Chiusa l'inchiesta interna di Leonardo sulla trattativa mediata da D'Alema, finisce nel mirino il manager che ignorò l'allarme della Farnesina. Il governo colombiano alle battute finali per la scelta tra le offerte
Giacomo Amadori per “La Verità”
il servizio de le iene su massimo dalema e la compravendita di armi con la colombia 4
Il Colombia-gate, dopo aver influito sul tetris delle nomine di aprile all'interno delle partecipate, potrebbe presto offrire altri colpi di scena in svariati settori: politico, giudiziario e commerciale. Dopo Pasqua è stato completato l'audit interno di Leonardo, le cui conclusioni sono state in parte anticipate da questo giornale.
All'esito dell'indagine promossa dal presidente Luciano Carta sono stati mossi rilievi all'ufficio commerciale dell'azienda che nell'ottobre dello scorso anno inviò una brochure con prezzario degli aerei da addestramento M-346 a Massimo D'Alema, che, però, non aveva nessun titolo per ricevere quel materiale di interesse anche militare.
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Ma nel documento sarebbe biasimato anche il comportamento del capo delle relazioni istituzionali Sem Fabrizi, il diplomatico che nel gennaio scorso sarebbe stato avvertito dall'ambasciatore a Bogotà Gherardo Amaduzzi della strana attività di mediatore di D'Alema, il quale aveva inviato presso la rappresentanza diplomatica come suo emissario il pluriimputato Mazzotta.
VENDITA DI ARMI ALLA COLOMBIA - I DOCUMENTI DI LEONARDO E FINCANTIERI
L'audit una decina di giorni fa è stato inviato al ministero dell'Economia, socio di maggioranza dell'azienda, e una copia sarebbe arrivata anche al ministero della Difesa. Ma, secondo alcuni, si tratterebbe di un documento classificato e per questo al momento resta nel cassetto del presidente Carta e di pochi altri manager.
Ma può la vicenda del Colombia-gate ridursi a una tiratina di orecchi di questo o quel dirigente? La soluzione individuata per Leonardo sarebbe considerata in alcuni settori governativi troppo soft, anche perché in Fincantieri, altra azienda coinvolta nell'affaire, l'ad Giuseppe Bono non è stato confermato e il direttore generale Giuseppe Giordo è stato sospeso.
IL FRONTE GIUDIZIARIO
Ma se la politica sembra essersi lasciata alle spalle il pasticcio della trattativa che D'Alema, grazie ai suoi agganci nelle aziende partecipate, aveva provato a intavolare con il governo colombiano, la Procura di Napoli, che ha aperto un fascicolo dopo alcuni articoli della Verità, starebbe provando a fare chiarezza sui punti più oscuri. L'occasione per iniziare le indagini è stata un'inchiesta di questo giornale su alcuni patrocini concessi dall'Assemblea parlamentare del Mediterraneo e giudicati dal suo segretario generale falsi.
Queste carte sarebbero state utilizzate dai broker pugliesi ingaggiati da D'Alema per accreditarsi presso le istituzioni colombiane, ma anche presso Leonardo. In particolare tale documentazione sarebbe stata presentata da Emanuele Caruso, il quale avrebbe ottenuto il patrocinio per la Camera EuroMediterranea per l'industria e l'impresa, l'associazione tunisina di cui è segretario generale, direttamente dall'ex presidente dell'Apm Francesco Maria Caruso e dall'ex vicepresidente della Confindustria di Lecce Vito Ruggieri Fazzi.
LO SCAMBIO DI MAIL TRA GHERARDO GARDO E DARIO MARFE
Ma questi ultimi, con noi, un mese fa, avevano assicurato di aver concesso il patrocinio per una singola manifestazione tenutasi a Lecce. Il broker, però, ci ha mostrato una mail del 5 agosto 2013 con cui un funzionario della Apm, tale Martin Micallef, informava Ruggieri Fazzi («All'epoca vicepresidente della Camera euromediterranea e mio socio in due ditte di Dakar» puntualizza Caruso) che, dando «seguito alla nota del presidente Amoruso», l'Apm aveva «concesso il proprio patrocinio gratuito alla Camera EuroMediterranea per l'Industria e l'Impresa».
Una missiva che si concludeva così: «Le saremo grati se vorrà comunicarci le prossime attività della Camera per poterle iscrivere nel nostro calendario». Da allora, però, Caruso avrebbe fatto di quel patrocinio un uso piuttosto disinvolto. Almeno stando alla denuncia della stessa Apm. Del resto anche la Colombia avrebbe chiesto chiarimenti su un presunto verbale del 2021 dell'Apm utilizzato da Caruso per accreditarsi come consigliere del ministero degli Esteri.
