Domenico Agasso per www.lastampa.it
Papa Francesco accoglie in udienza l’associazione degli industriali italiani e lancia un monito contro «ogni forma di sfruttamento e negligenza nella sicurezza». Invita a creare lavoro per i giovani. Cita Balocco tra i buoni imprenditori. Sulla differenza di salari avverte: «Se la forbice è troppo alta, la società si ammala». Nel discorso ai partecipanti all’assemblea pubblica di Confindustria dice no agli imprenditori «mercenari». Basta donne cacciate «perché incinte». E poi, esorta a pagare le tasse, che è una forma di «condivisione».
papa francesco a santa maria maggiore
Carlo Bonomi, presidente a viale dell’Astronomia, rivolgendosi al Pontefice al suo ingresso nell’«Aula Paolo VI» (accolto da un lunghissimo applauso della platea di imprenditori), lo ringrazia «a nome di tutti i presenti, dal profondo del cuore, per la straordinaria opportunità che ci ha concesso, ricevendoci in Udienza quest'oggi. Lo dico con grande sincerità: i nostri cuori e le nostre menti hanno un intimo bisogno di "parole alte", di valori e di una visione che sappia guardare - insieme - lontano e in profondità.
emmanuel lafont con papa francesco
Viviamo e operiamo in un'Italia che ai nostri occhi mostra di aver troppo spesso smarrito la capacità di condivisione e unione su valori fondamentali. Un Paese smarrito, diviso, ingiusto con troppi dei suoi figli e con lo sguardo schiacciato sui bisogni del presente», dice il Presidente di Confindustria.
Ecco perché, «Santità, abbiamo fortemente desiderato questo incontro. Noi rappresentiamo oltre 150mila aziende in cui lavorano più di 5,5 milioni di persone. Il nostro tessuto imprenditoriale è fortemente diversificato e integrato, fatto di imprese grandi, medie, piccole e startup, molte con lo sguardo rivolto all'estero e tutte con radici profondamente ancorate al territorio di origine. Le nostre imprese sono luoghi vivi della comunità, il cui dna è la sintesi tra l'ingegno, l'idea progettuale e creativa e il "fare", il "fare bene" con passione e grande senso di responsabilità per la crescita economica, il progresso e la coesione sociale».
Ma oggi «non siamo qui per la forza che rappresentiamo nell'economia italiana. Siamo qui con le nostre famiglie e i nostri figli. Perché come imprenditrici e imprenditori prima di ogni altra cosa siamo uomini e donne, con il nostro portato di difficoltà grandi e piccole, di preoccupazioni, di aspettative, di fallimenti a volte e di successi altre. Siamo lavoratrici e lavoratori e condividiamo ogni giorno con i nostri collaboratori fatiche e gioie, problematiche da risolvere insieme, innovazioni da ideare e portare avanti.
E siamo padri, madri, figli: viviamo e lavoriamo cercando di fare il nostro meglio, con amore e attenzione per la famiglia, che è certamente quella di origine ma anche quella che si forma, in modo del tutto naturale, all'interno del luogo di lavoro. L'impresa, infatti, non è un mero aggregato di fattori fisici, immateriali e finanziari volti alla miglior produzione. L'impresa è le persone che la fanno e tutte quelle con le quali interagisce.
Diversamente compromette e perde la sua anima: che è quella fondata sull'essere umano, per l'essere umano». Spiega il leader degli industriali: «A procurarci grande preoccupazione non sono solo gli effetti della spaventosa guerra in corso in Ucraina, i costi dell'energia e la perdurante bassa occupazione nel nostro Paese, ma l'onda di smarrimento, sfiducia e sofferenza sociale che esprime una parte troppo vasta della società italiana.
FRANCESCA CHAOUQUI E PAPA FRANCESCO
Una sofferenza alla quale sentiamo l'urgenza di provare a dare una risposta, insieme a tutti gli altri attori della società, convinti che la direzione verso cui andare è quella di garantire il lavoro, che è certamente la questione chiave.
