Raffaele D'Ettorre per "il Messaggero"
L'incubo sembra non finire mai per Meta (ex Facebook). Dopo una chiusura d'anno segnata da accuse e controversie, giovedì scorso l'azienda fondata da Mark Zuckerberg ha incassato la peggior disfatta azionaria della sua storia, chiudendo al -26% dopo aver pubblicato i risultati del quarto trimestre fiscale 2021. Immediato il pollice verso degli investitori, che hanno giudicato quei risultati «deludenti», bruciando così in un sol colpo 232 miliardi di dollari dalla capitalizzazione della società.
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Ma c'è un altro dato che spaventa ancora di più i vertici di Menlo Park: per la prima volta nei suoi 18 anni di storia Facebook conta una diminuzione del numero di utenti giornalieri, che da 1 miliardo e 930 milioni dell'ultimo trimestre 2021 passano a 1 miliardo e 929 milioni di fine dicembre, con un calo complessivo di circa un milione di utenti.
IL SEGNALE
Possono sembrare cifre minime in rapporto alla popolazione complessiva ma il segnale di fondo è chiaro: per un'azienda che ha sempre puntato tutto sull'afflusso di nuovi utenti, una decrescita significa che questo modello non è più sostenibile. Il primo nodo da sciogliere sarà quello del mercato pubblicitario, che poi è il core-business di Facebook.
Gli inserzionisti stanno ancora digerendo il contraccolpo delle recenti novità introdotte da Apple, che da qualche tempo obbliga chiunque voglia sviluppare app per il suo ecosistema (Meta compresa) a chiedere esplicitamente il consenso degli utenti per la profilazione ai fini pubblicitari. Un limite che ha spinto gli investitori verso i più redditizi lidi di Mountain View, dove Google a differenza di Facebook - può ancora operare sul mercato pubblicitario in relativa autonomia e che oggi già vince la partita proprio su quelle inserzioni nel settore e-commerce tanto care a Zuckerberg.
E Meta prevede che nel prossimo anno lo sgambetto di Apple costerà alla società 10 miliardi di dollari. Sempre Google chiude intanto con Apple un accordo da 15 miliardi per mantenere il motore di ricerca di Mountain View come scelta predefinita sui dispositivi della Mela. Mentre in casa il nemico si raduna, nuove minacce arrivano anche da oltreoceano.
Alla decrescita di Facebook ha contribuito infatti la concorrenza (come ha ammesso di recente lo stesso David Wehner, direttore finanziario di Meta) e gli occhi puntano subito a Oriente, verso la cinese TikTok, la piattaforma social dall'ascesa inarrestabile che dai 500 milioni di utenti attivi nel 2019 ha da poco superato il miliardo e che oggi morde senza tregua i talloni del colosso di Zuckerberg.
A Menlo Park hanno cercato più volte di risolvere il problema TikTok provando prima a comprare il suo predecessore (la app Musical.ly che, fusa con un'altra app, Douyin, ha creato TikTok), poi accusandola di censura e infine imitandone alcune funzionalità, come quel Reels di Instagram introdotto a fine 2020 che consente di registrare brevi video di 15 secondi, la stessa durata di quelli di TikTok.
GLI SCENARI
Oggi Menlo Park sta spostando la partita su mercati relativamente vergini come quello dell'India che, con una popolazione di 1.3 miliardi di persone, rappresenta un bacino d'utenza estremamente appetibile, anche perché lì il social cinese risulta bandito.
Ma c'è un problema generazionale di fondo che Meta non ha saputo affrontare, perché TikTok è stata capace, più di ogni altro social, di intercettare la nuova ondata di utenti della generazione Z, quei nativi digitali nati e vissuti a cavallo del 2000 di cui la app cinese è diventata subito simbolo anche grazie a un controllo meno stringente dei contenuti, oggi vero punto debole di Facebook e Instagram a seguito delle controversie sorte negli ultimi mesi.
Difficile infatti negare che in questa crisi pesi anche il complesso rapporto tra Meta, opinione pubblica e legislatori dopo le accuse dell'ex dipendente Frances Haugen. Per sfuggire a un passato complicato Facebook ha scelto la via più breve, cambiando nome e cercando una rinascita nel metaverso. Zuckerberg ci crede così tanto che ha persino realizzato un supercomputer, l'Rsc, che lavorerà sui nuovi social 3D a tempo pieno.
Ma la via più breve non sempre è la più sicura, e sulla via del metaverso i vertici di Menlo Park sembrano aver dimenticato che la realtà virtuale rimane ancora una nicchia che vive di sperimentazioni e di periferiche scomode e costose, e la sua diffusione di massa resta tutta da vedere. E scommetterci così tanto e così in fretta rischia di trasformare il metaverso in una pericolosissima roulette russa.
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