Innocenzo Genna per www.lastampa.it
Un gruppo importante di telco europee, tra cui l’italiana TIM, ha scritto a Bruxelles chiedendo una tassa sui grandi operatori Internet, ad esempio Google e Netflix, per il c.d. utilizzo delle loro reti di telecomunicazioni. La Commissione europea già da tempo segue il dibattito, il cui percorso appare fin d’ora lungo e accidentato.
Infatti la dottrina del «fair share», così è denominata la richiesta delle telco di farsi remunerare dagli operatori Internet, appare opinabile già dal punto di vista tecnico, tanto da essere stata rinominata “Internet tax” dai detrattori. In effetti, sono proprio i servizi Internet delle grandi piattaforme globali a dare un senso alle reti telecom europee, che senza tali servizi avrebbero ben poco da trasmettere.
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Inoltre, le stesse istituzioni europee hanno costantemente analizzato i mercati di riferimento, cioè interconnessione IP e peering, ma senza mai trovare disfunzioni tali da dover intervenire. Difficile quindi che lo scenario tecnico-concorrenziale sia cambiato all’improvviso.
Resta però sullo sfondo il tema economico-politico del dibattito, che ne funge da motore: il settore telecom europeo soffre per la caduta di marginalità e profitti, a causa della concorrenza nei prezzi e della necessità di investire in nuove reti, in particolare fibra e 5G. Però tale sofferenza non é uguale per tutti, in quanto le telco europee sono in crisi come le famiglie infelici di Lev Tolstoj in Anna Karenina: ognuna è in crisi a modo suo.
Vi sono operatori schiacciati da debiti pesanti risalenti a passate gestioni (come la nostra TIM), ma anche altri, come Deutsche Telekom, che sono floridi ma vedono acuirsi il gap, finanziario e di capitalizzazione, tra essi e gli operatori Internet globali. Vi sono poi operatori di rete che sono rimasti silenti perché non convinti del dibattito, ma che non rifiuterebbero un sussidio da Google, fino a quelli che invece le reti l’hanno praticamente già fatte, ad esempio Stokab in Svezia per la fibra ed Elisa in Finlandia per il 5G, i quali, essendoci riusciti senza le sovvenzioni di una Internet tax, potrebbero vedere come distorsiva questa misura.
La Commissione dovrà trovare la quadra tra tutte queste visioni diverse e confliggenti, stando attenta a non violare le norme esistenti, in particolare quelle sulla concorrenza e sulla net neutrality, e tenendo conto del fatto che il settore telecom è soprattutto vittima di sé stesso, cioè di aver vissuto riccamente ai tempi della telefonia tradizionale ma di non essersi saputo adeguare all’avvento delle nuove tecnologie e dell’economia dei dati.