Federico Ercole per Dagospia
Chi conosce il bestiario smisurato dei Pokémon, le creature videoludiche inventate dal misterioso e geniale Satoshi Tajiri nei primi anni ’90 del secolo scorso, potrebbe pensare a Omanyte, ad Aerodactyl oppure a Kabuto dopo la visione di Detective Pikachu, film di Rob Letterman dedicato a questo favoloso immaginario. Le due creature citate, appartenenti alla prima generazione, sono tre Pokémon estinti da milioni di anni e “rigenerati” dall’essere umano utilizzando il materiale genetico di un loro fossile.
Questa corrispondenza tra pellicola e bestie fantastiche sorge poiché il lungometraggio di Letterman, il primo ad illustrarci i Pokémon in una rappresentazione filmica che non sia un cartone animato, ha una parvenza di impossibilità nel panorama del cinema d’intrattenimento contemporaneo, possedendo una ritmica, un’estetica e una sostanza che rimanda al cinema spettacolare e nel contempo artigianale degli anni ’80, una specie di Howard the Duck (ancora oggi un film incompreso dai più) che incontra Critters gli Extraroditori. Così Detective Pikachu risulta una bella bizzarria, tenera e talvolta tetra, persino inquietante, come tutte le cose che tornano da un quando perduto per giungere in un tempo non loro.
La visione di questo film quasi documentaristico quando illustra l’ecosistema dei Pokémon sospendendo la narrazione per l’illustrazione, è consigliabile anche a chi non conosce le bestie fantastiche di Nintendo (escluso Pikachu che ormai è un’icona nota universalmente), delle quali comunque si vedono un numero parziale di esemplari rispetto alle oltre settecento inventate nel corso degli anni.
Si tratta infatti di un film veloce e strano, perfettamente conciso nei suoi poco più di novanta minuti, con una sceneggiatura efficace ma subordinata alla visione le cui parole non confondono o alterano l’immagine con una verbosità studiata a tavolino per ingannare l’occhio davanti a un cinema depotenziato. Con Final Fantasy VII Advent Children, ancora oggi uno dei film più virtuosi e sperimentali del nuovo secolo, è senza dubbio Detective Pikachu la pellicola più ispirata e riuscita nel restituire al pubblico anche ignaro del suo immaginario, una parafrasi filmica corretta, che mantiene quindi poetica e mitologia, di un videogioco.
FANTA NOIR
E’ indicativo che Rob Letterman abbia diretto due film molto intelligenti e riusciti per un pubblico di ragazzi e bambini, come I Fantastici Viaggi di Gulliver con Jack Black e Piccoli Brividi, tratto dai libri di R.L. Stine. Anche in queste due opere precedenti il regista di Detective Pikachu non annacqua il soggetto depurandolo di significati e inquietudini per rivolgersi con furbizia commerciale ai più piccoli, mantenendo invece nelle sue immagini tratti ansiosi e agitati, che derivano da un cinema macabro che lavora sull’irrequietudine invece che sul ribrezzo o lo spavento.
Detective Pikachu è un avventura noir, con tratti persino horror (non temano i genitori, è “horror” alla Scooby-doo) che non esclude tuttavia momenti estremamente comici o lirici, da lacrima. Inoltre il film in questione non risulta mai fasullo nella messa in scena realistica di un contesto assolutamente fantastico, così che umanità e Pokémon risultano integrati nelle architetture urbane e nei panorami con una coerenza vera e biologica così impressionante da non impressionare più dopo pochi minuti, alimentando un senso di realismo fantastico.
TRIPUDIO POKEMONIANO
Malgrado il suo valore strettamente filmico, Detective Pikachu sarà amato con passione soprattutto dai milioni di appassionati di Pokémon di ogni età, e ce ne sono davvero dai cinque ai novanta anni: chiunque giochi ancora (legioni, malgrado i detrattori) a Pokémon Go e si ritrovi nei parchi delle città, per partecipare ai “raid leggendari” con altri allenatori virtuali, lo sa bene.
Ci sono segmenti esaltanti per l’appassionato, che vanno oltre il cinema per colpirlo nel cuore, muovendolo alla commozione e al ricordo di tante indimenticabili imprese videoludiche: l’apparizione solenne e epica del temibile Mewtoo, il combattimento illegale tra lo spettrale Gengar e l’acquatica tartarugona Blastoise, il pianto struggente dell’orfano Cubone, la simpatia disneyana -delle origini- del papero Psyduck, le metamorfosi dell’informe Ditto, le allusioni visive a Pokémon leggendari e divini come Arceus, Dialga e Palkia, il fiammante drago Charizard, il roseo e cagnesco Snubbul , le verdeggianti mandrie di Bulbasaur, i racconti gestuali di Mr. Mime, uno Snorlax dormiente in mezzo alla strada e ancora tanti altri esemplari realizzati con arte e rispetto per le forme originali. E per ultimo lo stellare Pikachu, dal carisma di un Mickey Mouse novello, e topo proprio come l’invenzione di mastro Walt.
Ancora una volta realizziamo che i Pokémon compongono il bestiario fantastico più complesso, ispirato e abnorme che sia mai stato immaginato.