Federico Ercole per Dagospia
Sono stati consegnati i prestigiosi Game Awards del 2019 e Death Stranding non è il gioco dell’anno; era in qualche modo prevedibile considerato il bipolarismo con cui è stato recepito da pubblico e critica, l’essere oggetto d’amore e odio, la struggente mancanza di convenzionalità. Hideo Kojima guadagna comunque il premio per la migliore “game-direction”, per le musiche e per l’interpretazione di Mads Mikkelsen, non cose da poco, ma sempre troppo poco.
Ci sarebbe tuttavia da essere tristi davvero, per la mancata premiazione di un titolo così potente e ispirato come Death Stranding, se al suo posto non avesse vinto invece l’ultimo capolavoro di saggezza e crudeltà di Hidetaka Miyazaki, quella somma lezione di educazione alla quiete e al conflitto con i padri che è Sekiro, un altro capolavoro di questo 2019 così ricco di opere memorabili, varie e potentissime nel ricreare suggestioni uniche, miracolose toccate nell’altrove e consapevoli fughe nel presente di ciò che si ritiene “vero”.
Il premio a Miyazaki, insieme a quello di “migliore gioco d’avventura”, è importante proprio per ribadire il suo oscuro talento nel farci soffrire ed esaltare insieme, senza mai frustrarci ma punendoci solo laddove ci dimostriamo così ambiziosi da pensare di potercela fare solo grazie al caso o a quella che Alessandra Contin definì “deficienza artificiale”. Inoltre così è premiata tutta la formidabile carriera di Miyazaki, a partire da Demon’s Souls fino a quell’opera d’arte ematica che fu Bloodborne.
In effetti, esclusi il malumore per Hideo Kojima e anche quello per un nero gioiello della sopravvivenza virtuale come Resident Evil 2, i Game Awards del 2019 hanno rivelato e sottolineato un panorama videoludico mainstream e indie sempre più stratificato e ispirato, quasi un miracolo in un’era che vira verso il videogioco inteso solo come servizio, oggetto da affittare, merce di scambio per la rata di un abbonamento. Sparare facile sembra che stia venendo a noia.
Anzi no, vince Destiny 2 come migliore “supporto alla community”. Come? E il candidato Final Fantasy XIV o Monster Hunter World? L’unica vera nota stonata e discutibile, quasi quanto il trailer del seguito di Senua’s Sacrifice, un numero due che chiunque abbia giocato al primo episodio non può che giudicare insensato. Senua diventa convenzione.
EMBLEMI DI FUOCO, DEMONI PIANGENTI, CONTROLLO
Non avrebbe potuto vincerlo nessun altro gioco se non il gigantesco Fire Emblem Three Houses per Nintendo Switch, il titolo di “migliore gioco di strategia”, sebbene anche la sua narrativa “manga” diffusa, tra Tolstoy e una soap-opera, avrebbe potuto ambire anche alla “migliore narrazione”, vinta invece dal pulp celebrale (comunque straordinario) di Disco Elysium, vera sorpresa dell’anno.
Questo gioco di ruolo indipendente, fuori dagli schemi e dalle regole del genere, vince anche il premio di categoria ruolistica e quello come migliore “indie”. Per ora Disco Elysium è uscito solo per PC, ma sarà inevitabile il suo avvento su console, considerato il meritato successo di un’opera così unica e complessa.
Qualcuno si è accorto anche delle brutali architetture del paranormale di Control, così l’opera di Remedy guadagna il premio per la migliore “direzione artistica”. Ce la fanno anche Dante e compagni a portarsi giustamente in Giappone un riconoscimento e così Devil May Cry 5 trionfa come “migliore gioco d’azione”, dimostrando che in nessuno gioco di quest’anno si combatta con maggiore grazia e gravità in iperboli sanguigne quanto astratte di colpi d’arma da fuoco e fendenti di armi abnormi.
Il premio a Luigi’s Mansion 3 come “migliore gioco per famiglie” ci sta per questo amabile piccolo-brivido, ma sembra dato come surrogato per gli altri premi che avrebbe potuto vincere grazie alla sua innegabile qualità artistica e ludica. Più che meritato, davvero dovuto, il premio come migliore “picchiaduro” all’enciclopedico Smash Bros per Switch.
Molto bene che abbia vinto anche il malinconico Gris e la sua lirica elaborazione del lutto, come migliore “gioco di impatto” contenutistico.
LA NUOVA XBOX E ALTRO
Il nome non è un granché, tuttavia la nuova Xbox presentata durante l’evento ha una forma davvero interessante, a torre, come uno di quei vecchi hardware esterni. Proprio bella, la nuova macchina di Microsoft, e chissà che non cambi nome nel corso dei mesi.
Oltre la forma tuttavia saranno fondamentali i contenuti e in questo improvviso nuovo scenario “next-gen” desta meraviglia, e ansia, che di Playstation 5 si sappia davvero ancora troppo poco. In ogni caso l’esclusiva Sony “Ghost of Tsushima” sembra avere una potenza non dissimile, nella ricostruzione di un immaginario filmico giapponese, a quella di Red Dead 2 con il western. Dopo la presentazione dei Game Awards è comunque Xbox la regina, se non del mercato e del pubblico, della scena. “Buoni Auspici”, Microsoft, speriamo in meraviglie stile 360.
Sul fronte Nintendo si è rivelato delirante come di consueto e bellissimo il nuovo trailer di No More Heroes 3, opera nuova di quel poeta blasfemo che è Goichi Suda. Torna inoltre Bravely Default, con un seguito che sebbene quasi solo immaginabile, promette nuove meraviglianti epopee di forma, pensiero e colori. Strabiliante infine anche se breve, il nuovo trailer di Final fantasy VII remake, che potrebbe davvero dimostrare, anche ai più scettici, la realtà del genio incompreso e sottovalutato di Tetsuya Nomura.
Insomma un’edizione affascinante dei Game Awards, premi sensati e non troppo scontati.
Tuttavia mi torna su, come un cetriolo o un peperone crudo: mi spiace tanto caro Hidetaka Miyazaki, il titolo di “videogame dell’anno” spettava a Death Stranding e non al tuo magnifico Sekiro; non riesco a non struggermi e lo scrivo così infine, amato padre di Dark Souls, senza giri di parole, so che apprezzerai la mia franchezza, altrimenti avrai occasione di “punirmi” nel tuo prossimo gioco.