Antonella Olivieri per ''Il Sole 24 Ore''
Fumata nera, anzi nerissima, per Vivendi e Mediaset che, non solo non hanno trovato nessun accordo, ma hanno anche ricominciato a rinfacciarsi le colpe dell' ennesimo fallimento. La maratona tra i legali - avvocati del calibro di Giuseppe Scassellati e Ferdinando Emanuele di Cleary Gottlieb per i francesi e di Sergio Erede e Carlo Montagna di BonelliErede per il Biscione - si è prolungata fino a tutta la mattinata di ieri nell' estremo tentativo di conciliare le posizioni delle due parti in lite da oltre tre anni e un accordo sembrava vicino al punto da far slittare al pomeriggio l' udienza in Tribunale, inizialmente fissata per le 12.30.
L' udienza, davanti al giudice Elena Riva Crugnola, riguardava in realtà solo la richiesta di Vivendi di sospendere d' urgenza la delibera dell' assemblea del 4 settembre, tenutasi a Cologno per approvare la fusione di Mediaset Spa nella holding olandese Media for Europe.
Ma il tentativo di conciliazione - suggerito dal giudice sulla proposta del Biscione di emendare lo statuto di MfE nelle parti palesemente "anti-Vivendi" - si è subito trasformato in un tavolo a tutto campo per cercare di chiudere tutto il contenzioso montato in tre anni e mezzo sul casus belli iniziale della mancata compravendita di Mediaset Premium. Lo schema verteva sulla cessione a MfE del 19,19% di Mediaset parcheggiato dai francesi in Simon fiduciaria per ottemperare alla delibera Agcom che aveva fischiato il fallo per la contemporanea presenza di Vivendi in Telecom, in violazione della legge Gasparri.
Ieri mattina alle 9 si è riunito il cda Mediaset per un' informativa sulla situazione, visto che ancora una bozza d' accordo non c' era. I consiglieri indipendenti avevano sottolineato l' importanza di non scostarsi dai 2,77 euro del recesso per il passaggio azionario, per non rischiare di dover riaprire l' iter con gli altri azionisti. Ma erano stati rassicurati sul fatto che il punto era assodato e che invece si stava negoziando su forme di compensazione aggiuntiva. L' accordo sembrava comunque a portata di mano. Invece alle 15.30, quando si è tenuta l' udienza, il giudice non ha potuto far altro che constatare che il tentativo di conciliazione era fallito, riservandosi di fissare un' altra udienza per decidere poi sull' istanza di Vivendi.
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Cosa è successo nel frattempo per mandare tutto a monte? Le versioni sono discordanti, come dimostra l' ennesimo botta e risposta a mezzo agenzie di stampa. Ma il nodo del contendere più che il prezzo della transazione erano le garanzie sul futuro. Giovedì in tarda serata le trattative erano state sospese pare con la proposta, lato Mediaset, di cinque anni di standstill e di patto di non belligeranza per i francesi.
Filtra che giovedì fosse stata avanzata un' ipotesi dai legali di Mediaset da vagliare con i clienti, che però non avrebbe trovato una risposta univoca. Ieri sarebbe stata accettata dai legali di Vivendi, ma non se sarebbe fatto nulla. Non si sa di cosa si trattasse, ma a tagliare la testa al toro - a quanto è dato sapere - sarebbe stata una telefonata piovuta direttamente da Parigi intorno a mezzogiorno, con il benestare a chiudere tutte le pendenze del passato ma con l' indisponibilità a legarsi le mani per il futuro.
A quel punto inutile discutere oltre.
Dopo l' udienza - che ha preso atto del fallimento del tentativo di conciliazione - sono arrivate le dichiarazioni pubbliche, che non aiutano a chiarire più di tanto. «I colloqui hanno raggiunto uno stallo perché, nonostante i tentativi di Vivendi, Mediaset non è riuscita ad accordarsi su ciò che volevano proporre», hanno detto fonti vicine al gruppo francese. La replica è arrivata a stretto giro di posta.
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«Le proposte di Mediaset - riferiscono fonti del Biscione - sono sempre state chiare e concrete sul tavolo delle trattativa.
Semmai Vivendi non è stata coerente, rifiutandosi all' ultimo momento di prendere impegni su temi fondamentali come governance, standstill e patto di non interferenza. Impegni che avrebbero garantito non un mero armistizio ma una pace duratura».
Quel che è certo è che non finisce qui.