Roberta Amoruso per “il Messaggero”
Per il mercato è una questione di «credibilità» della Bce. Nella riunione di domani, l'Eurotower dovrà dare un nuovo segnale di continuità nell'azione di sostegno alla ripresa europea. Gli analisti ne sono convinti. E lo farà aumentando il programma di acquisto per l'emergenza pandemica (Pepp) di almeno 500 miliardi rispetto ai 750 miliardi annunciati il 18 marzo. Potrebbe anche arrivare al raddoppio, secondo qualcuno, oltre a rinviare la scadenza, fissata a dicembre di quest'anno, fino a giungo-settembre 2021.
Vuol dire prenotare un'altra fetta importante di debito di italiano, già fortemente presente nel suo portafoglio. Secondo i calcoli degli economisti di Unicredit, entro fine anno potrebbe avere fino al 27% del debito italiano in circolazione (circa 580 miliardi). Un incremento notevole, osserva Chiara Cremonesi, rispetto al 17% di fine 2019, compatibile con il ridimensionamento del peso degli investitori esteri (che scenderebbe dal 33% di febbraio al 26.6% di dicembre) registrato nelle ultime settimane, e con un impegno stabile da parte degli investitori italiani.
Se queste previsioni saranno confermate, i risparmiatori residenti e la Bce controllerebbero insieme il 73% dei titoli del Tesoro in circolazione. Una buona notizia non solo per la stabilità dello spread tra Btp e Bund, ma anche per l'impatto positivo sui costi della raccolta. L'impatto diretto è evidente, considerato l'effetto backstop provocato dalla grande mano Bce sulla vulnerabilità dei titoli italiani. Ma c'è anche un ritorno indiretto, visto che la Banca d'Italia si trova a incassare vagonate di interessi dal ministero del Tesoro destinati a ritornare a Via XX Settembre sotto forma di dividendi.
FORTI RISPARMI
Il risultato è che se a fine 2012 il Tesoro pagò circa 80 miliardi di interessi sul debito italiano (di cui 66 sui soli titoli in circolazione, pari a 1,63 trilioni di euro) con un costo medio del 4,05%, nel 2019 il costo medio è sceso al 2,64% su un debito negoziabile ben più ampio, oltre 2 trilioni di euro e interessi per 59 miliardi, (di cui 53 miliardi relativi ai titoli in circolazione).
Nel 2020 le cose andranno ancora meglio, secondo le valutazioni di Unicredit. Ciò anche grazie alla Bce che, aggiunge ancora Cremonesi, potrebbe anche arrivare a dedicare oltre il 50% degli acquisti Ue proprio ai titoli italiani, se verrà confermato per il resto dell'anno il ritmo stimato ad aprile.
Intanto ieri l'Eurotower ha reso noto per la prima volta i numeri del piano d'acquisti. Nei primi due mesi del programma pandemico Pepp, la Bce ha acquistato titoli di Stato italiani per 37,36 miliardi ai quali si aggiungono gli acquisti per 2,85 miliardi effettuati attraverso il canale Qe2, rispetto al totale degli acquisti che ha toccato 234,6 miliardi, di cui 186,6 in titoli di Stato.
Gli acquisti di Btp nell'ambito del Pepp sono stati dunque pari al 20% circa del totale, più del 17% legato al tetto in vigore fino a marzo (detto capital key). Nello stesso periodo, sono infatti stati acquistati tramite Pepp 46,74 miliardi di Bund tedeschi. Alle spalle dell'Italia la Francia, con acquisti per 23,5 miliardi e la Spagna con acquisti per 22,4 miliardi.
Ma la principale deviazione dalla chiave-capitale è andata come previsto all'Italia, seguita da Spagna e Germania mentre la Francia sarebbe stata più penalizzata. La Germania resta il Paese con più titoli di Stato acquistati nel Pepp, come nel Qe. Un elemento che rafforza la posizione della Bce nei confronti dei rilievi della Corte costituzionale tedesca. Il Qe della Bce ha dunque ufficialmente sfondato quota 3.000 miliardi di titoli acquistati. Ma nella riunione di domani c'è un altro tema che potrebbe chiarire meglio l'Eurotower: il trattamento dei cosiddetti angeli caduti, i titoli che hanno perso il bollino «investment grade».