MASSIMO DALEMA E LA VENDITA DI ARMI IN COLOMBIA - I DOCUMENTI CONTRAFFATTI CHE I BROKER ITALIANI HANNO PROVATO A RIFILARE A LEONARDO E FINCANTIERI
Per la Procura di Napoli, guidata da Giovanni Melillo, appena nominato capo della Direzione nazionale antimafia, e per la Digos, a cui sono state delegate le indagini, la verifica dell'autenticità dei documenti non può prescindere da un'analisi più ampia della vicenda e dai doverosi controlli sul variopinto team che, da dietro le quinte, si stava occupando di promuovere l'affare milionario utilizzando canali che definire underground è eufemistico.
Gli approfondimenti investigativi sono in corso e gli inquirenti sarebbero in attesa di acquisire l'audit di Leonardo.
LA SFIDA DELLE COMMESSE
Nel frattempo siamo alle battute finali della corsa tra Leonardo e i coreani della Kai per aggiudicarsi la commessa per la fornitura di alcuni velivoli da addestramento. A entrambe le aziende la forza aerea colombiana ha chiesto la migliore e ultima offerta, in gergo Bafo, per la fornitura specificando di essere propensa ad andare al momento della definizione del contratto verso un accordo istituzionale governo-governo.
LA MEDIAZIONE DI MASSIMO DALEMA PER UNA VENDITA DI ARMI ALLA COLOMBIA
Come ha rivelato La Verità la richiesta è stata inviata all'azienda italiana il 20 aprile dal maggiore generale Carlos Fernando Silva Rueda, comandante delle operazioni aeree e spaziali dell'esercito colombiano. In queste ore, concluso il deposito delle offerte con le specifiche delle singole voci legate anche alla manutenzione, le due proposte sarebbero attentamente soppesate sia dalla forza aerea colombiana che dal ministero della Difesa. Secondo alcuni rumors la decisione sarebbe, in realtà, già stata presa, ma non è chiaro se gli articoli pubblicati dalla stampa specializzata che segnalano una possibile vittoria coreana, siano veri scoop o vadano, invece, letti come un tentativo di spostare l'ago della bilancia verso l'Estremo Oriente.
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Infodefensa.com, organo di informazione di settore in lingua spagnola, il 26 aprile ha scritto che «la Colombia ha selezionato il velivolo di tipo Ta/Fa-50 della Korean aerospace industries come futuro velivolo da addestramento avanzato con il quale intende sostituire la sua attuale flotta di velivoli Cessna A-37B, che stanno per essere definitivamente ritirati dal servizio». Un velivolo realizzato in cooperazione con la statunitense Lockheed Martin. Il contratto riguarderebbe 20 velivoli e varrebbe 600 milioni di dollari. Il 4 maggio la Rivista italiana difesa (Rid) si è domandata se la notizia, «trapelata da numerose fonti della Difesa colombiana», fosse vera.
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E ha dato questa risposta: «La notizia non è tuttavia confermata, anzi sembrerebbe smentita dalla stessa aviazione colombiana, tanto è vero che il M-346, il candidato di Leonardo sarebbe ancora in corsa». Sempre mercoledì il ministro della Difesa colombiano Diego Molano avrebbe dichiarato che il processo di valutazione sarebbe ancora in corso, anche se secondo un altro sito, Defence news, la trattativa con l'Italia servirebbe a far spuntare alla Colombia il miglior prezzo con la Corea, già partner della marina militare del Paese sudamericano (che ha acquisito da Seul missili antinave e due corvette di seconda mano). Si tratterebbe, dunque, di una gara di facciata.
GIRANDOLA DI INCONTRI
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Mentre scriviamo, tra l'azienda aerospaziale italiana e l'aeronautica di Bogotà, sarebbero in corso frenetiche interlocuzioni e approfondimenti tecnici sull'offerta per evitare il temuto sorpasso. Più di un manager di Leonardo è convinto che nulla sarebbe ancora deciso e che solo nelle prossime ore si saprà chi arriverà per primo al traguardo, al termine di un'estenuante guerra di nervi. Al ministero della Difesa italiano non abbiamo trovato nessuno disponibile a commentare ciò che sta avvenendo in ambito commerciale, anche se viene sottolineato come la scelta della trasparenza abbia rimesso in corsa Leonardo, che, purtroppo, era stata penalizzata dall'opacità della trattativa parallela rivelata dalla Verità.