Estratto dell’articolo di Benedetta Cosmi per “la Stampa”
Partiamo da Oxford. Per capire cosa sta succedendo alle Università. Ce l’abbiamo sotto gli occhi, in Italia, la precarietà e i giovani che si sentono respinti. Ma andiamo dove non ci aspetteremmo di trovare «la miccia», nel prestigio di una istituzione, che non si sarebbe potuta permettere la «Gig economy accademica». Quella «economia dei lavoretti» che incastra una intera generazione di studiosi, «senza previdenza, assistenza, congedi di maternità».
Le borse di dottorato, anche in Italia, legalmente non sono un compenso per un lavoro svolto, anche se sono state una lunga copertura a compiti extra, dalla didattica ai laboratori (impiegate per supplire il personale amministrativo). Hanno lasciato anni di buchi contributivi nelle vite dei trentenni, bisogna avere il coraggio di rifletterci. […]
Le università iscrivono sempre più studenti ai corsi post-laurea, sostenuti dalle ingenti tasse di giovani e famiglie nazionali e internazionali, generando liquidità, senza la necessità di grossi investimenti. Mentre un numero massiccio di ricercatori ha «contratti a tempo», come diretta conseguenza del modello di finanziamento della Ricerca» […]
Ad Oxford dal 2006 al 2021 il numero di studenti «post-laurea» è quasi raddoppiato ma a sorreggere il sistema è chi non potrà pagare gli studi ai figli, anzi al momento non ne fa.