Maurizio Stefanini per “Libero quotidiano”
CARLOS TAVARES JOHN ELKANN - STELLANTIS
Insegnamento della Guerra in Ucraina e relative conseguenze: meglio non fidarsi di regimi autoritari! Vale per la Russia, ma vale anche per la Cina, e non è lo slogan di un idealista, ma la constatazione di una società da sempre rotta a tutti i compromessi pur di fare soldi.
Parliamo di Stellantis: giusto l'erede di quella Fiat che ai tempi dell'Urss non si fece troppi problemi a realizzare Togliattigrad. Ma erano altri tempi. «Negli ultimi cinque anni in Cina dialogando con i nostri partner ho registrato un aumento dell'influenza della politica sul business, con una pressione in crescita», dice Carlos Tavares, Ad del gruppo. Più o meno, è l'analisi che ha appena dato il politologo Vittorio Emanuele Parsi nel suo ultimo libro Titanic quando ha definito quello cinese un «capitalismo di concessione».
È questo il contesto in cui si trova ad agire anche Gac Motor: il gruppo di Canton che dopo essere partito fabbricando ricambi meccanici nel 1986 era passato a produrre direttamente automobili grazie a un accordo con Peugeot. E con Stellantis c'era appunto una Joint Venture. Ma adesso Tavares vi ha posto fine. Come ha spiegato nel presentare i risultati del primo semestre 2022, «loro non hanno eseguito i termini del nostro accordo: la consideriamo una violazione dei termini, non possiamo lavorare con un partner che non rispetta gli impegni».
«Noi siamo una compagnia occidentale e operare in sistemi politici poco democratici presenta dei rischi. Lo abbiamo imparato nel caso dell'Iran e della Russia. E credo che ci siano alcuni nostri concorrenti vulnerabili alle tensioni in Cina». Dunque, adesso Stellantis ha sottoscritto un accordo con la democratica Taiwan per assicurarsi le forniture di semiconduttori e batterie per auto elettriche a partire dal 2030.
E non solo Stellantis non ne può più dei cinesi. A sua volta il Giappone ha deciso sussidi fino a 92,9 miliardi di yen, quasi 670 milioni di euro, per un nuovo impianto di produzione di semiconduttori, giudicandoli anch' esso tra i prodotti strategici per l'economia nazionale dopo lo scoppio della pandemia e della guerra in Ucraina.
Lo stabilimento, in allestimento a Yokkaichi, nella prefettura di Mie, nel Giappone centrale, è un investimento del principale produttore nazionale di chip Kioxia Holdings Corp., in collaborazione con il partner statunitense Western Digital Corp., e realizzerà chip di memoria flash 3D di sesta generazione da impiegare nel settore automobilistico e nei data center. «Con il contributo offerto dal governo, il Giappone punta a supportare la produzione di chip di memoria flash avanzati nel paese, prodotti la cui domanda sta crescendo e di cui ad oggi solamente Kioxia possiede il know how per la produzione», ha detto il ministero dell'Industria.
E anche il Senato Usa ha deciso sussidi per 280 miliardi di dollari per far crescere produzioni tech che permettano di fare a meno della Cina. Con un voto insolitamente bipartisan: ma repubblicani e democratici sembrano aver capito che si può litigare su altre cose, ma non su queste.
Come ricorda il New York Times, si tratta del più significativo intervento del governo di Washington nella politica industriale da decenni a questa parte. A votare a favore sono stati 64, contro i 33 contrari. E tra i sì anche 17 repubblicani. 52 miliardi di dollari saranno in sussidi che andranno a sommarsi a sgravi fiscali per portare la produzione di chip e semiconduttori negli Stati Uniti.
Altri 200 miliardi di dollari saranno destinati alla ricerca scientifica, in particolare nel campo dell'intelligenza artificiale, della robotica, dei computer quantistici e in altre tecnologie di ultima generazione. Anche esponenti dell'amministrazione Trump come l'ex segretario di Stato Mike Pompeo e l'ex consigliere di sicurezza nazionale H.R. McMaster si sono dichiarati a favore.
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