Estratto dell’articolo di Francesco Spini per “La Stampa”
Il tempo delle diplomazie è terminato. Il 28 ottobre all'assemblea di Mediobanca sarà scontro. La lista che il cda di Piazzetta Cuccia nella riunione di domani metterà a punto sulla scorta dei nomi approvati ieri dal comitato nomine, assistito nell'occasione dalla lead independent director Angela Gamba e dai cacciatori di teste di Spencer Stuart, non include nessuna indicazione di Delfin.
La finanziaria della famiglia Del Vecchio, socia col 19,8%, si prepara a scendere in campo da sola con una lista di minoranza. La scelta resta da confermare, ma si va verso uno schieramento di 7 candidati (su un cda a 15) per avere, in caso di vittoria, una minoranza incisiva che rischia di spaccare in due il consiglio.
La fine delle trattative portate avanti tutto agosto e nei primi giorni di settembre è stata certificata la settimana scorsa dallo stesso comitato nominato di Mediobanca che ha giudicato incompatibili le posizioni di Delfin con la governance della banca. […]
L'accordo si è dimostrato impossibile. Posizioni distanti da subito, rivelatesi inconciliabili. Delfin ritiene di avere subito una trattativa in cui il management di Piazzetta Cuccia, offrendo 4 posti, di cui uno destinato al secondo socio Francesco Gaetano Caltagirone, avrebbe cercato l'umiliazione del primo azionista (sebbene solo finanziario, in quanto inibito dalla Bce nelle ambizioni di governance) prima proponendo ben 22 impegni, poi riducendoli a 6 e infine rispondendo picche anche alla richiesta che, a detta di alcune fonti finanziarie, avrebbe fatto passare in secondo piano gli altri punti di divergenza: la nomina di un nuovo presidente condiviso.
A Mediobanca, invece, non hanno mai creduto che il punto fosse la sostituzione di Renato Pagliaro, che il comitato nominato ieri ha rimesso in cima alla lista, così come al secondo posto ha proposto la riconferma dell'ad Alberto Nagel, seguito dal dg Francesco Saverio Vinci.
Da Piazzetta Cuccia hanno interpretato quella di Francesco Milleri, presidente di Delfin, come una lotta di potere per cambiare radicalmente il consiglio (i due terzi) come si fa in una banca che ha dei problemi e ridiscutere un piano industriale già in pieno svolgimento e apprezzare dal mercato, anche attraverso una commissione che avrebbe dovuto dare indicazioni al management su come svilupparlo. Insomma, un commissariamento. Di qui lo stop a ogni possibile intesa che proietta la banca su uno scenario di contrapposizione.
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FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO
È il secondo tempo della partita che un anno fa vide Francesco Gaetano Caltagirone, senza riuscirvi, insidiare alle Generali il candidato del cda con una lista e un annuncio alternativi.
Ora non ci saranno candidati alla guida della banca diversi da Nagel, ma gli esiti saranno ugualmente imprevedibili: cosa ne sarà della stabilità della banca nel caso il listone di minoranza dovesse vincere? Domani il consiglio varerà una sostanziale riconferma della lista di tre anni fa, con 4 novità (due uomini e due donne) per sostituire 4 dei 5 consiglieri non ricandidabili: alcuni per limite d'età, mentre Gabriele Villa, non più confermabile come indipendente, sarà sostituito dal consigliere in più che lo statuto destina alle minoranze.
In Piazzetta Cuccia si profila anche una seconda sfida, che riguarda il collegio sindacale. Secondo alcune fonti Delfin sarebbe pronta a presentare anche una lista per il rinnovo dell'organo di controllo. Colomba, come è noto, si assicura il presidente – la figura più incisiva nell'organismo di vigilanza interna – chi prende meno voti.
Tre anni andò alla lista presentata dal socio Mediolanum «su delibera conforme» del patto di consultazione. Quest'anno, anche questa farà parte della manovra a tenaglia che Milleri muove su Nagel, mentre Caltagirone attende la rivincita sulle Generali.