Estratto dell’articolo di Raffaele Lorusso per “la Repubblica”
Il dossier ex Ilva torna nelle mani del governo. L’esito dell’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, riunitasi ieri, non lascia praticamente vie d’uscita. A quanto si è appreso, infatti, ArcelorMittal, il socio privato che controlla il 62 per cento della società, è contrario a sottoscrivere un aumento di capitale di 1,5 miliardi, così come richiesto dal consiglio di amministrazione, in misura proporzionale alla quota di partecipazione e che tenga conto degli investimenti futuri.
A nulla è valsa la disponibilità del socio pubblico Invitalia ad apportare la somma necessaria nella misura del 38 per cento. L’assemblea tornerà a riunirsi la prossima settimana, probabilmente il 6 dicembre.
Il presidente Franco Bernabè ha congelato le dimissioni per provare a favorire il dialogo fra i soci. Il tempo a disposizione è ormai esiguo: se non si interviene finanziariamente, la società dovrà essere messa in liquidazione.
[…] Non che le avvisaglie non ci fossero state. Nel corso di un evento pubblico di alcuni giorni fa, l’amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, espressione del socio privato, aveva detto chiaramente che per sostenere economicamente la decarbonizzazione in Europa è fondamentale il ruolo degli Stati.
Oltre che una transizione energetica da 5 miliardi, l’ex Ilva deve affrontare nell’immediato una crisi di liquidità che ha già inciso negativamente sulla produzione: quest’anno non si andrà oltre i tre milioni di tonnellate, la metà di quanto previsto. La società ha accumulato debiti milionari nei confronti dei fornitori, a cominciare dalla Snam, che vanta un credito di 208 milioni per il gas.
Finora nel governo ha prevalso la linea contraria all’assunzione del controllo della società. In questa direzione va il memorandum of understanding sottoscritto l’11 settembre scorso dal ministro agli Affari Europei e Pnrr, Raffaele Fitto, e i rappresentanti di ArcelorMittal.
Nel documento, considerato non vincolante, ma mai reso pubblico, sarebbero previsti investimenti per 4,62 miliardi, di cui 2,27 provenienti da fondi pubblici europei, per affrontare la trasformazione energetica degli impianti. Neanche a fronte di questo impegno, è arrivata un’apertura da parte di ArcelorMittal.
Per questo cresce la pressione dei sindacati nei confronti dell’esecutivo affinché acquisisca la maggioranza del capitale della società. «L’ulteriore rinvio chiesto da ArcelorMittal è l’ennesima umiliazione che la multinazionale infligge al nostro Paese», attacca Rocco Palombella, segretario della Uilm. […]
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Anche per il presidente di Confidustria, Carlo Bonomi, n on è più tempo di tergiversare. «Questo Paese – osserva – deve decidere se l’acciaio lo vuole o no. Io credo che sia fondamentale averlo: Acciaierie d’Italia è un asset strategico. Molte delle catene di fornitura e del valore aggiunto dipendono dalla fornitura dell’acciaio di Taranto e degli altri siti produttivi. Spero che si trovi una soluzione che vada nella giusta direzione non solo per Acciaierie d’Italia, ma per tutta la manifattura italiana».
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