Lavoro che Voi, Santo Padre, avete definito nelle sue caratteristiche: “libero, creativo, partecipativo e solidale”. Quel lavoro “nel quale l'essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”. Siamo consapevoli dei nostri doveri verso la società. Non abbiamo alcuna pretesa di essere perfetti. E a Voi, Santo Padre, ci rivolgiamo per accrescere la nostra buona volontà e i nostri sforzi concreti, ma anche e soprattutto per aiutarci a correggere i nostri errori».
papa francesco guardia svizzera
Il Vescovo di Roma si dice «lieto di potervi incontrare e, tramite voi, rivolgermi al mondo degli imprenditori, che sono una componente essenziale per costruire il bene comune, sono un motore primario di sviluppo e di prosperità».
Questo tempo non e «facile, per voi e per tutti. Anche il mondo dell’impresa sta soffrendo molto. La pandemia ha messo a dura prova tante attivita produttive, tutto il sistema economico e stato ferito». E ora si e aggiunta «la guerra in Ucraina con la crisi energetica che ne sta derivando. In queste crisi soffre anche il buon imprenditore, che ha la responsabilita della sua azienda, dei posti di lavoro, che sente su di se le incertezze e i rischi».
BERGOGLIO IN CANADA CON IL COPRICAPO TRADIZIONALE DEGLI INDIGENI
Nel mercato ci sono «imprenditori “mercenari” e imprenditori simili al buon pastore, che soffrono le stesse sofferenze dei loro lavoratori, che non fuggono davanti ai molti lupi che girano attorno». La gente sa «riconoscere i buoni imprenditori. Lo abbiamo visto anche recentemente, alla morte di Alberto Balocco: tutta la comunita aziendale e civile era addolorata e ha manifestato stima e riconoscenza».
La Chiesa, «fin dagli inizi, ha accolto nel suo seno anche mercanti, precursori dei moderni imprenditori». Nella Bibbia e nei Vangeli si parla «di lavoro, di commercio, e tra le parabole ci sono quelle che parlano di monete, di proprietari terrieri, di amministratori, di perle preziose acquistate. Il padre misericordioso nel Vangelo di Luca ci viene mostrato come un uomo benestante, un proprietario terriero. Il buon samaritano poteva essere un mercante: e lui che si prende cura dell’uomo derubato e ferito, e poi lo affida a un altro imprenditore, un albergatore.
I “due denari” che il samaritano anticipa all’albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda; non solo quelli». In effetti, lo stesso «denaro puo essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze». L’economia cresce e diventa «umana quando i denari dei samaritani diventano piu numerosi di quelli di Giuda», sostiene Jorge Mario Bergoglio.
Ma la vita degli «imprenditori nella Chiesa non e stata sempre facile. Le parole dure che Gesu usa nei confronti dei ricchi e delle ricchezze, quelle sul cammello e la cruna dell’ago, sono state a volte estese troppo velocemente ad ogni imprenditore e ad ogni mercante, assimilati a quei venditori che Gesu scaccio dal tempio».
In realta, si puo essere «mercante, imprenditore, ed essere seguace di Cristo, abitante del suo Regno». La domanda allora «diventa: quali sono le condizioni perche un imprenditore possa entrare nel Regno dei cieli? E mi permetto di indicarne alcune. Non e facile...».
La prima e la «condivisione. La ricchezza, da una parte, aiuta molto nella vita; ma e anche vero che spesso la complica: non solo perche puo diventare un idolo e un padrone spietato che si prende giorno dopo giorno tutta la vita. La complica anche perche la ricchezza chiama a responsabilita: una volta che possiedo dei beni, su di me grava la responsabilita di farli fruttare, di non disperderli, di usarli per il bene comune. Poi la ricchezza crea attorno a se invidia, maldicenza, non di rado violenza e cattiveria».
Gesù dice che e «molto difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio. Difficile, sì, ma non impossibile. E infatti sappiamo di persone benestanti che facevano parte della prima comunita di Gesu, ad esempio Zaccheo di Gerico, Giuseppe di Arimatea, o alcune donne che sostenevano gli apostoli con i loro beni». Nelle prime comunita esistevano «donne e uomini non poveri; e nella Chiesa ci sono sempre state persone benestanti che hanno seguito il Vangelo in modo esemplare: tra questi anche imprenditori, banchieri, economisti, come ad esempio i Beati Giuseppe Toniolo e Giuseppe Tovini.
