Federico Ercole per Dagospia
Dopo l’invenzione di Nintendo e la parziale delusione di Sony, ecco l’avvento di una nuova mini-console, questa volta di Sega: il Mega Drive. Già perché una volta Sega faceva console, giocatrici e giocatori giovani e novelli, assai prima di Playstation e di Xbox. Ed erano console bellissime, non solo per un’estetica più avveniristica e sci-fi di quella delle macchine della concorrenza, ma per il contenuto videogiocoso vario, spassoso e ispirato che per qualche anno contese (o meglio arrivò quasi a contendere) la supremazia di Nintendo.
Si torna dunque agli inizi negli anni ’90, durante l’epoca dorata dei 16 bit, e aprire la scatola di questa versione minuta del Megadrive desta un sentimento di nostalgia e tenerezza, facendoci sentire troppo grandi e persino troppo vecchi di fronte a tanta piccolezza dal passato.
Ci si accorge subito tuttavia, riacquistando un composto distacco, che questa versione miniaturizzata è stata assemblata con un amore per il dettaglio che le altre della concorrenza non hanno, limitandosi a riprodurre una superficie. Si tratta di dettagli per appassionati malinconici come la possibilità di accedere davvero al vano cartucce della console o alla regolazione del volume per gli auricolari, cose del tutto inutili nella loro funzione di mero orpello, ma che trasformano il mini Mega Drive in un oggetto più verosimile e sofisticato, meno monolitico dei piccoli di Nintendo.
Per il resto la “consoletta” di Sega funziona come quelle già uscite della concorrenza: si alimenta direttamente dalla televisione con un cavo USB, vi si collega con un HDMI e nella scatola ci sono due controller. Mini Mega Drive costa di più delle altre, attorno agli 80 euro, soprattutto molto più di mini-Playstation che ora si trova scontatissima a causa dello scarso successo, ma la sua offerta ludica è numericamente superiore di parecchio, offrendo al suo interno 42 giochi.
LUNA PARK A 16 BIT
Come sempre, quando si è di fronte ad un panorama di così tanti titoli, si esperisce una vaga soggezione o si corre il rischio di provarli uno dopo l’altro con ossessiva sterilità emotiva, non approfondendo niente e annoiandosi poco dopo. Bisognerebbe invece sapersi arrestare su uno o solo pochissimi videogiochi, gustandoli, portandoli a termine, perché così la mini console acquista il suo giusto valore storico ed enciclopedico, oltre che ludico.
Ma dove cominciare? Dipende dai gusti e nel mini Mega Drive ce n’è per quasi tutti, tranne che per gli amanti degli sport elettronici, il retro-genere latitante.
Avventurosi “platform” bidimensionali profondi, graziosi e ostici come i due disneyani Castle of Illusion e World of Illusion con Topolino e Paperino; le mirabili imprese di Alex Kidd sul pianeta Paperrock in The Enchanted Castle; il verminoso, dissacrante e originale Earthworm Jim; il geniale gioco nel videogioco Kid Chameleon e le sue maschere; il micidiale ed esaltante Shinobi 3; il marziale e avveniristico Strider; l’acquatico e meraviglioso (non si salta ovviamente, ma si nuota) Ecco the Dolphin; il raro fantasy di Game Arts dal titolo Alisia Dragoon; il fantastico Monster World IV con Asha dai capelli verdi. E non poteva mancare Sonic, quello di un tempo, l’ipercinetico porcospino che arrivò quasi a pretendere (poi fallendo) il trono di icona videoludica universale appartenuto all’idraulico Mario. Ancora oggi Sonic the Hedgehog 1 e 2 sono due “platform” strabilianti e originali, irripetibili nella loro unicità e identità.
Ci sono anche preziosi e lunghi giochi di ruolo come Fantasy Star IV, epopea tra fantascienza e fantasy squisitamente classica nei suoi combattimenti a turni, il più strategico Shining Force e lo “pseudo-Zelda” Landstalkers, tre videogame che vi impegneranno per ore. Ci sono “picchiaduro” leggendari sia a scorrimento che a incontri, come Streets of Rage 2 e Virtua Fighter 2; “sparatutto” 2D come Gunstar Heores o il sorprendente (e a sorpresa) Darius. E tanto altro, da scoprire, da amare, da ricordare, perché ancora una volta è necessario ribadire che i grandi videogiochi non invecchiano mai. E c’è anche Tetris!
LA PIU’ BELLA DELLE PICCOLE?
E’ duro rivaleggiare con la ricchezza e l’arte travolgente contenuta all’interno del mini Super Nintendo, ma la piccola Mega Drive è la mini più generosa come quantità d’offerta, e la qualità dei suoi titoli è comunque eccezionale, in alcuni casi fonte di piacevoli scoperte.
Ma se si considera la retro-poetica del suo menù, con una musica originale composta per l’occasione da Yuzo Koshiro di Street of Rage, la cura appassionata riposta nei dettagli della sua forma di plastica e la selezione intelligente delle opere, allora questa minuta Mega Drive vince davvero il titolo di Regina delle Mini. Brava Sega e sì, ci mancano le tue console.