Estratto dell'articolo di Alessandro Barbera per “la Stampa”
giancarlo giorgetti al forum ambrosetti di cernobbio
«Le mele si mangiano mature, e questa ancora non lo è». Una fonte di governo sotto stretto anonimato commenta così il rinvio a mercoledì dei subemendamenti in commissione Finanze del Senato al disegno di legge sulla competitività dei capitali. La questione che sta creando imbarazzo nella maggioranza è il ribattezzato «emendamento Caltagirone» che secondo gli addetti ai lavori potrebbe avere un impatto rilevante sugli equilibri del capitalismo italiano.
[…] Il nodo è l'articolo 12 bis, spuntato nel corso della discussione parlamentare grazie - così raccontano più fonti - all'azione di lobbying dell'imprenditore romano. La legge - immaginata quando ancora c'era Mario Draghi - ha l'obiettivo di migliorare la governance delle società, ed evitare la fuga verso Paesi dalla normativa più favorevole come l'Olanda. Nelle pieghe della discussione sono però emersi dettagli che - questa l'obiezione arrivata al governo dal mondo delle quotate - rischiano di renderle ingovernabili.
giovanbattista fazzolari giorgia meloni al senato
[…] una maggioranza trasversale che unisce il governo al Movimento 5 Stelle vuole limitare i poteri della lista che presenta il Consiglio di amministrazione uscente. Oggi - come in tutti i grandi Paesi - la maggioranza uscente impone la sua linea. Uno degli emendamenti prevede invece che nel caso in cui gli azionisti di minoranza abbiano il 20 per cento dei voti, otterrebbero fino al 49 per cento dei consiglieri. Una norma giudicata dall'universo delle quotate a dir poco eccessiva.
«Va bene discutere di come dare spazio alle minoranze, ma non si può scassare il sistema con emendamenti sui quali occorrerebbe un'ampia consultazione. E magari solo per aiutare Caltagirone nella sua battaglia per il controllo delle Generali», spiega un top manager di una quotata, anch'esso disposto a parlare solo sotto la garanzia dell'anonimato.
A Trieste si vota nel 2025, ma già l'anno scorso l'imprenditore romano aveva tentato di contrapporre una propria lista a quella proposta dal Consiglio uscente. In questi giorni si discute di una situazione molto simile a Mediobanca. In questo caso Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio, ha provato a trattare per l'ingresso di alcuni propri rappresentanti nella lista del nuovo Consiglio.
Delfin, primo azionista col 19,8 per cento, ha chiesto - senza successo - un presidente condiviso. Fra i candidati c'erano l'ex ministro del Tesoro Vittorio Grilli, Flavio Valeri e Fabrizio Palenzona. Viceversa il consiglio uscente di Mediobanca, in nome dell'indipendenza dagli azionisti, punta alla riconferma di Renato Pagliaro. In assemblea si andrà probabilmente allo scontro.
Stretto fra molti fuochi, il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti ha preso altre 48 ore per studiare un compromesso. Il leghista ha una sola certezza: non passare dalla dittatura delle maggioranze a quella delle minoranze.
giancarlo giorgetti al forum ambrosetti di cernobbio