Per entrare nel Regno dei cieli, non a tutti e chiesto di spogliarsi come il mercante Francesco d’Assisi; ad alcuni che possiedono ricchezze e chiesto di condividerle. La condivisione e un altro nome della poverta evangelica». E infatti l’altra «grande immagine economica che troviamo nel Nuovo Testamento e la comunione dei beni narrata dagli Atti degli Apostoli: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola [...], fra loro tutto era comune [...]. Nessuno tra loro era bisognoso”».
Ma come vivere oggi «questo spirito evangelico di condivisione? Le forme sono diverse, e ogni imprenditore puo trovare la propria, secondo la sua personalita e la sua creativita. Una forma di condivisione e la filantropia, cioe donare alla comunita, in vari modi. E qui voglio ringraziarvi per il vostro sostegno concreto al popolo ucraino, specialmente ai bambini sfollati, perche possano andare a scuola; grazie!».
Per il Papa «molto importante e quella modalita che nel mondo moderno e nelle democrazie sono le tasse e le imposte, una forma di condivisione spesso non capita. Il patto fiscale e il cuore del patto sociale. Le tasse sono anche una forma di condivisione della ricchezza, cosi che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanita, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio.
Certo, le tasse devono essere giuste, eque, fissate in base alla capacita contributiva di ciascuno, come recita la Costituzione italiana». Il sistema e l’amministrazione fiscale «devono essere efficienti e non corrotti. Ma non bisogna considerare le tasse come un’usurpazione. Esse sono un’alta forma di condivisione di beni, sono il cuore del patto sociale».
Un’altra via di «condivisione e la creazione di lavoro, lavoro per tutti, in particolare per i giovani. I giovani hanno bisogno della vostra fiducia, e voi avete bisogno dei giovani, perche le imprese senza giovani perdono innovazione, energia, entusiasmo. Da sempre il lavoro e una forma di comunione di ricchezza: assumendo persone voi state gia distribuendo i vostri beni, state gia creando ricchezza condivisa».
Ogni nuovo posto di lavoro creato «e una fetta di ricchezza condivisa in modo dinamico. Sta anche qui la centralita del lavoro nell’economia e la sua grande dignita. Oggi la tecnica rischia di farci dimenticare questa grande verita, ma se il nuovo capitalismo creera ricchezza senza piu creare lavoro, va in crisi questa grande funzione buona della ricchezza. E parlando dei giovani: io, quando incontro i governanti, in tanti mi dicono: “Il problema del mio Paese e che i giovani vanno fuori, perche non hanno possibilita”. Creare il lavoro e una sfida e alcuni Paesi sono in crisi per questa mancanza». Francesco domanda «questo favore: che qui, in questo Paese, grazie alla vostra iniziativa, al vostro coraggio, ci siano posti di lavoro, si creino soprattutto per i giovani».
CARLO BONOMI E MAURIZIO LANDINI
Tuttavia, il problema del «lavoro non puo risolversi se resta ancorato nei confini del solo mercato del lavoro: e il modello di ordine sociale da mettere in discussione. Quale modello di ordine sociale? E qui si tocca la questione della denatalità». Combinata con il «rapido invecchiamento della popolazione, sta aggravando la situazione per gli imprenditori, ma anche per l’economia in generale: diminuisce l’offerta dei lavoratori e aumenta la spesa pensionistica a carico della finanza pubblica».
Perciò è «urgente sostenere nei fatti le famiglie e la natalita. Su questo dobbiamo lavorare, per uscire il piu presto possibile dall’inverno demografico nel quale vive l’Italia e anche altri Paesi. E un brutto inverno demografico, che va contro di noi e ci impedisce questa capacita di crescere. Oggi fare i figli e una questione, io direi, patriottica, anche per portare il Paese avanti».
Sempre a proposito della natalità: «Alle volte, una donna che e impiegata qui o lavora la, ha paura a rimanere incinta, perche c’e una realta - non dico tra voi - ma c’e una realta che appena si incomincia a vedere la pancia, la cacciano via. “No, no, tu non puoi rimanere incinta”. Per favore, questo e un problema delle donne lavoratrici: studiatelo, vedete come fare affinche una donna incinta possa andare avanti, sia con il figlio che aspetta e sia con il lavoro».
IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA CARLO BONOMI
Il Pontefice pone l’attenzione su un altro tema: «L’Italia ha una forte vocazione comunitaria e territoriale: il lavoro e stato sempre considerato all’interno di un patto sociale piu ampio, dove l’impresa e parte integrante della comunita. Il territorio vive dell’impresa e l’impresa trae linfa dalle risorse di prossimita, contribuendo in modo sostanziale al benessere dei luoghi in cui e collocata. A questo proposito, va sottolineato il ruolo positivo che giocano le aziende sulla realta dell’immigrazione, favorendo l’integrazione costruttiva e valorizzando capacita indispensabili per la sopravvivenza dell’impresa nell’attuale contesto».
Nello stesso «tempo occorre ribadire con forza il “no” ad ogni forma di sfruttamento delle persone e di negligenza nella loro sicurezza. Il problema dei migranti: il migrante va accolto, accompagnato, sostenuto e integrato, e il modo di integrarlo e il lavoro. Ma se il migrante e respinto o semplicemente usato come un bracciante senza diritti, cio e un’ingiustizia grande e anche fa male al proprio Paese».
domenico siniscalco e carlo bonomi
A Bergoglio piace anche «ricordare che l’imprenditore stesso e un lavoratore. E questo e bello eh! Non vive di rendita; il vero imprenditore vive di lavoro, vive lavorando, e resta imprenditore finche lavora. Il buon imprenditore conosce i lavoratori perche conosce il lavoro. Molti di voi sono imprenditori artigiani, che condividono la stessa fatica e bellezza quotidiana dei dipendenti». Una delle «gravi crisi del nostro tempo e la perdita di contatto degli imprenditori col lavoro: crescendo, diventando grandi, la vita trascorre in uffici, riunioni, viaggi, convegni, e non si frequentano piu le officine e le fabbriche.
Si dimentica “l’odore” del lavoro. E brutto». E come succede «a noi preti e vescovi, quando dimentichiamo l’odore delle pecore, non siamo piu pastori, siamo funzionari. Si dimentica l’odore del lavoro non si riconoscono piu i prodotti ad occhi chiusi toccandoli; e quando un imprenditore non tocca piu i suoi prodotti, perde contatto con la vita della sua impresa, e spesso inizia anche il suo declino economico. Il contatto, la vicinanza, che e lo stile di Dio: essere vicino».
Generare occupazione poi produce «una certa uguaglianza nelle vostre imprese e nella societa. E vero che nelle imprese esiste la gerarchia, e vero che esistono funzioni e salari diversi, ma i salari non devono essere troppo diversi. Oggi la quota di valore che va al lavoro e troppo piccola, soprattutto se la confrontiamo con quella che va alle rendite finanziarie e agli stipendi dei top manager. Se la forbice tra gli stipendi piu alti e quelli piu bassi diventa troppo larga – denuncia – si ammala la comunita aziendale, e presto si ammala la societa».
Adriano Olivetti, «un vostro grande collega del secolo scorso, aveva stabilito un limite alla distanza tra gli stipendi piu alti e quelli piu bassi, perche sapeva che quando i salari e gli stipendi sono troppo diversi si perde nella comunita aziendale il senso di appartenenza a un destino comune, non si crea empatia e solidarieta tra tutti; e cosi, di fronte a una crisi, la comunita di lavoro non risponde come potrebbe rispondere, con gravi conseguenze per tutti».
Il valore che «voi create dipende da tutti e da ciascuno: dipende anche dalla vostra creativita, dal talento e dall’innovazione, dipende anche dalla cooperazione di tutti, dal lavoro quotidiano di tutti. Perche se e vero che ogni lavoratore dipende dai suoi imprenditori e dirigenti, e anche vero che l’imprenditore dipende dai suoi lavoratori, dalla loro creativita, dal loro cuore e dalla loro anima: possiamo dire che dipende dal loro “capitale” spirituale, dei lavoratori».
Le sfide della «nostra societa non si potranno vincere senza buoni imprenditori, e questo e vero. Vi incoraggio a sentire l’urgenza del nostro tempo, ad essere protagonisti di questo cambiamento d’epoca. Con la vostra creativita e innovazione potete dar vita a un sistema economico diverso, dove la salvaguardia dell’ambiente sia un obiettivo diretto e immediato della vostra azione economica.
Senza nuovi imprenditori la terra non reggera l’impatto del capitalismo, e lasceremo alle prossime generazioni un pianeta troppo ferito, forse invivibile. Quanto fatto finora non basta: per favore aiutiamoci insieme a fare di piu».