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Domenico Affinito e Milena Gabanelli per www.corriere.it
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A volte basta sapere le cose per modificare i comportamenti. Prendiamo lo smartphone, guardiamo uno per uno i pezzi che lo compongono, e poi vediamo dove va a finire dopo soli due anni di vita.
Un cellulare, oltre agli 11 g di ferro e 95 di plastica, contiene in media 250 mg di argento, 24 mg di oro, 9 mg di palladio, 9 g di rame e 3,5 g cobalto, 70/80 grammi di materiali più o meno preziosi, tra cui almeno 1 g di terre rare.
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Rare soprattutto per la loro scarsa concentrazione: in natura sono associate ad altri elementi da cui vanno separati con tecniche costose e invasive come l’uso di acidi, alte temperature o l’insufflazione di gas.
Talvolta sono associate a minerali radioattivi, come torio o uranio, e il procedimento di separazione produce radiazioni non trascurabili. Poi vanno purificate, e per una tonnellata servono duecento metri cubi di acqua che, al passaggio, si carica di acidi e metalli pesanti. Per essere smaltiti dovrebbero subire lunghi e costosi trattamenti chimico-fisici che spesso non vengono fatti.
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Per un solo smartphone serve scavare almeno 30 kg di roccia. E siccome ogni anno vengono venduti circa un miliardo e mezzo di nuovi smartphone in tutto il mondo, stiamo parlando di 45 milioni di tonnellate per estrarre in media 36 tonnellate d’oro, 375 di argento, 13,5 di palladio, 13.500 di rame e 5.250 di cobalto. La cui quasi totalità viene estratta soprattutto in Africa e Cina, spesso senza alcuna regola e quindi con gravi danni per l’ecosistema naturale.
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A cosa servono questi materiali? Circa il 50% di uno smartphone è costituito da materiale plastico, soprattutto nella scocca dove ci sono anche magnesio e boro per resistere al calore. Il touchscreen deve la sua funzione alla presenza di stagno e indio. Il vetro contiene alluminio e silice.
Le tonalità vivide dei colori sono garantite da piccole quantità di terre rare: ittrio, disprosio, europio, praseodimio, gadolinio, lantanio e terbio. Nella batteria ci sono litio, cobalto (o manganese), alluminio, ossigeno e carbonio.
Nell’elettronica interna il rame serve per il cablaggio del telefono, insieme a oro e argento che formano i componenti microelettronici. Con il tantalio si realizzano i conduttori e i microcondensatori. Il neodimio e il gadolinio formano le parti magnetiche del microfono e dello speaker, il disprosio, il praseodimio e il terbio permettono la vibrazione dell’apparecchio.
Nichel e silicio formano il microprocessore. E per far passare la tensione si usano arsenico, fosforo, antimonio e gallio, usato per altoparlante e microfono. Per effettuare le saldature si usa un miscuglio di argento, rame e stagno.
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Quanti smartphone vengono riciclati
Oggi solo il 15% degli smartphone viene riciclato, nonostante sia recuperabile il 96% dei materiali. Il 36% trova un secondo utilizzo nei mercatini dell’usato e il 49% finisce nelle discariche, oppure dimentica to in un cassetto di casa.
Il riciclo di un singolo apparecchio evita ogni anno l’emissione di 0,8 kg di CO2 e il risparmio di 1 Kwh di energia, ma si fa pochissimo perché più sono miniaturizzate le apparecchiature più sono complessi e costosi gli impianti in grado di smontare e recuperare.
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Eppure con le materie plastiche si possono realizzare tubi o guaine, con l’argento gioielli e pomate, il ferro può essere usato nell’industria siderurgica, le terre rare per realizzare altri smartphone, il cobalto per nuove batterie e il rame può finire in asciugacapelli, pezzi di automobili, cavi elettrici.
Uno degli elementi più recuperati è l’oro, perché la sua estrazione dai dispositivi elettronici è più remunerativa di quella mineraria: un solo grammo puoi ottenerlo da 36 telefonini, contro la lavorazione di 100 kg di minerale grezzo.
In questo caso il riciclo è più conveniente per le condizioni di lavoro in cui viene svolto: nelle zone più povere e degradate del pianeta, utilizzando acidi tossici senza alcuna protezione e smaltendo poi i residui nell’ambiente, alimentando economie senza regole e garantendo profitti a pochi. Se i materiali di tutti gli smartphone venduti nel mondo in un anno (1,5 miliardi) fossero recuperati, il loro valore economico sarebbe di circa 8,4 miliardi di euro.
Quanto impatta un telefonino
Ogni smartphone ha un’impronta di carbonio è di 17,2 kg CO2 all’anno. Il grosso è dovuto all’estrazione e alla lavorazione dei materiali e alla successiva produzione delle parti, il montaggio pesa 2,7 kg CO2, la distribuzione +1,9, la ricarica del dispositivo +1,9 kg.
Se poi ai 17,2 kg si aggiungono le emissioni legate ai servizi di comunicazione (26,4 kg l’anno) si arriva a 43,6 kg. Stiamo parlando di 25,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, che diventano 65,4 con i servizi di comunicazione: come 33,7 milioni di automobili. È evidente che le emissioni legate alla ricarica e al traffico generato sono più o meno costanti e legate all’uso che ne viene fatto.
A fare la grossa differenza è la sostituzione dell’oggetto: se lo smartphone lo cambiamo ogni tre anni, l’impatto annuale scende a 12,1 kg, che diventano 9,5 kg se lo teniamo quattro anni. E si può fare benissimo visto che oggi una batteria, con una intensità media di utilizzo, sopporta più di 850 cicli completi di carica/scarica prima che scenda al di sotto dell’80%. Se poi acquistiamo un dispositivo rigenerato l’impatto ambientale scende a 8,2 kg.
E allora perché lo sostituiamo ogni 21 mesi? La convinzione è che sia vecchio perché sul mercato è arrivato il nuovo modello, complici anche i pacchetti di offerta dei principali gestori di telefonia che, a pochi euro di più, forniscono l’ultimo modello rateizzabile in 24 mesi.
Finito il contratto, il giro riprende. Così nel 2020 ne sono stati venduti quasi 1,4 miliardi e oltre 1,5 nel 2021. Fanno 2,9 miliardi che, nel giro di due anni, saranno completamente sostituiti da altri smartphone. Se continuiamo così, il futuro che ci attende è già segnato.
A tutto questo si aggiunge il fatto che il dispositivo può rompersi, e non è riparabile. Sul mercato è rimasto un solo modello modulare, tutti gli altri sono integrati. Il motivo è che sono più resistenti, ma se devo spendere 200 euro per sostituire il touch rotto, è chiaro che me ne compro uno nuovo con pochi euro dilazionati al mese.
Ma anche quelli integrati non sono tutti uguali: più utilizzano collanti, meno sono smontabili. IFixit ha creato nel 2019 una piattaforma online di supporto globale per la riparazione degli smartphone che fornisce istruzioni per la sostituzione di batterie, display e altre parti, nonché punteggi di riparabilità per un numero di modelli.
Scegliere i modelli che hanno il punteggio massimo sarebbe già una buona pratica. Per poi sostituirli quando il loro dovere non sono più in grado di farlo.