Estratto dell’articolo di Giovanni Pons e Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
La disponibilità c'è, ma improntata alla prudenza e all'equilibrio. Recita grosso modo così la traccia del governo sul voto multiplo maggiorato per le società quotate, che si appresta a essere inserito all'interno del disegno di legge a sostegno della competitività dei capitali, attualmente all'esame della commissione Finanze del Senato. Dove i voti inizieranno a inizio agosto, dopo il via libera alla delega fiscale.
Il quadro sarà più chiaro nei prossimi giorni, in linea con il termine per la presentazione degli emendamenti, che è slittato al 20 luglio. Ma le valutazioni in corso al ministero dell'Economia sono già orientate su alcuni principi di massima.
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
Il moltiplicatore per il voto maggiorato […] non è affatto un tabù […]. Ma lo schema che si immagina prevede pesi e contrappesi. Perché il potenziamento del voto maggiorato rafforza i poteri degli azionisti stabili, ma senza apposite tutele, a favore delle minoranze, il rischio è quello di far pendere la bilancia da una parte.
Ecco perché anche il metodo ipotizzato guarda al cosiddetto opt-in, cioè al potenziamento dei diritti di voto per Statuto: in pratica sarà l'assemblea a decidere se inserire il rafforzamento del voto maggiorato. Una strada opposta a quella presa dalla Francia, che ha deciso l'opt-out: il voto multiplo maggiorato è deciso per legge e solo l'assemblea può decidere di non adottarlo.
Nell'ottica del governo guidata da Giorgia Meloni, la soluzione di equilibrio consentirebbe di promuovere strategie di crescita per le società italiane a controllo familiare, senza diventare rischiose dal punto di vista del controllo societario. Un voto maggiorato senza tavolotti, tra l'altro, potrebbe indurre gli investitori istituzionali a non investire in un Paese dove le minoranze sarebbero troppo penalizzate. […]
Ma c'è anche da considerare che la riforma del voto multiplo maggiorato può impattare anche su grandi società quotate […]. Potrebbe essere il caso di Mediobanca e Generali, per esempio, dove ci sono gruppi di azionisti con quote diverse che si contendono il controllo. Il fronte Caltagirone- Delfin (holding della famiglia Del Vecchio) possiede il 30% di Mediobanca e il 20% di Generali; se questi voti, di anno in anno, venissero maggiorati, potrebbero cambiare gli equilibri societari.
Alberto Nagel FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO