Estratto dell’articolo di Mauro Del Corno per https://www.ilfattoquotidiano.it
Nel 2022 l’industria italiana è riuscita a reggere l’impatto dell’inflazione, con una crescita del fatturato nominale del 30,9% e dello 0,6% in termini reali. Non altrettanto si può dire per i lavoratori che risultano “la componente maggiormente penalizzata in termini di potere d’acquisto, con una perdita stimata intorno al 22%”, per effetto di un costo medio unitario del personale cresciuto solo del 2%.
Lo rileva l’Area studi Mediobanca nell’ indagine annuale sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione. Uno studio che prende in esame 2150 società rappresentative del il 48% del fatturato industriale. Chissà se fischieranno le orecchie al presidente di Confindustria Carlo Bonomi che non perde occasione per ricordare la generosità degli stipendi erogati dagli associati. […]
Eppure, scrive Mediobanca, nel 2022 le società industriali e terziarie italiane “hanno segnato performance decisamente positive” sul fronte della marginalità e della redditività, con utili cresciuti del 26,2%, un valore aggiunto salito del 7,7%, un margine operativo netto aumentato del 21,9% mentre l’utile lordo prima delle componenti straordinarie ha registrato un +9,6%. […] Che i lavoratori italiani stiano soffrendo pesantemente l’inflazione (a differenza dei loro datori di lavoro) non è una novità ma i dati di Mediobanca mettono nero su bianco una disparità impressionante.
ignazio visco foto di bacco (5)
Si parte da una situazione retributiva già gravemente depressa. L’Italia è l’unico tra i paesi dell’Ocse dove i salari sono oggi più bassi di 30 anni fa. […] La stessa Ocse ha segnalato come i dipendenti italiani siano i più penalizzati in termini di perdita di potere d’acquisto. […] Non hanno aiutato i continui inviti del governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco per una moderazione degli aumenti salariali nel timore che buste paga (un po’) più pesante contribuiscano a spingere l’inflazione.
Visco sembra però aver perso un qualche incontro alla Banca centrale europea. Qualche tempo fa Francoforte ha scoperto che l’inflazione è dovuta in larga misura alla scelta delle aziende di aumentare i prezzi in proporzione maggiore rispetto ai costi. L’entità del rischio di una “rincorsa” tra prezzi e salari è stata dunque molto ridimensionata. Alla stessa conclusione è giunto il Fondo monetario internazionale.
[…] Depurata dall’inflazione la crescita reale dei ricavi si riduce all’1,4% per l’industria in senso stretto e all’1,3% per la manifattura, al cui interno la crescita del comparto alimentare scende da un 16,3% nominale a uno 0,9% reale. Ma c’è chi ha segnato performance rilevanti anche in termini reali, come la moda (+18% le lavorazioni della pelle, +14,8% l’abbigliamento e +9,7% il tessile), l’elettronica (+10,6%) e il farmaceutico-cosmetico (+9,7%). totale e del +8,5% all’estero.
SALARIO MINIMO - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY
Chi ha sofferto di più, in termini reali, nonostante la crescita dei fatturati nominali, sono stati i settori energivori, che hanno scontato maggiormente la corsa delle quotazioni di gas ed elettricità. Il settore metallurgico ha perso il 3% in termini reali (+19,7% il fatturato nominale), la chimica il 2,2% (+20,3% nominali) mentre i prodotti per l’edilizia l’1,6% (+18,9% in termini nominali). All’interno della produzione manifatturiera si segnala la performance, in termini reali, della filiera del made in Italy (+3,8% il fatturato totale, +5% oltreconfine) a conferma del crescente apprezzamento delle produzioni italiane, soprattutto sui mercati esteri.