Federico Ercole per Dagospia
È un bene che Ori sia tornato proprio oggi che durante i viaggi immobili del videogioco c’è ancora più necessità di favola, meraviglia e soprattutto di bellezza, anche quando questa si lega indissolubilmente al dolore e all’orribile. La creaturina magica e iridescente già protagonista dello struggente e mirifico Ori and The Blind Forest, è ancora una volta il bianco eroe di un’impresa disperata, un’allegorica luce della ragione che dissolve le nebbie dell’irrazionale.
Appena uscito in esclusiva per XBox One e Microsoft Windows, Ori and the Will of the Wisps e’ una favola interattiva che si gioca e si vede ricavandone brividi estetici simili a quelli provocati dai film più favolosi di Hayao Miyazaki e provando suggestioni naturalistiche aliene, come quelle sul pianeta Pandora di Avatar. Si tratta di una visione ludica che ci delizia e sgomenta con l’arte biologica del suo mondo bidimensionale e si lascia interpretare con una liquida, terrena e aerea giocosità.
IL VOLO INFRANTO
Siamo di nuovo a Nibel, terra in cui riportammo la vita, mentre il sole tramonta sui suoi panorami salvati. È nata una nuova vita, una piccola civetta chiamata Ku che non riesce a volare e permane triste a terra, osservando gli altri volatili migrare verso lontani orizzonti aerei. Durante un breve preludio che ci trasfigura per la prima volta in Ori troveremo una piuma magica che applicheremo all’ala della civetta, garantendogli così la facoltà di ascendere.
Montiamo sul dorso di Ku e ci leviamo finalmente in volo, allontanandoci vertiginosamente dalle lande di Nibel. Ma si scatena una tempesta oltre ogni confine noto, la civetta cade e Ori con essa. Siamo separati, soli e “stranieri in terra straniera, dobbiamo ritrovare Ku. L’avventura ha quindi inizio e si dipana attraverso panorami che di bidimensionale hanno solo la superficie ma che attraverso l’arte con cui sono disegnati possiedono una profondità sbalorditiva, una panteistica potenza che li rende vivi come certe immagini dei primi lungometraggi di Disney, miracoli di illuminazione e vita animale, minerale e vegetale.
Che siano cupe foreste, aridi deserti, paludi o buie caverne, le ambientazioni di Ori and the Will of the Wisps sono così suggestive da farci naufragare con lo sguardo dentro la lo loro pittura mobile, assoggettando gli occhi al potere ipnotico dell’illustrazione, convincendo l’osservatore di non essere affatto disegni ma qualcosa di vero, più di tanti iper-realistici scenari in tre dimensioni.
E non si tratta solo di immagine ma della musica e dei suoni che la completano, perché la colonna sonora dell’opera della viennese Moon Studios è anch’essa un capolavoro dell’espressione e dell’emozione, mormorio di una natura disumana ma non per questo incapace di esprimersi e comunicare con i sentimenti dell’essere umano che la sta “giocando”.
Le forme delle creature, siano esse amene o terrificanti, piccole come tenere chimere tra scimmie e felini oppure gigantesche come titanici lupi o aracnidi, non sono mai banali ma uniche nella loro invenzione fantastica, corrispondente in maniera perfetta all’immaginario raccontato, vita coerente in questi ecosistemi favolosi.
ESPLORANDO, SALTANDO E LOTTANDO IN DUE DIMENSIONI
Esemplare alto di un genere così ricco di invenzione e arte come quello definito “metroidvania” (l’esplorazione non è lineare ma connessa ad abilità acquisite e oggetti particolari), Ori and the Will of the Wisps può essere comparato per le sue innumerevoli qualità, tralasciando i grandi classici del passato, solo a quella terribile opera d’arte insettiforme che è Hollow Knight e qualcosa da quest’ultimo sembra recuperare, come le dinamiche dei potenziamenti e i combattimenti, che in questo capitolo si conducono attraverso l’utilizzo di armi reperite durante l’avventura sin dai primi minuti di gioco, quando ci viene consegnata una spada di luce.
Sebbene questa volta il sistema di salvataggio sia più convenzionale e fondato sui “checkpoint” diversamente da quello implementato nel primo episodio, che ci lasciava decidere quando e dove memorizzare la nostra posizione con una certa crudeltà, il nuovo Ori è ancora un gioco non facile, talvolta ostico. Ci sono combattimenti e soprattutto segmenti di salto che richiedono virtuosismo e profonda concentrazione.
Non si tratta tuttavia di un videogame punitivo ma solo impegnativo, godibile e giocabile da chiunque si lasci sedurre dalla sua grazia e dalla profondità della sua narrazione. Anzi, considerato il periodo infausto, Ori and The Will of the Wisps è una di quelle opere consigliabili per essere godute nell’isolamento forzato e necessario, soprattutto insieme a figli maleducati da tanto pattume elettronico, compagni o compagne che considerano sciocca e incolta l’attività del videogiocare o anziani che pensano che questi facciano diventare stupidi e violenti come dicono al TG.
Condividete, se potete, il nuovo Ori tra le mura delle vostre case che ora sono rifugio e prigione, con chi vi sta vicino. Allora vi si aprirà una finestra su un fantastico altrove, uno spazio fittizio dove viaggiare per qualche ora, gioendo, commuovendovi, arrabbiandovi ed esaltandovi mentre quest’odiosa realtà si prolunga mostruosamente sempre più stanca, disperata e infetta. Anche i videogiochi possono indurre alla speranza.