Marco Bresolin per “La Stampa”
Non decolla in Europa la proposta americana di introdurre dazi sul petrolio russo. Almeno non nell'immediato. Janet Yellen, segretario al Tesoro Usa, è arrivata nel Vecchio Continente per rilanciare l'idea già discussa un mese fa al G7 dei ministri delle Finanze a Washington: stabilire un meccanismo per controllare il costo del greggio di Mosca - attraverso l'introduzione di dazi o la fissazione di un prezzo - in modo da ridurre i guadagni del Cremlino.
Ma al G7 in Germania l'idea si è scontrata con i dubbi dei padroni di casa e così l'iniziativa è stata per il momento accantonata. «Dalle discussioni non è emersa una strategia chiara sui dazi al petrolio» ha ammesso a fine giornata Yellen.
Il problema è che sulla questione i governi europei non sono tutti sulla stessa linea: accanto allo scetticismo tedesco c'è infatti l'interesse italiano. Del resto era stato proprio il premier Mario Draghi a ventilare l'ipotesi di fare cartello con gli altri acquirenti di petrolio russo con questa finalità, visto che il sistema può funzionare solo se applicato da un numero significativo di "clienti".
Anche la Francia non ha espresso riserve, ma a Parigi è in corso il cambio di governo e il ministro Bruno Le Maire non era presente alla riunione del G7. In questa situazione, per la Commissione europea non è certo facile prendere una posizione.
«C'è un interesse degli Usa sull'idea di un tetto al pezzo del petrolio russo - si è limitato a dire il commissario Paolo Gentiloni a margine del vertice con i ministri - e c'è una proposta sull'embargo al petrolio russo».
Fonti americane hanno fatto trapelare al New York Times la possibilità di adottare questo meccanismo come sanzione secondaria: in pratica verrebbero sanzionati i Paesi che accettano di pagare il petrolio russo al di sopra di una determinata soglia.
Ma è chiaro che una tale misura funzionerebbe soltanto in caso di un accordo con l'Europa, diversamente si creerebbe uno scontro sull'asse transatlantico che al momento si vuole evitare
Ursula von der Leyen, però, per ora preferisce concentrarsi sul sesto pacchetto di sanzioni Ue. A nulla sono valsi gli appelli di Yellen, che aveva parlato di soluzioni «complementari» e durante l'incontro a Bruxelles le aveva suggerito di introdurre i dazi sin da subito, in attesa dell'entrata in vigore dell'embargo.
vladimir putin e la cravatta di marinella 6
Il punto è che su questo fronte continua lo stallo. Con l'Ungheria si discute di un contributo di 770 milioni di euro: 550 per riconvertire le raffinerie e 220 per la realizzazione dell'oleodotto verso la Croazia. Intanto però alcuni partner europei iniziano a spazientirsi: è il caso della Polonia, che ha sollevato obiezioni sulle deroghe concesse ai suoi (ex?) alleati di Visegrad (Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca), i quali avranno più tempo per azzerare gli acquisti di petrolio russo. Varsavia ha chiesto un meccanismo per vietare la vendita verso gli altri Paesi dei prodotti realizzati con il greggio acquistato in deroga alle sanzioni e ha sostenuto l'idea di introdurre dei dazi.
Ma l'energia si conferma il vero tallone d'Achille dei Paesi Ue, che restano divisi anche sul sistema del pagamento in rubli. Polonia e Bulgaria si sono rifiutate di adeguarsi alle richieste del Cremlino e sono rimaste senza gas. La società finlandese Gasum ha deciso di fare lo stesso e infatti le forniture verranno interrotte.
Ma le altre vanno nella direzione opposta. Anche la tedesca Uniper dovrebbe seguire l'italiana Eni, nonostante la Commissione europea continui a «sconsigliare» l'apertura del secondo conto in rubli presso Gazprombank perché così «c'è il rischio di violare le sanzioni». La Commissione ha inoltre ricordato che spetta ai singoli Paesi «attuare le sanzioni e vigilare sulla loro applicazione».
Ma è proprio il concetto di «rischio» che secondo i governi non offre sufficienti garanzie giuridiche per imporre alle società lo stop degli acquisti. Secondo il Cremlino, a oggi «circa la metà dei 54 clienti di Gazprom ha aperto i conti correnti presso Gazprombank», in linea con il decreto.
IlParlamento europeo ha invece chiesto di includere nella lista delle sanzioni anche l'ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder per i suoi incarichi all'interno di Rosneft e NordStream, società russe attive nel settore dell'energia. Intanto il Bundestag ha deciso di togliergli l'uso del suo ufficio, ma l'ex leader socialdemocratico continuerà a percepire la pensione e ad avere una guardia del corpo pagata dai contribuenti tedeschi. -
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