Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN
Il gelo di Giorgia Meloni in questi giorni sull’ipotesi di una ratifica italiana alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità significa il contrario di ciò che appare: anziché mettersi ai margini dei giochi nell’Unione, la premier italiana si sente così al centro da potersi permettere di eludere le questioni che la mettono in imbarazzo. L’approvazione parlamentare del Mes è uno di questi, perché farebbe emergere le ambiguità di una maggioranza ancora percorsa da radicate correnti antieuropee.
Ma se Meloni sente di poter tenere duro su questo punto, in parte è per la stessa ragione che ha portato Ursula von der Leyen più volte in Italia in questi mesi e ieri a Tunisi con la premier. La presidente della Commissione è in corsa per succedere a se stessa e avrà fatto i conti.
MARK RUTTE - URSULA VON DER LEYEN - GIORGIA MELONI IN TUNISIA
Per avere la fiducia dell’europarlamento, la cristiano-democratica tedesca ha bisogno di un’affidabile maggioranza di (almeno) 376 voti. Quella attuale di Strasburgo — popolari, più socialisti democratici e liberali macroniani di Renew — all’ultimo sondaggio di Der Föderalist a fine maggio avrebbe 391 voti, un margine che non mette von der Leyen al sicuro dai franchi tiratori annidati soprattutto fra i socialdemocratici tedeschi. Di qui l’idea di un allargamento della maggioranza (non di un ribaltamento a destra), che rende corteggiati i «Conservatori e Riformisti» europei presieduti da Meloni.
GIORGIA MELONI VS ELLY SCHLEIN
All’ultimo sondaggio questi contano su 79 eurodeputati, quarta forza a Strasburgo. Il fatto che siano alieni dalla percepita intransigenza dei Verdi, che in questa fase li rende invisi all’industria e ai centristi tedeschi, è un punto per i meloniani. […] già nel 2019 Legge e giustizia , il partito al potere a Varsavia e alleato di Meloni, votò per la Commissione von der Leyen (assieme ai 5 Stelle).
C’è poi un’altra ragione che permette alla premier di continuare a bloccare il Mes: gli altri governi trovano il veto italiano un fastidio evitabile, ma non così importante (almeno fino alla prossima crisi bancaria, quando la rete di sicurezza del Mes potrebbe servire).
giorgia meloni raffaele fitto 2 giugno 2023
[…] Se però in Italia si concludesse che gli equilibri con il resto dell’Unione sono sotto controllo, il risveglio potrebbe essere brusco. In primo luogo perché l’ingresso trionfale di Meloni nel consociativismo porterebbe altri nodi. Il primo è ovvio: la legge dei numeri e dei rapporti con Berlino impedisce l’esclusione dei socialisti dalla maggioranza di von der Leyen […]. Non solo. L’appoggio a von der Leyen nel 2019 non ha impedito a Legge e giustizia di vedersi bloccare i fondi europei per le ripetute violazioni […] dei principi di una democrazia liberale.
[…] Non c’è maggioranza che serva, per chi non tiene il passo. Per esempio il ritardo sulla revisione del Pnrr ha radicato nei servizi della Commissione il dubbio che a Roma i problemi siano più seri di quanto non si dica. La missione dei tecnici di Bruxelles oggi a Roma mira anche a capirci di più. Con in mente il 2024, von der Leyen lavora sui suoi uffici per far sì che la terza rata del Pnrr da 19 miliardi sia sbloccata, senza pagamenti parziali.
[…] i servizi di Bruxelles non dimenticano un punto: l’Italia nel 2021 incassò la prima rata grazie all’avvio di un modello di governo del Pnrr che questo esecutivo ha smantellato, senza dimostrare che l’attuale accentramento a Palazzo Chigi funzioni. Da alcune altre capitali si osserva con crescente scetticismo. Dice Christian Damielsson, segretario di Stato per l’Europa della presidenza di turno svedese: «Ci dev’essere un’efficace attuazione del Pnrr, anche sulle riforme. Abbiamo totale fiducia che la Commissione controlli che si faccia tutto fino in fondo».