Fabio Savelli e Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Iniziano a precisarsi le opzioni per l'incontro straordinario dei ministri europei dell'Energia il 30 settembre. È improbabile che quel giorno i ventisette governi recuperino tutto il ritardo accumulato da quando, un anno fa, la guerra economica innescata da Vladimir Putin ha fatto esplodere i prezzi del gas. Da allora per l'Europa divisioni e paralisi hanno preso il posto di qualunque reazione strategica.
Ora però i ministri sanno che non possono uscire di nuovo da un vertice a mani vuote, mentre imprese e famiglie europee rischiano di dover spendere per l'energia fino duemila miliardi di euro all'anno in più.
La pressione politica potrebbe dunque produrre le azioni più concrete dall'inizio dell'emergenza, perché a Bruxelles si discuteranno due idee sovrapponibili: un calmiere a 180 euro a megawattora sul prezzo dell'elettricità non prodotta da metano e un tetto a 160 euro a megawattora al prezzo di tutto il gas importato (non solo su quello russo). Su nessuno dei due fronti l'accordo è già pronto, ma non ci si era mai arrivati così vicini.
Elettricità, via al tetto
La Commissione Ue proporrà un prezzo massimo dell'elettricità a 180 euro a megawattora, se prodotta da fonti diverse dal metano (oggi si paga almeno 450 euro, come per quella da gas, cioè dieci volte sopra ai prezzi del 2019). Il limite riflette quanto occorre attualmente per produrre energia elettrica bruciando lignite. Questo carbone fossile, molto inquinante, è tuttora la prima fonte di generazione elettrica in Germania (27% del totale, secondo la Bp Statistical Review of World Energy) e in Polonia (73% del totale).
Niente di tutto questo però significa che il resto dell'elettricità dovrà adattarsi al costo della lignite: quello indicato da Bruxelles sarà un tetto, che lascia libertà a ciascun governo di indicare limiti più bassi per l'elettricità prodotta da altre fonti.
Il governo italiano per esempio è deciso a fissare il costo dell'energia prodotta da fonti rinnovabili - fotovoltaico, vento, idroelettrico - molto al di sotto. Il modello qui è la Spagna e il metodo prevede un prezzo in linea con la media degli ultimi dieci anni: fra 62 e 65 euro a megawattora per quel 37% circa di elettricità prodotta da rinnovabili.
ursula von der leyen olena zelenska e Roberta Metsola a strasburgo
L'accordo europeo non è sicuro perché Olanda, Lussemburgo, Lituania, Lettonia e Polonia stanno ancora sollevando problemi. Ma la spinta di Francia, Germania e Italia ormai è sempre più difficile da contrastare. Del resto questi e altri Paesi di fatto stanno già iniziando ad applicare calmieri nazionali all'elettricità non prodotta dal gas. Con un problema politico che si apre per tutti, perché si dovrà scegliere a chi riservare il diritto all'energia meno cara: c'è il rischio di un conflitto fra gruppi d'interesse.
Il decreto Cingolani
mario draghi roberto cingolani
L'Italia per ora fissa a 210 euro a megawattora la soglia per l'energia elettrica non da gas: molto sotto il «prezzo unico nazionale», che di recente ha superato i 550 euro. In attesa dell'accordo europeo, Roberto Cingolani ha firmato ieri un decreto per la vendita di energia da rinnovabili con un sistema di aste - con base a poco più di 124 euro megawattora - alle «utenze ad alto consumo energetico»: in sostanza, il ministro alla Transizione energetica guarda alle imprese che assorbono molta elettricità.
Si tratta del rilascio controllato di una quantità di energia pari a un terzo del fabbisogno annuale di questi impianti, il 18% del totale dell'industria manifatturiera italiana. Ma con ogni probabilità i conflitti distributivi in Italia sono appena agli inizi e toccherà al prossimo governo gestirli: bisognerà decidere chi nel dettaglio riceverà l'energia meno cara e chi no, fra famiglie e imprese.
Fra i primi si troveranno di sicuro gli impianti che non possono fermare la produzione ma anche le piccole e medie imprese avrebbero accesso, se riescono ad allearsi per raggiungere soglie corpose di consumo. Poi tra non molto un nuovo decreto di Cingolani dovrebbe permettere la vendita di metano da produzione nazionale a prezzi calmierati, riservando due miliardi di metri cubi alle imprese ad alto consumo. Ma la partita per limitare il prezzo del metano è tutta europea, con una proposta ormai pronta.
Il prezzo del gas
Negli ultimi giorni Emmanuel Macron ha offerto a Mario Draghi tutto il sostegno della Francia alla proposta italiana di un limite massimo al prezzo del metano, da qualunque Paese provenga. I due governi lavorano a stretto contatto con Grecia, Spagna, Belgio e con la Commissione di Bruxelles - secondo vari osservatori - in vista di una proposta per il 30 settembre: limite massimo a 160 euro a megawattora, ben sotto i massimi recenti di oltre 300 euro, ma non molto sotto la quotazione attuale di mercato a 187 euro.
Quindici governi sono a favore di questa idea, mentre Germania e Olanda restano fredde. Ma tutti capiscono ormai che non far niente non è più un'opzione, se l'Europa vuole resistere al ricatto di Vladimir Putin.
PUTIN VLADIMIR PUTIN E IL GAS PUTIN E I RUBLINETTI - BY EMILIANO CARLI