Federico Ercole per Dagospia
C’è qualcosa di deprecabile nella caccia intesa come sport o, peggio, attività ricreativa, una serie di uccisioni non necessarie ai fini di esporre un trofeo o la foto della preda sui “social”. Aggressioni alla natura senza alcun obiettivo che non sia quello brutto e necrofilo di celebrare la morte inutile di un animale, perché non si tratta di cacciare per vivere, di nutrirsi affamati delle proprie prede, di ricavare pellicce senza le quali saremmo sconfitti dai geli invernali, ma di un passatempo spesso elitario, deriva abominevole delle cacce alla volpe condotte dall’aristocrazia inglese, abolita da 2005, sebbene anche in italia questo animale selvatico sia cacciabile, bestia assai più sfortunata e discriminata di tanti altri canidi.
Può capitare che oggi la caccia possa servire per riportare equilibrio in un ecosistema squilibrato (magari proprio dalla caccia sportiva stessa), ma è cosa rara.
Ecco dunque che giocare con la caccia potrebbe destare antipatia in chi ha una coscienza ecologica o animalista, anche quando l’attività venatoria si svolge in un ambito virtuale.
Ci sono in effetti innumerevoli giochi assai realistici, come i videogame della serie “Cabela”, dove si simulano la caccia grossa e i safari, che possono rivelarsi sgradevoli per molti, anche se inoffensivi per la fauna, trattandosi comunque di pixel.
Poi c’è Monster Hunter, la serie di Capcom che ci cala in ambienti estremi e selvaggi facendoci affrontare da soli o in compagnia bestie favolose pericolosissime, riportandoci all’epica necessità della caccia contadina o ancestrale, videogiochi consigliabili anche a chi, come io che scrivo, rifiuta e condanna lo sport venatorio come atto aggressivo, pericoloso e inutile.
Quindi non temiate, neppure se siete animalisti convinti, Monster Hunter Rise vi trasforma in bestie, animale contro animale, solo che al posto degli artigli brandirete un martello, una spada lunga o un arco. Non c’è differenza tra predatore e cacciatore, i loro ruoli si possono invertire in qualsiasi momento.
UNA CACCIA PER TUTTI
Per i veterani di Monster Hunter le prime, lunghe ore di gioco potrebbero rivelarsi assai semplici persino superflue, se non ci fosse tanta nuova bellezza, perché i mostri possono essere eliminati dall’esperto senza difficoltà. Ma c’è qualcosa di davvero positivo in questa solo illusoria mancanza di sfida; innanzitutto Monster Hunter Rise può risultare da subito coinvolgente anche per chi si approccia per a prima volta alla serie di Capcom, educandolo alle inevitabili e venture difficoltà, inoltre fa spostare il fuoco dell’esperto cacciatore di mostri su uno degli elementi più riusciti del gioco, ovvero l’esplorazione degli ambienti complessi e stratificati programmati da Capcom.
C’è qualcosa di Legend of Zelda Breath of the Wild nella navigazione di foreste dove giacciono ruderi sepolti, di deserti, giungle affondate nell’acqua, isole ghiacciate e vulcani. Guardiamo un orizzonte, un punto elevato, una radura protetta da alte rocce o acque profonde e pensiamo in maniera strategica come raggiungerla per rivelare eventuali segreti o solo per godere di un maestoso panorama selvatico. Ci viene in aiuto l’ispirata invenzione dell’ insetto-filo, le cui corde rigenerabili ci permettono di inerpicarci verso spazi impervi, un’attività che non risulta tuttavia meccanica considerando che queste solide tele sono solo due, talvolta tre se troviamo un altro insetto, e bisogna valutare con creatività un percorso corretto.
Avendo Capcom eliminato il tracciamento del mostro, ormai sempre visibile sulla mappa, quest’enfasi su una libera e contemplativa esplorazione serve a fare vivere in maniera più vera e profonda le suggestive ambientazioni in maniera assai diversa da quella tesa e controllata della caccia. Una lenta esplorazione che risulta inoltre utilissima per raccogliere le risorse che i mostri di solito non rilasciano, fondamentali per i miglioramenti delle proprie pozioni e dell’equipaggiamento. E poi una volta sbloccate tutte le ambientazioni e siete sugo di cacciare parte citarle anche solo per fotografare la fauna, lavorando su una vostra collezione di immagini.
