Estratto dell’articolo di Francesco Spini per “la Stampa”
Il destino in un palazzo. L'immagine più evidente (e simbolica) della scissione di Tim che scatta da oggi – da una parte la rete, dall'altra i servizi di telecomunicazione: l'atto sarà siglato questa mattina a Milano presso lo studio del notaio Carlo Marchetti – è lo storico quartier generale di Corso d'Italia, a Roma. A lungo è stato il simbolo del "corpaccione" telefonico. Sebbene la sede legale sia da tempo a Milano, qui c'è sempre stato il via vai dei manager di Stato prima, della finanza padrona poi. […] Da oggi sarà desolatamente vuoto.
Di Tim, in Corso d'Italia, non resterà più niente: lì entro l'estate andrà l'Agenzia per cybersicurezza nazionale guidata da Bruno Frattasi. Ventimila dipendenti dell'ex monopolista del telefono da oggi si occuperanno solo di rete: non lavoreranno più per Telecom Italia ma per una società nata tre anni fa, FiberCop, per acquisire la rete secondaria di Tim, che va dall'armadietto stradale fino all'utenza.
Sarà guidata dall'ex numero uno delle Ferrovie, Luigi Ferraris, mentre presidente resterà Massimo Sarmi: oggi un'assemblea e un cda provvederanno a nominare i vertici. Anche la sede legale di FiberCop sarà a Milano, in via Giacosa, mentre a Roma il quartier generale sarà in via Oriolo Romano.
Alla società - controllata dall'americano Kkr e partecipata dal Tesoro (fino al 20%) oltre che da F2i (10% circa) e da alcuni coinvestitori del fondo Usa - oggi sarà conferita anche la rete primaria. Di questa venderà all'ingrosso l'accesso a tutti gli operatori, Tim inclusa.
La sfida del futuro sarà la fusione con Open Fiber per creare la rete unica (nel giro di qualche anno finirà quotata in Borsa) e permettere a Tim di innalzare l'incasso dalla vendita della rete da 18,8 a 22 miliardi.
Tim, invece, resterà con circa 16.500 dipendenti […] agirà solo come una società commerciale di servizi ai consumatori (Consumer) e servizi evoluti per le imprese (Enterprise) e continuerà ad avere il controllo di Tim Brasil. In capo a Tim, presieduta dopo il recente rinnovo del consiglio da Alberta Figari, e guidata da Pietro Labriola, resterà anche una (piccola) parte dell'infrastruttura: la dorsale (il cosiddetto backbone), tutti e 16 i data center e la rete mobile.
Il traguardo che sarà tagliato oggi, con lo spin-off della rete e la sua vendita, pareva irraggiungibile, dopo i tanti tentativi andati a vuoto. La volontà del governo e la caparbietà del management hanno superato anche gli ostacoli frapposti da Vivendi, il primo azionista francese (col 23,75%) di Tim, che contesta, anche in tribunale, le modalità con cui è avvenuta la cessione della rete.
Dietro di questa, però, non c'è tanto una visione industriale quanto la necessità di liberare Tim dal giogo del debito. Da 21,4 miliardi (after lease) entro fine anno scenderà a 7,5, e potrebbe ulteriormente abbassarsi in virtù della vendita di Sparkle, la società dei cavi sottomarini internazionali, per cui c'è in pista una cordata composta dal fondo spagnolo Asterion e dal Tesoro che potrebbe presentare una nuova offerta.
I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA
Senza rete, «saremo liberi di competere», ha detto l'ad Pietro Labriola. Il futuro di Tim sarà nel prossimo risiko di un settore ipermaturo che oggi ha troppi concorrenti. Il mercato vede due possibili obiettivi per Tim: Iliad (che però sembra indossare più i panni del cacciatore che della preda) o Poste Mobile. […]
VINCENT BOLLORE TIM CORSO DITALIA pietro labriola