Antonella Olivieri per il Sole 24 Ore - Estratti
Telecom senza rete: l’ossimoro dell’incumbent. Un operatore che rinuncia a gestire un’attività infrastrutturale con una marginalità superiore al 40% per sviluppare un business più volatile che oggi rende la metà, con il grosso dei ricavi concentrati su un mercato domestico che negli ultimi anni si è prosciugato più di ogni altro in Europa.
Follia? In realtà una scelta senza alternative perché Telecom Italia, gravata da un debito che è arrivato a sfiorare i 33 miliardi, non poteva permettersi di tenere in casa la gallina dalle uova d’oro senza farla morire di fame. Una svolta che, da una parte, consente al gruppo di superare l’incubo del debito e, dall’altra, lo libera dai vincoli regolamentari, ma per sfidare le insidie di un mercato che da tempo sembra essersi ripiegato su se stesso.
I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA
L’illusione ottica del reddito La foto ufficiale della Netco è stata scattata in occasione della presentazione del piano al Capital market day del 7 luglio 2022, quando sono stati estrapolati i dati sulla rete (inclusi i cavi internazionali): ricavi per 5,3 miliardi (nel 2021) con un Ebitda after lease di 2 miliardi, per un’incidenza del 38%. La redditività risulterebbe di gran lunga superiore al 40% se i dati della Netco fossero stati forniti senza considerare Sparkle, che dovrebbe chiudere il 2023 con ricavi intorno al miliardo, Ebitda after lease superiore a 0,1 miliardi, con il saldo Ebitda al-Capex pari a circa il 4% dei ricavi. Sotto il profilo della marginalità, con la cessione della rete Tim va a perderci, se si considera che per l’intero gruppo nel 2022 il margine Ebitda after lease si collocava al 32,1% dei ricavi, al netto dei contributi per la telefonia.
(…) La sola cessione della rete - valutata da Kkr 18,8 miliardi, prima di eventuali earnout - è in grado di dimezzare la leva (indebitamento netto/Ebitda after lease) da 4 a meno di 2.
pietro labriola a Italian Tech Week
Un buon affare per Kkr Un buon affare lo fa sicuramente Kkr, che nel 2030, a stare alle proiezioni del piano, avrà da rivendere un’infrastruttura ammodernata che, anche senza considerare l’eventuale unificazione con Open Fiber, tornerà a essere estremamente redditizia.
Per la fine del decennio le proiezioni (che includono Sparkle) stimano esigenze di Capex dell’ordine di 800 milioni, meno del 15% dei 5,4 miliardi di ricavi previsti. L’Ebitda after lease dovrebbe raggiungere 2,7 miliardi (margine al 50%) e, tolto il Capex, resterebbe un saldo di cassa di 1,9 miliardi, pari a oltre il 35% dei ricavi.
L’Europa darà una mano: andranno infatti alla Netco gli 1,6 miliardi del Pnrr (di cui 700 milioni appena incassati) che spettano a Tim solo per la cablatura delle aree grigie, quelle a parziale fallimento di mercato.
Una sfida senza rete Il problema di Tim è il mercato domestico, lo scorso anno in rosso già a livello di Ebit. In queste condizioni non c’è da stupirsi se Telecom non paga dividendi da anni. Il problema in particolare è l’area consumer, che è quella che apporta più ricavi, ma sul contributo all’Ebitda si fa bagnare il naso da Tim Brasil, che ha margini superiori a un incumbent. Nella somma delle parti gli analisti assegnano un valore negativo all’area
kravis kkr CAVI FIBRA TIM PIETRO LABRIOLA TIM PIETRO LABRIOLA
(...)