Estratto dell’articolo di Christina Benna per www.corriere.it
Riccardo Buonuomo E SUA MOGLIE
«Nel 2015 sono stato assunto come operaio di linea nello stabilimento Fca di Melfi, ma alla fine a Melfi ci sono stato pochissimo». Erano i tempi del Jobs Act e del governo Renzi quando Riccardo Buonomo di Pescopagano, piccolo comune della provincia di Potenza, indossava per la prima volta la tuta bianca per assemblare la 500X e la Renegade nell’impianto lucano che contava quasi 8 mila addetti. Renzi si diceva «gasatissimo» dai progetti di Sergio Marchionne e a Melfi incontrava i 1.500 giovani neo-assunti, tra questi anche Riccardo Buonuomo.
Oggi, a 33 anni, e tanti chilometri sulle spalle, Buonuomo fa parte di quel gruppo sempre più nutrito, circa 400 operai, quasi in «trasferta perenne», pendolari delle fabbriche del gruppo Stellantis.
«Prima un distacco alla Sevel di Atessa, impiegato ai banchi nella produzione di furgoni, poi a Termoli, a tu per tu con gli ultimi motori a scoppio, dove ci sono rimasto quasi due anni, e poi ancora, con la nascita di Stellantis, in Francia a Mulhouse sulle linee della Peugeot 408; e oggi sono in forza all’impianto di Pomigliano, ma chissà se domani dovrò venire a Torino, a Mirafiori».
Più di duecento chilometri in auto al giorno, da Pescopagano a Melfi, per andare a lavorare e tornare a casa, motivato soprattutto dagli incentivi riservati a chi accettata il pendolarismo delle tute blu.
«Oggi l’azienda spinge per fare trasferte, tanto che vorrebbe renderle obbligatorie e non più facoltative. In pratica lunghi trasferimenti in altri siti produttivi — racconta il lavoratore — Ci sono impianti scarichi di produzione, come è capitato a noi a Melfi, e altri invece che devono gestire un incremento della capacità produttiva, come capita a Torino e Pomigliano.
Piuttosto di assumere personale Stellantis preferisce spedirci in giro per lunghi periodi e pagarci l’indennità». Riccardo Buonomo è entrato in Stellantis appena 25enne. Con le «trasferte», lunghe anche sei mesi o due anni come nel caso dell’avventura di Termoli, ha messo su casa e famiglia.
«In Francia, oltre allo stipendio base, ci pagavano 135 euro lordi al giorno. A fine mese mi ritrovavo in busta paga anche 4mila euro. Per me è stata un’esperienza positiva ma mi rendo conto che il mio trasferimento vale un posto di lavoro in meno per il territorio». […]
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