Federico Ercole per Dagospia
Una piccola storia ignobile, ce la sa raccontare con stile DontNod, responsabile di Life is Strange e del recente Tell me Why. Una storia dove il male non è una forza divina e demoniaca ma idiozia ed egoismo umani e il delitto è scatenato dal calcolo.
Si tratta di Twin Mirror per PlayStation, PC e Xbox, una novella interattiva che trascorre in poche ore di dramma senza divenire mai melodramma, rimanendo tuttavia ancorata nella memoria per il realismo disincantato dei suoi personaggi, caratterizzati soprattutto attraverso le loro debolezze, i ricordi e i sogni infranti. Si tratta di una storia di perdenti , sebbene alla fine ci sia (ma dipende da come abbiamo giocato, perché ci sono numerosi finali dall’esito diverso) un presagio di vittoria, o almeno di una quieta possibilità di speranza.
In Twin Mirror diventiamo Samuel, un giornalista trentenne di quelli che fanno indagini serie, che torna nel suo piccolo e algido paese minerario del West Virginia per il funerale dell’amico di infanzia, morto in un incidente. Samuel è un misantropo e un depresso, ancora malinconico per un amore finito e sofferente di attacchi di panico. Per disciplinare il suo pensiero si è edificato un cerebrale “palazzo della memoria” dove può analizzare con intima lucidità i suoi ricordi, un luogo cristallino o tenebroso dove ci recheremo qualche volta ma non troppo e che funziona come unico elemento straordinario durante lo svolgimento del gioco.
C’è anche un amico immaginario, quasi un alter-ego ma posato, lucido e positivo, con il quale Samuel intrattiene un costante rapporto dialettico. La cittadina di Samuel è precipitata nella miseria e nell’abbandono ed egli è ritenuto in parte responsabile a causa di un suo articolo sul giornale locale, che svelò le violazioni delle regole di sicurezza della società mineraria chiusa dopo poco, lasciando decine di minatori senza lavoro. Insomma è duro tornare a casa e noi che giochiamo percepiamo la sofferenza di Sam, tutte le sue inquietudini.
Eccoci quindi ad una alcolica veglia funebre, ritroviamo l’amata perduta che si rivela innamorata del defunto, ex-operai irati e minacciosi, la giovane figlia dell’amico scomparso che ci confessa il dubbio sulla causa della sua morte. Promettiamo di indagare anche se vorremmo andare via, ma mischiamo pillole e litri di birra. Ci risvegliamo in albergo dopo un black-out e non troviamo più la camicia. Ah eccola lì, nella vasca, imbrattata di sangue. E non è il nostro.
GIALLO INTIMISTA
A questo punto comincia un’indagine su cosa ci accadde la notte precedente, ci porrà di fronte a un cadavere e infine ci porterà a rivelare il losco dietro la facciata del decaduto paesello. Un indagine nella mente e fuori, con gli strumenti dell’autoanalisi e del detective convenzionale. Esperiamo Twin Mirror soprattutto camminando, conversando e osservando, lentamente, accompagnati da qualche bella canzone, dal silenzio e da una colonna sonora strumentale ispirata, adeguata ai viali quasi vuoti, gelidi, di questo paese miserevole e alla psiche depressa del protagonista.
Troviamo altri personaggi e intratteniamo con loro dialoghi con una relativa libertà di scelta, amici e nemici, ma soprattutto l’amata e coraggiosa Anna. E’ in questa rete di contatti umani e di rapporti tra astio, intolleranza e empatia che il racconto di DontNond si dimostra riuscito, oltre che per il fascino dei suoi (rari) luoghi: strade vuote tra i boschi spogli e ghiacciati di una natura indifferente, il campo caotico dove poggiano i camper e le tende di una comune di afflitti in cerca di una nuova vita, la casa di Anna devastata da un intrusione e dai ricordi di un amore estinto.
Avventura grafica minimale, Twin Mirror ci propone qualche enigma la cui semplicità non arresta mai la narrazione, perché difficile è invece decidere cosa dire, come rispondere alle persone che ci guardano e interrogano con un affetto non ancora sopito, persino con speranza oppure con odio.
Le scelte e le reazioni del giocatore influenzano in maniera drastica l’evoluzione della trama, così che conviene giocare più volte, soprattutto se, come chi scrive, si ottiene il finale più triste e deprimente. Per modificare l’esito tragico è tuttavia sufficiente ricaricare l’ultima scena e giocarla con più attenzione. Ma è difficile, anche cambiando il fato con questo sotterfugio così videoludico, dimenticare l’angoscia per quella Fine che comunque abbiamo vissuto.
LA CONCISIONE DEL DRAMMA
Twin Mirror è davvero breve, ma va bene così perché la sua concisione è un pregio che lo trasforma in una racconto molteplice e contenuto, mai vuoto. Oltretutto costa trenta euro scarse e fra poco è probabilissmo che lo troviate in offerta, al prezzo di un romanzo tascabile su una bancarella. Più vicino alla prosa di un Raymond Carver che a quella di uno Stephen King, malgrado la presenza illusoria di un doppio e le psico-derive nel “palazzo della mente”, Twin Mirror è un videogame apprezzabile e da non trascurare, non il capolavoro di DontNod, che permane Life is Strange, ma la loro opera più esemplare nei toni, nelle modalità e nei tempi del racconto.