Federico Ercole per Dagospia
Sette eroi per sette storie sparpagliate nel corso del tempo, dalle origini dell’umanità al futuro remoto; sette personaggi di una raccolta di novelle interattive dalla cornice misteriosa, rivelata solo dallo sbalorditivo finale, che infine sconfinano dalle loro narrazioni per combattere contro una malevola incarnazione di male assoluto.
Torna, o meglio arriva per la prima volta perché confinato in Giappone dal 1994, lo sperimentale Live A Live di Square-Enix in un remake HD 2D (ovvero lo stile ibrido tra presente e passato utilizzato in Octopath Traveler e Triangle Strategy) per Nintendo Switch.
Si tratta di un gioco di ruolo giapponese ancora oggi avveniristico e non credete a chi ha scritto che le dinamiche strategiche dei suoi combattimenti, determinate dal movimento invece che dal tempo, siano oggi obsolete; un’opera teorica per le sue sperimentazioni narrative, per la difforme ispirazione ai generi del cinema, per la costruzione dell’antagonista.
D’altronde si tratta del primo videogame come “director” di Takashi Tokita, già “lead Game designer” e autore del soggetto della prima fantasia finale davvero rivoluzionaria nei temi e modi del racconto: Final Fantasy IV.
Dopo Live A Alive Tokita fu direttore e scrittore di un capolavoro come Chrono Trigger, dell’horror newyorkese sui mitocondri ribelli Parasite Eve e della più sottovaluta delle fantasie finali, perché “relegata” sui telefoni, Final Fantasy Dimensions, opera enorme e imperdibile.
I MAGNIFICI SETTE
Ecco i sette panorami e personaggi di Live A Live, che sarebbero otto, ma quest’ultimo è meglio lasciarlo nel mistero. Nella preistoria si ambienta la storia senza parole ma con tanti grugniti del primitivo Pogo, tra sacrifici umani e tenerezza bestiale/sentimentale. Un anziano maestro di arti marziali nella Cina antica cerca gli allievi per tramandare i suoi segreti, si tratta di un esemplare “wuxiapian” compresso, con spossanti allenamenti, tragedia e vendetta.
Si trascorre nel Giappone durante il crepuscolo del periodo Edo (metà del 1800) nei panni neri dello Shinobi o ninja Oboromaru, esplorando un vastissimo e labirintico castello, potendo scegliere se nasconderci e lottare, questa seconda opzione assai più divertente. Diventiamo il pistolero errante Sundown Kid in un selvaggio west decadente e disperato.
Nei giorni del “presente” siamo il lottatore Masaru Takahara nella sua carriera di “street fighter”. Nel futuro prossimo impersoniamo Akira in un intreccio che ricorda appunto Akira di Katsuhiro Otomo. Nel futuro remoto, su un’astronave che vaga per lo spazio, siamo il piccolo robot Cubo in un’atmosfera enigmatica e da brivido che ricorda Alien.
Ogni scenario possiede uno stile unico e prezioso, variazioni ludiche minime o eclatanti, una sua musica distintiva scritta dalla bravissima Yoko Shimomura, poi compositrice di Kingdom Hearts, Mario & Luigi Saga, Final Fantasy XV.
Finiti i sette episodi, che possono essere completati secondo la propria volontà o alternati, anche se si consiglia una cronologia rigorosa, si sblocca un ottavo capitolo e infine l’ultimo, la corale resa dei conti.
Live A Live non è un gioco di ruolo giapponese da decine di ore, ne saranno sufficienti una ventina per terminarlo, ma non importa e non solo perché è uscito una settimana prima dell’invece immenso Xenoblade Chronicles 3, ma perché quella è la sua durata perfetta, senza inutili dilatazioni, una concisione pura ed ideale.
MERAVIGLIE DI PIXEL
Come già ammirato negli indimenticabili Octopath Traveler e Triangle Strategy, la profondità di campo e lo splendente ossimoro tra l’antico di pochi pixel e alta definizione alimentano un’innegabile anche se imprecisabile bellezza visionaria e policromatica. Dalle caverne e i deserti della preistoria alle foreste di bambù della Cina, dai tramonti eterni del west al gelo silente dello spazio, l’occhio non conosce mai il tedio della ripetizione.
Sebbene i combattimenti siano simili nella forma non lo sono mai nella sostanza, risultando sempre vari ed appaganti, non complessi e punitivi salvo per quelli contro alcuni “boss” opzionali durante le storie della preistoria (quel micidiale Mammuth) o del Giappone Edo.
Live A Live, già solo il titolo è straordinario per significati, ci riporta a quell’epoca d’oro dei giochi di ruolo giapponesi ma non di quelli famosissimi, quelli ritenuti inadatti al pubblico soprattutto europeo (perché molti invece uscivano invece negli Stati Uniti), cose radicali e uniche come Xenogears ad esempio. Chissà che Il ritorno di Live A Live inauguri una nuova prassi e assecondi il desiderio di tanti giocatori nel riportare in auge opere d’arte elettronica giapponese di culto come il già citato Xenogears e altre assai più ignote ma comunque più che valide.
Live A Live potrebbe sembrare solo uno squisito “divertissement”, ma è invece un’opera profonda e complessa anche quando più buffa e stramba, un videogioco i cui contenuti travalicano il medium e i generi come i suoi personaggi il tempo e lo spazio nell’unica lotta possibile dell’umanità tutta, quella contro l’Odio.