Federico Ercole per Dagospia
Ci sono tre regni in un mondo fantasy ma assai poco favoloso, sebbene ci sia la magia, perché non ci sono mostri, demoni, gnomi, unicorni draghi o fatine. Tre regni, come quelli del bellissimo film di John Woo, che rappresentano tutto ciò che vi è di odioso in quel “gelido mostro” che è lo stato secondo Nietzsche, quello che per il filosofo con il martello mente, identificandosi con il popolo che abita entro i suoi confini: Sabulos, una teocrazia che detiene il monopolio del sale ed è incline ad un abbietto schiavismo; Aesglast con le sue miniere di ferro che sembra fondarsi sulla meritocrazia e dove invece il più forte vince sempre sul debole; la secolare monarchia di Glenbrock, dominata da antiche e aristocratiche famiglie.
Chi gioca a Triangle Strategy appartiene al casato di Wolfhort, al servizio di Glenbrock, popolo dal sovrano morente che fu responsabile di gesta eroiche, contribuì alla fine di una guerra sanguinaria e diede asilo e difesa agli esuli fuggiti dalla schiavitù.
Uscito per Nintendo Switch e realizzato per Square-Enix dagli stessi autori dell’indimenticato Octopath Traveler, Triangle Strategy è un gioco di tattica a turni che si propose di ripristinare i fasti del primo Final Fantasy Tactics, infine riuscendoci e persino superando la fonte d’ispirazione per le possibilità ludiche offerte al giocatore, in grado di determinare il proprio fato e scegliere una strada risolutiva compiendo decisioni difficili, crudeli talvolta, eppure gratificanti sia quando meschine che eroiche.
L’etica soggettiva spinge chi controlla il protagonista Serenoa, figlio del re di Wolfohrt, e il suo manipolo di alleati; perciò l’esperienza di Triangle Strategy può differire a seconda delle scelte, ma c’è la possibilità di giungere ad un finale luminoso, orientato verso un rifiuto della guerra, del dominio, del potere e a tutela degli afflitti, una conclusione che illumina un videogame già eccellente trasformandolo persino in qualcosa di balsamico, durante questi malnati tempi di guerre.
TRA LE DUE E LE TRE DIMENSIONI
Triangle Strategy è illustrato in maniera simile ad Octopath Traveler, quindi un misto tra 2D e 3D con personaggi e ambientazioni composte da pixel in stile “antico”, con un effetto di modernità e malinconica vecchiezza che è ammirevole. L’esperienza è tripartita, ci sono lunghe sequenze di dialogo mai noiose perchè sempre drammatiche, rivelatrici di sorprendenti intrighi e colpi di scena; un’esplorazione ridotta di aree contenute che alimenta la partecipazione; le battaglie a turni, dove muoviamo i nostri personaggi come su una scacchiera.
Quando giunge il momento delle decisioni più importanti ci comportiamo in maniera democratica, votando, ma possiamo tentare di convincere gli altri personaggi con la dialettica resa disponibile da scelte multiple di dialogo; si tratta di momenti tesi, ricchi di pathos, motori di “suspense”, sperando che prevalga la ragione del giocatore/protagonista e del popolo cui si riferisce.
Le battaglie vere e proprie (ce ne sono anche di immaginarie che servono per potenziarsi) tendono ad esaltare il giocatore, a catturarlo nella loro tragedia, anche perché quasi sempre affrontiamo personaggi di smisurata cattiveria, agendo disperati per un senso di giustizia. Dobbiamo agire valutando le potenzialità di ogni alleato, sfruttare il campo di battaglia in longitudine e altitudine, conservare gli attacchi più efficaci, talvolta sacrificare proprio quell’unità ma non c’è, per fortuna, la morte permanente come nella comunque quasi sempre straordinaria serie di Fire Emblem.
Ci sono maghi e arcieri, cavalieri e soldati in groppa a grandi falchi, maghi che curano e offendono con fuoco, fulmine o ghiaccio, guerrieri armati di spade, lance o mazze. Malgrado la tensione per la vittoria e il timore di avere fatto una scelta sbagliata che può portare all’inevitabile sconfitta, le battaglie di Triangle Strategy risultano rilassanti, nella loro dilatata, tattica quiete accompagnata da musiche sinfoniche e cameristiche.
IL FANTASTICO MUCCHIO
A differenza di tanti altri giochi di ruolo strategici giapponesi, qui non ci sono personaggi generici, senza carattere e solo una “classe” a definirli. Ogni personaggio, anche quelli che si aggiungeranno al gruppo del pio Serenoa nel corso avanzato dell’avventura, è caratterizzato con profondità, con un passato arricchito attraverso dialoghi o flashback, così che risulta difficile non affezionarsi, non amare i propri alleati.
L’ostessa Hossambara che ha perso il figlio durante la vecchia guerra, serve vino, cavalca, cura e bastona; la circense bambina Piccoletta che crea utilissimi “cloni” di se stessa; l’arciere e cacciatore Rudolph divenuto criminale per necessità e poi redento; la scanzonata brigantessa Trish. E tra i principali ci sono la solo apparentemente gelida spia Anna; l’illuminata, sofferente e saggia promessa sposa Frederica; lo sguaiato e nobile Erador; l’astuto Benedict fin troppo pragmatico; il problematico e ribelle principe Roland.
Questo gruppo di personaggi trasforma un puro gioco di tattica i qualcosa di più, un dramma umanista sospeso tra Martin, Shakespeare, Gundam e Holderlin.
Triangle Strategy, che può sfuggire tra i tanti titoli clamorosi usciti nell’arco di poche settimane, non deve essere per nessuna ragione sottovalutato e rimosso, perché per valore ludico, diegetico ed artistico, sebbene assai diverso, può sedere con orgoglio nel walhalla dei videogame vicino ad Elden Ring o a un Horizon Forbidden West.
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