Federico Ercole per Dagospia
La natura si rivela subito crudele, impartendomi una severa lezione di umiltà, quando dopo oltre più di un anno torno a giocare a quell’opera selvaggia sulla vita e la morte nell’era in cui i mostri dominavano la terra che è Monster Hunter World, una sublimazione della serie venatoria di Capcom e causa della sua universalizzazione, oltre i confini giapponesi e le stanze dei rari appassionati occidentali.
L’occasione per tornare a caccia, nel corpo del mio alter-ego che ritenevo potentissimo, è l’espansione dal titolo di “Iceborne” che aggiunge nuovi scenari e storie al già gigantesco videogame originale uscito nel 2018 per Playstation 4, Xbox One e PC.
Ero convinto di arrivare tra i ghiacci di Iceborne e spaccare le ossa alla prima creatura minacciosa che incontro, il Beotodus, una chimera tra lucertola e anguilla che scorre sotto la neve lasciando emergere una grande pinna come fosse una squalo. La creatura invece non patisce gli affondi e i fendenti della mia katana fiammante ricavata dai resti del Rathalos, mi congela con i suoi poteri elementali, mi strazia.
Potrei chiedere aiuto a qualche altro cacciatore “online”, ma io gioco sempre da solo perché tra le tante cose belle di tutti i Monster Hunter c’è la possibilità di essere goduto sia da chi non apprezza la cooperazione e la connessione in rete che da coloro che amano condividere l’esperienza. Io preferisco sfidare un mostro ad armi pari, uno contro l’altro, ma giocare con altri tre compagni è senza dubbio appassionante.
Così il Beotodus vince, potrà continuare a vivere nel suo algido ambiente e io capisco che devo cominciare da capo, adattarmi come un animale in nuovo habitat, non perché prima fossi debole o non avessi un’esperienza pluriennale con la serie, ma perché Iceborne, come le versioni definitive degli altri episodi, aumenta il livello della sfida, non è solo un’espansione ma un gioco aggiuntivo che trasforma anche l’originale, inglobandolo nella nuova difficoltà “magistrale”.
LA GELIDA BELLEZZA
Le nuove terre che esploriamo in Iceborne offrono panorami che mantengono la potenza primitiva e selvatica di quelli desertici, cristallini, paludosi o boscosi già esplorati nel videogame originale e che torneremo comunque di nuovo a visitare, perché anche questi offrono nuove sfide.
Qui tuttavia sprofondiamo nella neve, ci inerpichiamo per ghiacci azzurrini, affondiamo talvolta nell’acqua marrone di pozze termali, ci nascondiamo nel folto di larici, abeti e pini. Quando avremo completato le missioni principali dell’espansione ci sarà inoltre permesso di perlustrare un nuovo ecosistema dalla varietà strabiliante.
Ci troviamo in queste terre gelate insieme alla nostra società di cacciatori (per sopravvivenza, non per sport) e studiosi di fauna e flora per seguire un’anomala migrazione di bestie. La narrazione, anche se qui più curata rispetto agli altri giochi della serie, è comunque sempre secondaria, poiché la storia la scrive il giocatore, con le sue esperienze e le sue emozioni.
Ci vuole qualche ora per adattarsi alla nuova ostilità, si prende di mira un mostro meno forte e con le risorse che ricaviamo dalla sua eliminazione possiamo assemblare una nuova armatura adatta a superare le prime difficoltà, così come armi più potenti ed efficaci. E’ un meccanismo che può sembrare monotono ma è anche questo il fascino di Monster Hunter, non farti mai sentire troppo forte, proporti sempre una nuova sfida risultando imprevedibile quasi come la natura, illudendo di una ripetizione che non c’è.
Le creature introdotte sono meravigliose e terribili, dallo pseudo-ariete gigantesco detto Bambaro al drago glaciale Velkhana, tuttavia anche i mostri conosciuti sono presentati in diverse variabili ancora più aggressive, sottospecie che aggiungono ulteriore profondità all’immenso bestiario della serie.
Tornano inoltre bestie dagli episodi classici come il titanico e fulminante Zinogre, il veloce e artigliato Tigrex e presto sarà disponibile la terrificante scimmia Rajang, in grado di trasfigurarsi in lucente primate. Inoltre chi non ha giocato Monster Hunter World durante gli ultimi mesi troverà disponibili tutte le creature aggiunte gratuitamente da Capcom nel frattempo, come il tirannico e perennemente affamato Deviljho, e due lunghe missioni secondarie irresistibili che fondono l’immaginario della serie con quello di altri videogiochi: Final Fantasy e The Witcher 3.
UN GIOCO IMMENSO COME UN (ALTRO) MONDO
Mutato da Iceborne in un oggetto videoludico ancora più grande e mostruoso, Monster Hunter World diventa un videogame eccezionale, fonte possibile di centinaia di ore di gioco, di fatica, di esaltazione e di sogno, persino di contemplazione perché talvolta, stanchi della caccia, ci limitiamo a diventare escursionisti di un mondo fantastico, osservando a distanza di sicurezza animali maestosi o orribili, mentre raccogliamo funghi, miele, erbe, minerali e guardiamo “esistere” le bestie più piccole e inoffensive.
Monster Hunter è un gioco che può essere frenetico e punitivo ma consente e rende necessari lunghi e riflessivi momenti di quiete, durante i quali la sua bellezza è pienamente rivelata. Sono questi attimi non cruenti di “promenade” nel selvaggio dell’altrove che rendono World un gioco da essere vissuto anche in compagnia di bambini, perché a quasi tutti i bimbi piacciono le creature fantastiche ma può essere che non lo sappiano ancora.
Lasciate quindi che figli, nipoti, sorelline e fratellini vi accompagnino con lo sguardo quando non cacciate, lasciate che osservino con voi le creature che si muovono, si nutrono e vivono nel loro ambiente, trasformatevi almeno qualche volta da cacciatori in naturalisti del meraviglioso, così Monster Hunter World diventa una specie di documentario dell’impossibile. I più piccoli scopriranno in quelle creature i tratti di dinosauri, di draghi leggendari, di animali ancora esistenti, arricchendo la propria fantasia e immaginazione con uno dei più grandi bestiari mai inventati.
Sarà poi il tempo di tornare a caccia, ricordandosi che quest’attività può invece impressionare i più piccoli. Ma per quanto possa essere divertente e fondamentale la violenta attività venatoria, dopo avere guardato questi animali elettronici “respirare” nel loro mondo vi dispiacerà sconfiggerli infine, se ci riuscirete. E potreste ritrovarvi commossi sul cadavere numerico della bestia uccisa e a ringraziarla per le risorse che vi ha offerto con la sua estinzione, come quel cervo morto in “Alba Rossa” di John Milius.
Si può odiare o disprezzare la caccia intesa come sport ma amare Monster Hunter, non solo perché è solo un gioco, ma per quello che ci sussurra, con il suo selvaggio mormorio, sul nostro essere animali.