Estratto dell’articolo di Nicola Borzi per “il Fatto Quotidiano”
La famiglia Moratti chiude i suoi 62 anni di storia nel petrolio incassando 600 milioni. Gli eredi del fondatore Angelo cedono al gigante olandese delle materie prime Vitol il controllo di Saras, la società quotata che con la raffineria di Sarroch (Cagliari), tra le maggiori del Mediterraneo, produce un quinto dei carburanti italiani.
Con questa ultima mossa, dallo sbarco in Borsa a oggi i Moratti hanno incassato dalla vendita di azioni Saras in totale oltre 2,66 miliardi. A rimanere scottati sono stati invece i 79.148 investitori, grandi e piccoli risparmiatori, che il 17 maggio 2006 pagarono nell’offerta pubblica di acquisto le azioni Saras 6 euro ciascuna, investendo oltre 1,71 miliardi. Un affarone per la famiglia milanese, un disastro per chi investì: a oggi (senza considerare i dividendi) ha perso il 70%.
A spartirsi il consistente assegno sono Massimo Moratti, azionista presidente e Ad di Saras, i suoi figli e i figli di suo fratello Gian Marco, il marito di Letizia Brichetto (presidente della consulta di Forza Italia, ex sindaco di Milano ed ex ministro) morto a febbraio 2018.
Il 35% di Saras passa di mano a 1,75 euro per azione e Vitol potrebbe acquistare anche il restante 5%. Solo il 17 aprile 2019 la famiglia avevano giurato che “non intende vendere ulteriori quote”.
[…] Quando quotarono Saras, il 18 maggio 2006, l’indice di Piazza Affari volava vicino a 38mila punti: 18 anni dopo, oggi sta ancora sotto i 31.500, quasi un quinto più sotto. Ma sin dalla prima seduta l’azione perse il 13,3% dal prezzo di collocamento.
A gennaio 2007 su quella quotazione si aprì una indagine della Procura di Milano per il sospetto che le banche collocatrici potessero aver gonfiato la valutazione, ma a maggio 2011 l’indagine fu archiviata. Nel mezzo, ad aprile 2013 l’ingresso del gigante russo Rosneft, che comprò il 21% di Saras per uscire quattro anni dopo a causa delle sanzioni contro Mosca per l’invasione della Crimea.
A settembre 2018 i Moratti vendettero un altro 10% e un altro 3% a ottobre 2020 passò al colosso del trading su petrolio e altre materie prime Trafigura.
[…] Dopo i rumor dei giorni scorsi, venerdì 9 febbraio Mf sparava che Saras sarebbe stata venduta a 2,2 euro per azione, mentre ne quotava 1,6 circa. Il titolo schizzava al rialzo toccando anche +14% per chiudere a 1,79 euro (+7,6%), su scambi sestuplicati rispetto alla media. Saras rilasciava una dura smentita per poi però controsmentirsi domenica, a Borsa chiusa, annunciando l’accordo con Vitol a 1,75 euro: il premio di controllo pare essere stato pagato davvero poco.
Così ieri l’azione è crollata del 5,68% a 1,69 euro, mentre incombe l’Opa residuale per il delisting. La soffiata sui 2,2 euro è stata dunque un favore ai Moratti o invece un tentativo di ostacolare l’operazione? Lo deciderà Consob che ha avviato “verifiche di routine”. Nonostante le voci, venerdì Borsa Italiana non ha sospeso l’azione.
Ora l’ultima parola spetta al governo che, dopo la cessione della raffineria siciliana Isab a mani cipriote, potrebbe esercitare il “golden power” su un’azienda strategica. Resta l’allarme per il futuro di oltre 1.500 dipendenti.
GRUPPO VITOL STABILIMENTO SARAS