Francesco Semprini per “la Stampa”
Ventottomila miliardi di dollari bruciati entro i prossimi cinque anni per colpa di una crisi, quella generata dalla pandemia di Covid-19, che lascerà cicatrici evidenti almeno nel medio termine, in particolare per quanto riguarda il mercato del lavoro. E con una disconnessione tra mercati finanziari ed economia reale che, se protratta nel tempo, rischia di diventare un altro fattore di criticità della congiuntura globale.
Questo il ritratto sullo stato di salute del Pianeta pennellato dal Fondo monetario internazionale all' ombra della peggiore recessione dai tempi della Grande depressione. Peggiore, sembrerebbe, a quella della contrazione di liquidità del 2007-2008, causata dalla bolla dei mutui subprime, quelli ad altissimo rischio di cui si abusò all' inizio del Millennio.
Questa volta però il far-west speculativo non c' entra, questa volta è stata una variabile esogena e assai imprevedibile a creare il disastro, quel coronavirus che - sostiene il Fmi - da otto mesi tiene in ostaggio le economie globali.
Sebbene la revisione del World Economic Outlook presentata agli incontri annuali (in remoto) di Fmi e Banca mondiale, descriva una recessione un po' meno grave delle attese, «la crisi - afferma l'istituzione guidata da Kristalina Georgieva - è ben lungi dall' essere finita». L' emersione dal baratro in cui si è caduti nel pieno del lockdown è quindi iniziata, ma l' ascesa è lunga.
Non si possono ritirare prematuramente gli stimoli all' economia, mette in guardia la capo economista del Fmi, Gita Gopinath, osservando che grazie ai 12 mila miliardi di dollari stanziati dai governi è stata «evitata una catastrofe finanziaria». Le politiche dovranno inoltre essere progettate con l' obiettivo di «collocare le economie su percorsi di crescita più forte, equa e sostenibile». Queste le leve su cui agire sul piano economico per far fronte a una crisi la cui origine rimane di carattere sanitario. Sarà pertanto ancora più importante la gestione della pandemia.
Il trend globale vede una contrazione per quest' anno del 4,4%, in miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto alle stime di giugno, mentre il Pil del 2021 è visto in rialzo del 5,2%, mezzo punto in meno delle precedenti stime. Le revisioni - forti di un terzo trimestre migliore delle attese - vanno nella stessa direzione per Eurozona e Stati Uniti con contrazioni più ridotte, rispettivamente dell' 8,3% e del 4,3% per il 2020 e rimbalzi un po' meno pronunciati per il 2021.
Unica eccezione è la Cina, origine della pandemia e prima ad uscirne, le cui stime di crescita sono tutte in positivo con +1,9% e +8,2%. L' economia italiana è fanalino di coda del G7 con una contrazione del 10,6% per quest' anno, in miglioramento del 2,2% rispetto a giugno. Il prossimo anno il Pil è invece stimato in rialzo del 5,2%, ovvero l' 1,1% in meno rispetto alle stime di giugno. Il tasso di disoccupazione è all' 11% nel 2020 e all' 11,8% per il 2021. Sul fronte del disavanzo le stime sono al 161,8% del Pil per il 2020. Pronunciato il salto del debito per Francia e Usa (dal 108,7% del 2019 al 131,2% del 2020) a causa degli stimoli.
Di fronte a tale crisi il sistema bancario mondiale tiene, ma le «debolezze» sono in aumento con gli istituti dell' Eurozona più deboli di quelli Usa. Rimane evidente anche la «disconnessione» fra finanza ed economia reale: «Un divario che se non colmato potrebbe avere ricadute sui mercati», afferma Tobias Adria, capo del dipartimento dei Mercati del Fmi.