Estratto dell'articolo di Francesco Bertolino per il “Corriere della Sera”
A inizio febbraio del 2022 Michael Matlin riceveva dal suo facoltoso cliente il nullaosta a un nuovo investimento da 100 milioni in 10 fondi. Pochi giorni più tardi, appena prima dell’invasione russa dell’Ucraina, dallo stesso magnate arrivava un inatteso contrordine: vendere al più presto tutto il portafoglio di partecipazioni finanziarie, del valore di oltre 7 miliardi.
Una tale liquidazione non poteva sfuggire all’attenzione delle autorità americane, non solo per l’entità del patrimonio ma anche per il suo proprietario: Roman Abramovich. Un anno e mezzo più tardi, le indagini hanno portato ieri la Securities and Exchange Commission a citare in giudizio Matlin e la sua società Concord Management, da decenni amministratore della fortuna accumulata dall’oligarca russo.
L’accusa è di aver svolto attività di consulenza finanziaria senza l’iscrizione nell’apposito registro, impedendo alla Sec di vigilare «sui miliardi investiti dai suoi clienti negli Stati Uniti» e «di monitorare il mercato alla ricerca di eventuali abusi». […]
Nell’inchiesta, per la verità, l’autorità di Borsa Usa non nomina mai Abramovich, limitandosi a descrivere il cliente di Concord come «un ricco ex funzionario russo generalmente considerato politicamente vicino» al governo di Mosca. Da tempo, tuttavia, la società fondata nel 1999 da Matlin, cittadino americano di origini russe, è noto come il gestore di fiducia dell’oligarca originario di Saratov e arricchitosi nell’era delle privatizzazioni post-sovietiche.
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roman abramovich e vladimir putin
Nel tempo, del resto, l’esposizione di Abramovich al mercato Usa tramite Concord è cresciuta, arrivando nel 2022 a toccare i 7,2 miliardi, distribuiti su 112 fondi di investimento, alcuni dei quali gestiti da grandi nomi della finanza a stelle e strisce. Poi nel febbraio dell’anno scorso - un mese prima che Abramovich e il suo patrimonio fossero colpiti dalle sanzioni occidentali - l’improvvisa retromarcia.
Concord avvia un’affannosa ricerca di compratori disposti a rilevare le sue quote in hedge fund e altri veicoli, adducendo «inattese esigenze di liquidità». Una decisione sorprendente, alla luce dei 100 milioni di nuovi investimenti appena deliberati dalla società.
E ancor più sorprendente se si considera che prima del 24 febbraio 2022, a dispetto degli avvertimenti dell’intelligence Usa, l’ipotesi dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia veniva giudicata remota anche da molti governi europei. Ma, evidentemente, non da Roman Abramovich.
roman abramovich con erdogan ai negoziati tra russia e ucraina in turchia roman abramovich