in linea con le esigenze della società. «Continuiamo a credere nell' Italia e proseguiremo nella nostra espansione» dicono da H&M. In programma ci sono già nuove aperture a Foggia, Verona, Pesaro. Dall' inizio del 2017 H&M ha aperto in Italia tre nuovi punti vendita e creato opportunità di lavoro per 425 persone.
Nelle scelte fatte c' è poi anche la volontà dei grandi gruppi internazionali della moda veloce di rimanere presenti solo in zone a elevato traffico e prive di sovrapposizioni. Da qui i ripensamenti per non pestarsi i piedi a vicenda e da qui la scelta di Zara di lasciare più spazio al suo principale punto vendita rinnovato nel 2016 in Corso Vittorio Emanuele.
Su tutto poi pesa il fenomeno dell' e-commerce in forte espansione anche da noi. «Per le grandi catene della moda non si può parlare di crisi - si dice certo Marco Demurtas, Fisascat Cisl Nazionale -. Hanno fatturati in crescita, investono ed espandono la propria presenza in maniera aggressiva».