Fabio Pavesi per www.affaritaliani.it
Lui è uno degli avvocati d’affari più potenti e influenti d’Italia. Ed è balzato una volta di più agli onori della cronaca per essere entrato nella task force degli esperti di Colao per l’emergenza coronavirus.
Ma Stefano Simontacchi, ex allievo del Leone XIII, scuola privata d’élite della Milano bene, brillante laurea in economia e presidente dello studio Bonelli Erede, è stato anche la mente legale dell’Opa che ha portato Urbano Cairo al comando di Rcs.
Cairo lo stima a tal punto che l’ha voluto nel Cda della casa editrice del Corriere della Sera. Per dimostrare di credere e molto alla nuova avventura imprenditoriale dell’amico Urbano, l’avvocato dello studio Bonelli Erede ha comprato azioni Rcs già nel 2016, l’anno della contesa a suon di Opa tra Cairo e Bonomi.
Si deve essere stancato però di fare il piccolo socio di Rcs. Infatti è uno dei pochi possessori di titoli tra gli azionisti-manager rilevanti ad aver già venduto l’intero pacchetto.
urbano cairo foto mezzelani gmt008
L’ha fatto, come emerge dalla documentazione presentata per l’assemblea di Rcs dell’altro ieri, nel febbraio dell’anno scorso. Ha venduto 460mila azioni azzerando la sua partecipazione a prezzi tra 1,45 e 1,47 euro per un controvalore monetario di 671mila euro. L’ha fatto ai prezzi massimi del titolo degli ultimi 5 anni e beneficiando di una plusvalenza di almeno 200mila euro.
Fiuto per la Borsa da parte del grande avvocato d’affari che si è liberato della vesta di azionista guadagnandoci. Chapeau.
Certo è che per Simontacchi che godrà da avvocato d’affari di parcelle milionarie, questa toccata e fuga in Borsa equivale a peanuts. Un piccolo contentino che non cambia certo il suo profilo patrimoniale. Quasi un divertissement.
Però l’avvocato caro al patron di Rcs non era un socio qualunque. Siede nel consiglio di amministrazione da 3 anni ed è uomo di fiducia dello stesso Cairo. Quando uomini così vendono i titoli delle società che amministrano non è mai un bel segnale per il mercato. La fiducia è un bene prezioso, perché svenderlo per una manciata di spiccioli?