Gli insetti-filo sono validi anche per combattere i mostri, dando vita a spettacolari combinazioni marziali, e sono necessari ai fini di cavalcare le creature per un breve periodo, cosa esaltante che restituisce in qualche modo la brutalità solo parzialmente controllabile delle bestie, l’idea di una natura comunque indomita.
Ci accompagnano nell’avventura il solito “felyne”, un gatto antropomorfo, e il nuovo “canyne”, che diviene secondo i casi un utile destriero. Le missioni del villaggio, una lunga modalità narrativa per giocatori solitari, sono dunque elementari da completare sebbene risultino comunque appassionanti. Ma non tema l’esperto perché le difficoltà giungono presto, basta affrontare da soli le missioni pensate per il multiplayer e una volta raggiunto l’alto grado i mostri richiederanno un’attenzione, una strategia e una abilità non consueta per essere sconfitti, come al solito. Inoltre la difficoltà delle missioni intese per essere cooperative, fino a quattro giocatori, aumenta in base ai partecipanti, negando così facili vittorie a chi si lancia insieme contro una preda.
Ci vogliono decine e decine di ore di azione, gestione, strategia e collezione per completare come si deve ogni sfida di Monster Hunter Rise, un gioco che prosegue lento, diventando sempre più duro e al contempo gratificante, modellato per adattarsi con straordinaria precisione alla volontà e alle esigenze dei giocatori.
L’unica piccola pecca in tanta meraviglia artistica e ludica sono le missioni dedicate al respingimento di orde furiose di mostri, segmenti caotici e frenetici, più divertenti in cooperativa che da soli. Si tratta di momenti sciatti ( non si possono vedere i mostri che si smaterializzano quando scacciati), quasi un mini-gioco senza pretesa, che non sminuiscono tuttavia l’integralità di un’opera così riuscita e ispirata.
L’ARTE DI UNA NATURA MOSTRUOSA
Monster Hunter Rise è ammirevole sia sul grande schermo sia se utilizziamo la Switch solo nella sua forma portatile, è un videogioco bello in maniera brutale e idilliaca, tenera e selvaggia. Ispirate all’iconografia di un Giappone leggendario, sono le ambientazioni e le nuove creature, che rimandano agli Yokai (i demoni della mitologia giapponese) come l’elegante volatile abnorme detto Aknosom dalla cresta che ricorda un ombrello, o il Bishaten scimmia dalla coda a guisa di mano. Tornano anche mostri “classici” come i draghi Rathian e Rathalos presenti fin dal primo episodio, il ferino Tigrex, l’oscuro e veloce Nargacuga, l’elettrico Zinogre, l’orribile Khezu senza occhi, la scimmia “super-sayan” Rajang; il bestiario è ricco e sempre stupefacente, destinato ad arricchirsi con periodiche espansioni gratuite.
Combattere questi mostri alimenta visioni talvolta così liriche che quasi ci si distrae dalla battaglia, ammirando il bianco manto di uno zannuto Barioth farsi rosa al tramonto o la pelle glabra di un Anjanath tingersi di acqua fangosa.
Travolgenti sono inoltre anche le musiche e le animazioni, bellissime soprattutto quelle che introducono le creature con versi poetici ispirati al teatro tradizionale giapponese con immagini che invece rimandano alla pellicola invecchiata del “vecchio” cinema dei “kaiju” (Godzilla e compagnia).
Tra i migliori episodi di Moster Hunter, senza dubbio quello più universale, Rise è un’impresa videogiocosa lunga e ricchissima di idee, antica e nuova, un viaggio per la sopravvivenza il lande ostili, spaventose e stupende, che sembrano vivere prima e oltre di noi malgrado la loro evidente artificiosità numerica, luoghi “veri” oltre uno schermo, dove una natura fittizia quanto viva e selvaggia sembra trascorrere malgrado e oltre di noi che ci giochiamo, misteriosa e magnifica illusione di un mondo a parte.
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